lunedì 9 novembre 2020

Visioni di novembre

L'autunno è una delle stagioni più suggestive e amate, possiamo godere di paesaggi variopinti, di un clima favorevole e temperature spesso piacevoli, perché ancora non è arrivato il grande freddo. 
Nel bosco, nei giardini, sulle vigne è una distesa di ori e di rossi, sfumature di colori così intensi che sono spettacolo per i nostri occhi. 

Eppure con la fine dell’ora legale qualcosa sembra essere cambiato, il buio cala all’improvviso, portando con sé un’aria di desolazione e di malinconia e un’ombra lunga e fredda che anticipa il manifestarsi dell’inverno. 

Tout l’hiver va rentrer dans mon être, scriveva Charles Baudelaire nel "Chante d’automne" dell’ottobre del 1859, poesia tratta dalla sua raccolta Les fleurs du mal”, di cui vi posto alcuni versi:

Tutto l’inverno mi tornerà dentro: insofferenza,

odio, spasmi, orrore, impegno duro e forzato,

e, come il sole nel suo inferno polare,

il cuore non sarà che un masso rosso e gelato.

……..

Il mio animo somiglia alla torre che cede

sotto i colpi dell’ariete instancabile e greve.

Mi sembra, cullato dal picchiare monotono,

che inchiodino in fretta una bara, qua o là.

...........

Pour qui? C’était hier l’été; voici l’automne! (Per chi?  Ieri era estate, ecco l’autunno!) 

Tra i versi di questa poesia si legge il riflesso di terrore di un inverno che Baudelaire certamente non amava.
Visione forse un po’ troppo cruda e pessimistica, anche se devo ammettere che l’improvviso calo della luce, la nebbia sottile che scende in certe giornate e ci avvolge come un velo, possano intristirci, dopo tutto lo sfarzo e l’abbondanza dell’estate. E ci entri dentro quello struggimento, quella nostalgia di cose andate che trovo descritta molto bene da Paul Verlaine nella sua poesia "Violini d’autunno".

Singhiozzi lunghi
dai violini
dell’autunno
mordono il cuore
con monotono
languore.
Ecco ansimando
e smorto, quando
suona l’ora,
io mi ricordo
gli antichi giorni
e piango;
e me ne vado
nel vento ingrato
che mi porta
di qua e di là
come fa la
foglia morta.

Sensazioni di una stagione di passaggio, che prelude e ci accompagna al freddo e al gelo dell’inverno, si riscontrano anche nella pittura, in particolare cito un quadro del pittore Antonio Fontanesi “Novembre”, oggi conservato alla GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna e contemporanea) di Torino
 

Anno 1864 -  olio su tela, 103 x 153 cm
 
Un’opera poco nota, ma forse tra le più adatte a trasmettere la poesia della stagione delle nebbie.
Il riferimento di questa pittura alla poesia "Chante d’automne" lo troviamo negli anni settanta, quando il poeta torinese Guido Ceronetti gli associò i versi di Baudelaire ed ebbe a dire sul quadro: “davanti al quale si potrebbe morire di malinconia”.
Guido Ceronetti, probabilmente, ci vide la grande capacità evocativa del pittore, la ricchezza di lirismo e l’atmosfera malinconica, caratteristica per altro di tutte le sue opere e che alcuni critici hanno definito pre-simboliste.

Antonio Fontanesi eseguì l’opera nei primi mesi del 1864 e la espose alla Promotrice torinese di quell’anno assieme ad altri due dipinti, Aprile e Altacomba.
Il quadro però non fu risparmiato da critiche, Fontanesi fu rimproverato di essere niente più che uno scialbo imitatore di J.B. Camille Coron, soffermandosi forse sull’aspetto esteriore senza addentrarsi nell’analisi dell’opera, e cogliere quella sensibilità poetica che il pittore aveva saputo trasporre nel quadro, rappresentando la stagione in uno stato d’animo.
Solo verso la fine del secolo, al tempo della piena affermazione della poetica simbolista, l’opera sarebbe stata apprezzata meglio. 
 

Antonio Fontanesi (Reggio Emilia, 1818 – Torino, 1882), è stato uno dei pittori italiani dell'Ottocento più significativi, rimasto a lungo poco noto al grande pubblico e scarsamente considerato dalla critica. 
La caratteristica del suo modo di dipingere era l’abitudine di trarre impressioni dal vero, nel contatto diretto con la natura, che successivamente venivano ripensate e rimodificate, anche nei soggetti, nella tranquillità del suo studio, di solito in dimensioni maggiori.
Trascorse gli ultimi anni della sua vita nel più totale sconforto, a seguito dell’esito negativo, o meglio, di una vera bocciatura, subita in occasione della presentazione all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino del 1880, di uno dei suoi ultimi e più ambiziosi dipinti, Le nubi
 

Anno 1880; olio su tela, 200 x 300 cm; 
conservato alla GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea)  - Torino

Il quadro non ricevette la pur minima considerazione da parte della giuria che, evidentemente, non era a conoscenza oppure non apprezzava i cambiamenti che la pittura di paesaggi aveva avuto nei tempi più recenti.
L'opera raffigura “un gran cielo e una pianura immensa” a detta di Fontanesi stesso:con riferimenti evidenti al paesaggismo d’Oltralpe, in particolare a Corot, a Poussin, e a Constable, soprattutto per la luce vicina al reale, gli accostamenti cromatici e la matericità del colore.
 
 
(ricerche sul web da "Finestre sull'Arte")

sabato 31 ottobre 2020

Il segreto di Edward Hopper

Tutti gli amanti dell'arte conoscono la pittura di Edward Hopper definito "L'Artista della solitudine", forse però, pochi sanno che in gioventù Hopper copiava da dipinti già esistenti. La scoperta è recente ed è stata divulgata il 29 Settembre sulle riviste di attualità del mondo e del mercato d’arte anglosassone.

Edward Hopper nel 1937 - wikipedia

La clamorosa scoperta è di Louis Shadwick, studente in dottorato di ricerca della Courtauld Institute of Art di Londra. Alle prese con le ricerche sull’autore americano, il giovane ha scoperto che almeno tre dei primari tentativi ad olio di Hopper sono dipinti copiati ad artisti a lui precedenti. 
I quadri ritraevano paesaggi e sarebbero stati prodotti intorno al 1890. Finora, si era erroneamente creduto che fossero il risultato di scene ispirate dai paesaggi circostanti Nyack, New York, cittadina luogo d’infanzia di Hopper.
 
LA RICERCA

Il dottorando li ha rintracciati confrontandoli a svariate opere presentate su di un magazine d’arte in voga nel tardo diciannovesimo secolo intitolato Art Interchange, dedicato agli appassionati d’arte e agli studenti, che pare producesse dipinti dando anche le istruzioni per una perfetta copia.
Il giovane sostiene sia possibile che il celebre artista non abbia prodotto neanche un dipinto a olio originale, se non dopo che si è iscritto alla New York School of Art nel 1900.
Per saperne di più vi consiglio di leggere l'articolo di Artribune al seguente Link.
 
CENNI SULLA VITA

Girl at sewing machine  - 1921

Edward Hopper 
nacque il 22 luglio del 1882 a Nyack, piccola cittadina nel sud-est dello stato di New York, e morì a Manhattan il 15 maggio del 1967. I suoi genitori erano titolari di un negozio di tessuti e provenivano dalla piccola borghesia angloamericana. 
Già dall'età di cinque anni Edward Hopper dimostrava una spiccata abilità nel disegno e i genitori lo incoraggiarono facendogli leggere riviste e libri sull'arte.
 Nel  1924 alcuni suoi acquarelli furono esposti a Gloucester nella galleria di Frank Rehn. 
La critica e il successo di pubblico ottenuti da quella mostra diedero una significativa svolta alla carriera di Hopper, che fino ad allora si era guadagnato da vivere come illustratore di riviste.
Successivamente diventò uno dei più importanti esponenti del realismo americano rappresentando ritratti di solitudine nell'Americ way contemporanea.
Hopper utilizzò per i suoi quadri composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti che aveva visto dal vero a Parigi, ma il suo stile fu personalissimo e imitato a sua volta da cineasti e fotografi.
 

Morning sun - 1952
 
 

 Le bistro or The Wine Shop - 1909