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lunedì 9 maggio 2016

Viaggio nella poesia iraniana

In Iran la poesia è patrimonio vivo di tutti, senza differenze di estrazione sociale, senza odiosi distinguo di élite culturali. Prima e più di ogni altro genere letterario, la poesia è stata la forma attraverso cui si sono espresse e sono state trasmesse le aspirazioni, gli ideali, le memoria storica e culturale del popolo. Oggi, rispetto al passato, per esempio fra i giovani, l'interesse per la poesia non è diminuito. Accade spesso che i libri di poesia o raccolte poetiche registrino vendite che in Europa sono impensabili. Da sempre, in Iran, esistono le cosidette gare di poesia. Tra parenti e amici, capita che qualcuno cominci il gioco recitando un verso, il vicino continua con un altro verso che inizia con l'ultima lettera di quello precedente e così via, anche per ore. 
Qualche proposta:
BIJAN JALALI (1927-2001) 
Le radici della poesia
Dico
di quel che vedo
e ciò che vedo
come acqua scorre
nella mia poesia 
*
Non so
se il mondo
si cela dietro il nome
o appare col suo nome
*
Come specchio 
osservo
e l'immagine del mondo
ripeto
per il mondo.
SOHRAB SEPEHRI (1928-1980)

Naif
Il cielo - più azzurro.
L'acqua - più azzurra.
Io sotto il portico, Ra'na vicino alla fontana.
Ra'na lava i panni
Cadono le foglie.
A mia madre che dice: "com'è triste questo tempo",
rispondo che la Vita è una mela da mordere tutta intera,
con la buccia.

La vicina siede alla finestra con l'uncinetto e canta.
Io leggo i Veda e ogni tanto abbozzo un uccello, una nu-
      vola, un sasso.
Sole senza macchie,
sono ritornati gli storni.
I nasturzi stan fiorendo.
Spacco una melagrana e ne libero i chicchi.
Penso che sarebbe bello se anche i semi del cuore degli
      uomini si vedessero!
Una goccia di succo di melagrana nell'occhio mi fa piangere:
ride mia madre e Ra'na pure!

MEHDI AKHAVAN SALES (1928-1990)

Come brocca assetata...
Colmo di vuoto
scorrono come fiume gli attimi.

Come brocca assetata che vede in sogno l'acqua e nell'ac-
      qua pietre,
distinguo gli amici e i nemici.
Amo la vita;
della morte sono nemico.
Ma a chi posso dire io dell'amico
dal quale sfuggirei presso il peggior nemico!

Scorrono come fiume gli attimi.
Traduzione di Chiara Riccarand da "Poesia" Rivista mensile della Crocetti Editore.

FOROUGH FARROKHZAD (1935-1967)


Saluterò di nuovo il sole
Saluterò di nuovo il sole,
e il torrente che mi scorreva in petto,
e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri
e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino
che con me hanno percorso le secche stagioni.
Saluterò gli stormi di corvi
che a sera mi portavano in offerta
l’odore dei campi notturni.
Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio
e aveva il volto della mia vecchiaia.
E saluterò la terra, il suo desiderio ardente
di ripetermi e riempire di semi verdi
il suo ventre infiammato,
sì, la saluterò
la saluterò di nuovo.
Arrivo, arrivo, arrivo,
con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra,
e i miei occhi, l’esperienza densa del buio.
Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro.
Arrivo, arrivo, arrivo,
e la soglia trabocca d’amore
ed io ad attendere quelli che amano
e la ragazza che è ancora lì,
nella soglia traboccante d’amore, io
la saluterò di nuovo.

(da: Un’altra nascita – in italiano nell’antologia La strage dei fiori, a cura di Domenico Ingenito, 2008 OXP editore)

Specchio infranto  
Nel tuo ricordo, ieri
e in memoria di quell’amore travolgente
ho vestito con una camicia verde la mia figura.
Ancora una volta mi sono fermata a fissare
il mio viso allo specchio
e ho sciolto pian piano le ciocche dei miei capelli.

Ho tratto il profumo dalla memoria, e l’ho sparso sul petto,
aggraziata mi sono truccata gli occhi d’azzurro

slacciate le mie trecce le ho posate sulle spalle
e accanto alle mie labbra, lentamente, ho disegnato un neo.
Oh malinconia, che lui non è qui adesso - mi sono detta -
ché stupore lo cogliesse per tutta questa grazia, e vanto.
Ché con un sorriso mi dicesse - quanto sei bella
ancora una volta - dopo aver visto la camicia verde sul mio corpo.
Adesso lui non è qui, per fissare nelle mie pupille nere
il riflesso delle guance sue.

A cosa serviranno stanotte i miei capelli sparsi al vento?
Dove sono le sue dita, perché trovino rifugio nella casa?

Lui non è qui,
ad annusare impazzito l’odore ammaliante del mio corpo.
O specchio, guardami morire dalla voglia,
lui non è qui, a stringermi con vigore tra le braccia. 

Io mi guardavo allo specchio
e lui mi ascoltava:

come potrai tu disfare la nostra malinconia?
Si infranse, e urlò preso dalla pena:

oh donna, cosa possiamo fare, ci hai spezzato il cuore!

da: Prigioniera - in italiano nell’antologia La strage dei fiori, a cura di Domenico Ingenito, 2008 OXP editore)

FOROUGH FARROKHZAD sfidando le autorità religiose e i letterati conservatori, espresse con fermezza sensazioni e sentimenti della situazione femminile nella società iraniana degli anni cinquanta-sessanta, contribuendo in modo decisivo al rinnovamento della letteratura persiana del '900. Il ruolo della donna nel matrimonio convenzionale, le libertà prevaricanti del ruolo di madre e donna libera, il rapporto conflittuale dell'essere donna e non poter godere del proprio corpo liberamente, le diedero la forza di combattere ma le impedirono di godere di una vita normale.