Quattro poeti e la loro poesia
Premetto che in generale questi poeti sono molto orgogliosi della loro condizione indigena, dei valori della proprio etnia. Rispettosi della tradizione a cui appartengono e da cui prendono identità, non sono stati ancora contaminati, come avviene in molti scrittori contemporanei, dal germe della modernità.
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Città preispanica di Chiken Itza (Messico) |
Victor de la Cruz è nato nel 1948 a Yucatán, nello stato di Oaxaca. Si è laureato in legge e specializzato in Studi mesoamericani alla facoltà di Filosofia e Lettere dell'Università nazionale autonoma del Messico.
Quando mi cercherai con i tuoi occhi
Il giorno che mi cercherai con i tuoi occhi
più non mi troverai,
e dentro il mio cuore
non ci sarà nessuno che ti dica
per quale strada me ne andai
e dove ti dimenticai.
Il giorno che aprirai gli occhi
più non ci sarò,
me ne sarò andato per un altro sentiero
e ti avrò dimenticata.
Volgerai lo sguardo a nord e a sud,
dove nasce e si nasconde il sole,
dove diventano quattro i bracci del cammino
guarderai come una pazza, cercando le mie impronte.
Chissà quali piogge
e venti saranno già passati
cancellandole.
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El Caracol -Chiken Itza (Messico) |
Natalia Toledo, figlia del celebre pittore Francisco Toledo è nata nel 1968 a Yucatán nell'Oaxaca. Fin da piccola studia poesia nel laboratori della Casa della cultura di Yucatán, dove si sono formati promotori e maestri di scrittura in zapoteco, tra cui Gloria de la Cruz, sorella del poeta Victor de la Cruz.
Da bambina dormii nelle braccia di mia nonna
come la luna nel cuore del cielo.
Il letto: cotone che uscì dal frutto del pochote.
Feci degli alberi olio, e ai miei amici vendetti
come pagro il fiore dell'albero del fuoco.
Come si asciugano i gamberetti al sole, così ci stendeva-
mo sopra una stuoia.
Sopra le nostre palpebre dormiva la croce del sud.
Focacce di comiscal, fili tinti per le amache,
il magiare si faceva con la felicità della pioggerellina sul-
la terra,
battevamo la cioccolata,
e in una tazza enorme ci servivamo l'alba.
Pochote= Albero della famiglia delle Bombacacee, di grosse dimensioni, il cui legno è usato in falegnameria per telai di porte, finestre, o per decorazioni di esterni.
Tortillas de comiscal= è una particolare maniera di cuocere il pane nell'Istmo, nello Stato di Oaxaca
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Colonne
della Sala delle Mille Colonne (Messico)
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La casa
La casa mostra le sue costole
inumidite dal freddo.
Dai suoi occhi di palma
gocciolano spiragli di allegrie.
Sul suo volto
ha smesso di aleggiare lo sguardo che poggia sul telaio
tarlato delle sue finestre.
Quando orinò la notte sui suoi muri?
Esibisce le sue vene.
Dentro
una ragno colleziona ali disseccate di scarafaggi.
I grilli
sgomitolano fili di silenzio.
Ogni angolo sbriciola ricordi.
Eppure anche così,
con le mani murate a secco
la casa gioca a girotondo,
suda la sua polvere.
Piange il focolare
Il focolare mi racconta la sua storia.
Il suo fiato mi colpisce il volto.
Mi mostra le sue ferite,
volto bruciacchiato,
ceneri moribonde,
le sue fiamme irregolari.
Ardo nella sua angoscia.
In silenzio
gli presto i miei occhi
perchè pianga.
Macario Matus, nato nel 1943 a Juchitán e morto nel 2009, è stato poeta, narratore, saggista. Ha collaborato con vari giornali e riviste, e ha diretto la Casa della cultura di Juchitán dal 1979 al 1989.
Juchitán
Juchitán, mio padre sei
La madre che mi ha partorito
La femmina che io amo,
Moglie con cui vivo.
Sole che illumina nell'alto,
Stella che apre l'alba,
Mare vivo nella sua quiete,
Acqua zuccherata che bevvi alla mia nascita,
Fiore bianco nato nel fango,
Astice acchiappato dalle mie unghie.
Sei tu il mais nuovo mio,
Fagiolo nero come gli occhi
Delle donne nostre.
Ti porto fiore plurale di ferro
Nel mio intero cuore fragile
E credo che morirò con te
In questa estranea terra dove vivo.
In silenzio
gli presto i miei occhi
perchè pianga.
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Juchitán -city |
Juchitán
Juchitán, mio padre sei
La madre che mi ha partorito
La femmina che io amo,
Moglie con cui vivo.
Sole che illumina nell'alto,
Stella che apre l'alba,
Mare vivo nella sua quiete,
Acqua zuccherata che bevvi alla mia nascita,
Fiore bianco nato nel fango,
Astice acchiappato dalle mie unghie.
Sei tu il mais nuovo mio,
Fagiolo nero come gli occhi
Delle donne nostre.
Ti porto fiore plurale di ferro
Nel mio intero cuore fragile
E credo che morirò con te
In questa estranea terra dove vivo.
(Immagini reperite dal web, testi e note biografiche tratti dal mensile "Poesia" Crocetti Editore.)