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venerdì 11 dicembre 2020

Verso il Natale - LA BUONA NOVELLA

Per entrare nell'atmosfera natalizia mi piace oggi ricordare un LP di Fabrizio De André , LA BUONA NOVELLA, basato sulla storia di Gesù Cristo raccontata sui Vangeli apocrifiL'album è stato definito da alcuni quasi un romanzo, e da lui stesso una delle sue opere meglio riuscite.


Come si potrebbe essere portati a pensare "apocrifi" non vuol dire "falsi". Il termine deriva da una parola greca che significa: "tenuto lontano, nascosto". 

Questi Vangeli non ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa sono fonte di nomi e notizie entrati nell'uso comune e di fatto accettati dalla Chiesa stessa: per esempio per i nomi dei genitori di Maria (Gioacchino e Anna), la scena della nascita (la grotta con il bue e l'asinello), i nomi dei Magi...

Nella cappella degli Scrovegni, a Padova, Giotto dipinse ben dodici affreschi su trentotto, ispirandosi proprio alle storie menzionate nei Vangeli apocrifi, uno di questi è "Il sogno di Gioacchino", presentato qui sotto. Probabilmente colse quella tendenza che era degli Apocrifi a "umanizzare" i personaggi, soprattutto Maria e Gesù Bambino.

 

Tornando all'album di Fabrizio De André è doveroso aggiungere che è certamente tra i più signficativi nella storia della musica d'autore per la poeticità dei testi e le melodie che raccoglie. 

I personaggi sono carichi di umanità, la figura di Giuseppe, per esempio, considerata molto di sfuggita nei testi ufficiali, appare più concreta e vicina, mentre la figura di Gesù Cristo, centrale in tutti i Vangeli, è vista da De Andrè solo durante la Passione. Eppure di Gesù nell'opera si avverte sempre la presenza.

L'album scritto nel 1969, in piena contestazione studentesca, vide la luce nel 1970. A chi gli chiese perché proprio quella scelta in quel periodo storico così agitato e rivoltoso, Fabrizio De Andrè rispose dicendo che, secondo lui, "Gesù di Nazareth è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi, che si è battuto contro gli abusi del potere, contro i soprusi dell’autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali".

Il brano che presento oggi è: "Il ritorno di Giuseppe":

Se si presta attenzione alla musica si può cogliere l'eco di un sitar, e arpeggi orientaleggianti, scelta che De André fece per ritrarre un'Asia Minore tra allegoria immaginaria e realtà del tempo: "davanti a te il deserto, una distesa di segatura, minuscoli frammenti della fatica della Natura", fino al pathos poetico che entra nell'anima di chiunque ascolti "gli uomini della sabbia hanno profili da assassini, richiusi nei silenzi di una prigione senza confini".  La conclusione coincide con Maria in lacrime che confessa lo stato di gravidanza, non c'è una chiara spiegazione, ma solo "i resti di un sogno nascosto".

 

La storia:"Subito dopo le nozze con Maria, Giuseppe parte, va fuori dalla Giudea per quattro anni. Al ritorno trova Maria in stato interessante. Maria gli corre incontro, gli butta le braccia al collo, lo abbraccia e piangendo gli racconta di aver fatto un sogno, e in questo sogno di aver incontrato un Angelo del Signore"
 

Buon Ascolto


Il testo:
 
Stelle, già dal tramonto
si contendono il cielo a frotte
luci meticolose
nell'insegnarti la notte.
Un asino dai passi uguali
compagno del tuo ritorno
scandisce la distanza
lungo il morire del giorno.
 
Ai tuoi occhi, il deserto,
una distesa di segatura,
minuscoli frammenti
della fatica della natura.
Gli uomini della sabbia
hanno profili da assassini,
rinchiusi nei silenzi
d'una prigione senza confini.
 
Odore di Gerusalemme,
la tua mano accarezza il disegno
d'una bambola magra
intagliata del legno,
"La vestirai, Maria,
ritornerai a quei giochi
lasciati quando i tuoi anni
erano così pochi" 
 
E lei volò fra le tue braccia
come una rondine,
e le sue dita come lacrime,
dal tuo ciglio alla gola,
suggerivano al viso
una volta ignorato
la tenerezza d'un sorriso,
Un affetto quasi implorato.
 
E lo stupore nei tuoi occhi
salì dalle tue mani
che vuote intorno alla sue spalle
si colmarono ai fianchi
dalla forma precisa
d'un vita recente,
di quel segreto che si svela
quando lievita il ventre.
 
E a te, che cercavi il motivo
d'un inganno, inespresso dal volto,
lei propose l'inquieto ricordo
fra i resti d'un sogno raccolto. 
 
Fonti: "IL LIBRO DEL MONDO" di Walter Pistarini e "COME UN'ANOMALIA" Einaudi Editore.


mercoledì 11 settembre 2019

Una terapia per l'anima


La musica è una legge morale. Essa dà un’anima all’universo, le ali al pensiero, uno slancio all’immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso alla gaiezza, e la vita a tutte le cose.” Ha scritto Platone.
Il grande potere della musica...
Mi è capitato di leggere, anche se mai sperimentato personalmente, che la musica è usata per intervenire a livello educativo e riabilitativo (musicoterapia), ma mi era sempre sfuggito il fatto che è in grado di produrre nell'organismo dei sostanziali cambiamenti a livello fisiologico, dimostrato scientificamente da molti studiosi.
Il famoso neurologo Oliver Sacks, nel suo libro “Musicofilia”, per esempio, spiega la relazione esistente tra musica e cervello, e ci mostra come la musica possa svegliare alcune zone cerebrali danneggiate.
Qualche tempo fa girando per il web alla ricerca di articoli che parlassero di disagio, per caso trovo un articolo su Gabriele Catania, uno psicoterapeuta. Leggo che, prendendo spunto dai testi delle canzoni di Fabrizio De André, si è improvvisato “cantautore” per curare i suoi pazienti.
La singolarità mi colpisce e salvo il link, maturando l'idea di riportarne la storia su questo blog.
Poi passa il tempo, arriviamo a oggi, quando ritrovo, per caso, l'appunto in una cartella e nasce questo post.
Ma perché proprio De André?

Fabrizio De André è stato, tra i cantautori italiani, quello che più ha raccontato le storie degli “ultimi”, degli emarginati e ha sostenenuto che la canzone avesse il potere di “indicare delle strade da seguire, dei codici di comportamento”, che non si potesse limitarne la propria funzione al semplice intrattenimento.
Le sue canzoni parlano di disagio psichico senza giudicare i protagonisti, e Gabriele Catania, osservando le storie di alcuni suoi pazienti, scopre che presentano analogie e parallelismi con quelle dei personaggi raccontati dal cantautore genovese.
Tutto cominciò una mattina, racconta, mentre ascoltava "La ballata dell’amore cieco (o della vanità)", la canzone le fece venire in mente il caso di una giovane donna anoressica che aveva in cura. I fatti presentavano interessanti analogie con la storia del protagonista della canzone.
Nel testo di De Andrè:
"L'innamorato cerca di conquistare l’amata soddisfacendo tutte le sue richieste fino all’estremo sacrificio. Allo stesso modo,  la ragazza anoressica sente di non poter deludere le aspettative dei suoi genitori, perché teme che in questo caso ne perderebbe il loro affetto, e si sente obbligata a impegnarsi allo stremo in tutto ciò che le viene richiesto. Tale comportamento porta  la giovane a sviluppare nel frattempo un pericoloso senso di onnipotenza che le fa sottovalutare il pericolo a cui si sottopone rinunciando al cibo."

Così Catania, con l’autorizzazione e il consenso di Dori Ghezzi e della Fondazione De André, senza tradirne lo spirito e la poesia, modifica i testi di alcune canzoni perché rispecchino meglio le storie dei suoi pazienti.
La ballata dell’amor cieco, così diventa La ballata dell’amor di vetro (o dell’anoressia) 

Ne riporto qui sotto una parte, per darvene un'idea.

Un padre assente una madre sola
tralalalalla tralallaleru
misero al mondo per un errore
il loro frutto dell’amore.
Era una bimba bella e dorata
tralalalalla tralallaleru
era una bimba bella e dorata
e chiedeva solo d’essere abbracciata.
La madre invece si ostinava
tralalalalla tralallaleru
ad esibir quella bellezza
senza il calor di una carezza.
La bimba allor si sentì sola
tralalalalla tralallaleru
in quel suo corpo fatto di niente
nel vetro di un amore freddo e trasparente.
E per lenir meglio il rifiuto
tralalalalla tralallaleru
escluse il cuor dalla coscienza
basando la sua forza sull’obbedienza.
Quell’obbedienza esagerata
tralalalalla tralallaleru
la spinse ancor con più durezza
a rifiutare il corpo e la sua bellezza.
(..........................................................) 

Poi c'è La ballata degli impiccati che diventa La ballata degli impanicati:  
Cominciammo a provar la vergogna/ per aver ceduto alla mente/ e pensando fosse nostra la colpa/ nascondemmo il problema alla gente. / Poi ci dissero che era sbagliato/ preoccuparsi per quell’incidente/che bastava “tirar fuori i coglioni” / per non farsi fregare dal niente”.

Il risultato sarà superiore alle aspettative: non solo suscita comprensione ed empatia nei confronti di chi soffre di depressione, di nevrosi ossessivo compulsive o di altri disturbi psichici anche più gravi, ma fa emergere con chiarezza come le radici di questi malesseri affondino in qualche modo nell’esperienza di quasi tutti.

Così, per il padre depresso, che si accorge di aver cercato in tutti i modi di distinguersi da suo padre e di non esserci riuscito, nasce: 
(“Diventai padre in un giorno d’estate/ pensando a lui per non farmi fregare/ ma i miei sforzi risultarono vani/ con la sua testa sono qui a ragionare)

Per il pescatore che ha rinunciato al suo sogno di diventare pilota d’aereo:
(“E in quella notte di paura/ si ritrovò sotto le mura/ che aveva eretto da bambino/frenando il volo al suo destino”);

E tanti altri personaggi, ancora, che qui non cito per non dilungarmi troppo. Credo e spero, comunque, di avervi dato un'idea.



La sua esperienza, Gabriele Catania la riporta in un libro pubblicato nel 2013, "La terapia De André" in cui racconta, in ogni singolo capitolo, la storia di una persona che ha incontrato in terapia e di come i brani di De André abbiano trovato spazio nel suo lavoro psicoterapico.


Nella carellata di incontri troviamo il problema del conflitto con il padre-autorità come Il Bombarolo, Sogno numero due, Al ballo mascherato che possono toccare le corde interne di tanti.
 
C’è il medico ossessivo che scopre che può esistere “la saggezza nell’errore ascoltando la canzone mentre Un giudice relativizza il nostro bisogno di onnipotenza divina.

Concludendo: "La musica è terapia per l'anima".
Da una citazione di Victor Hugo :
“La musica esprime tutto ciò che non può essere detto a parole e su cui è impossibile rimanere in silenzio”



Ricerche dal web e dal Corriere della sera 15/7/2012 a cura di Roberta Villa: Il disagio raccontato con i testi di De André