venerdì 16 ottobre 2020

“Ogni storia è una storia infinita”

 E' un po' di tempo che non posto un mio racconto, oggi voglio condividere con voi questa nuova storia che spero vi piaccia.


            “Ciao, cosa stai leggendo?”

Quasi trasalii, e il primo pensiero fu: “Ecco una scocciatrice”.

Mi girai distinto verso la voce: una bambina alla mia destra, capelli rossi ricci, stava sorridendo indicando il libro che tenevo in mano.

Ero in aeroporto in attesa della coincidenza per Francoforte, l’aereo aveva quasi un’ora di ritardo per perturbazioni meteo. Di cattivo umore per l’imprevisto, mi ero comprata un libro per distrarmi e stavo leggendo, seduta sul sedile di una panca davanti al display dove sarebbe dovuto comparire il numero del mio gate.

La storia era piacevole e alzai gli occhi dalla pagina controvoglia, ma lo sguardo dolce della piccola: sette, otto anni avrei detto, me ne fece pentire subito.

Era seduta sul sedile accanto al mio, sola.

La piccola appariva tranquilla, con sguardo curioso scrutava la mia reazione, aspettando la risposta.

Dovevo rilassarmi e m’imposi di essere socievole, in fin dei conti il libro poteva aspettare, avrei potuto sempre riprenderlo più tardi, la bambina invece era lì in quel momento e dopo di certo non l’avrei più vista. Quel suo sguardo, e l’odore piacevole misto a talco della pelle mi fecero sentire da subito ben disposta nei suoi confronti.

“Perché lo vuoi sapere? È una storia, una storia come tante.” - Le risposi, sorridendo.

            “Mi piacciono le storie. Io non so leggere bene, perché ho solo sei anni, ma quando sarò grande farò la scrittrice.”

La guardai meglio, ero sorpresa, il suo aspetto, la sua intraprendenza, la voce sicura, mi avevano fuorviato facendomi pensare ad una bambina più grande.

            “Quando la mamma me ne racconta una, io mi sento meno sola e non sono triste.” - Aggiunse seria.

“Anche la mia mamma spesso è triste e quando ha gli occhi lucidi, io l’abbraccio e le chiedo di raccontarmi una storia, così lei mi sta vicina e torniamo felici.”

“Le storie della mamma mi portano lontano… ed immagino un sacco di cose.  Ci sono le fate e i bambini che vivono tante avventure e poi… ci sono gli eroi che sconfiggono i draghi cattivi.”

            “Hai paura dei draghi?”

            “Sì, sempre. A volte anche fuori dalle fiabe, quando vedo la mamma piangere e non vuole dirmi cosa c'è che la spaventa.”

“Oppure la sera quando vado a dormire.”

            “Ho paura che ce ne sia qualcuno nascosto nella camera e guardo sempre sotto il letto e nell'armadio, ma la mamma non lo deve sapere.”

“Mi piacciono le storie con “Tutti vissero felici e contenti” - E fece un risolino trattenuto portandosi la mano verso la bocca e alzando un po’ le spalle.

“Non dirlo a nessuno - mi sussurrò abbassando la voce in un bisbiglio - non so se le fiabe che racconta la mamma sono davvero esistite. Cioè voglio dire, beh hai capito, se sono vere. Una bambina mi ha detto che non ci crede, che sono tutte storielle inventate per farmi felice.”

“E tu?” - le domandai.

“Io penso che ci siano storie vere e altre meno vere, mi piace ascoltarle… e non mi importa sapere come siano, basta che mi raccontino cose belle…

 “E sai cos’altro penso? - proseguì dopo un attimo - Penso che sia bello anche scriverle.”

Poi rivolgendosi a me: “Tu invece?”

Era proprio uno splendore di bambina, la guardavo e l'ascoltavo estasiata. Corporatura snella, un volto dalla carnagione chiara con lentiggini sul nasetto e occhi verdi chiari, incorniciato da corti capelli ricci. Indossava un abitino pervinca, in fantasia, leggero senza maniche.

Era sveglia la piccola e aveva le idee chiare. Forse la sua era solo una posa o forse credeva veramente in quello che mi stava raccontando, ma per me non era importante, l'ascoltavo con piacere.

“Credo che, in un certo senso, tu abbia ragione... - le risposi - uno scrittore, mentre scrive una storia, vive una realtà diversa dalla sua. È libero di raccontarla come vuole… Ambientarla in un luogo immaginario e darle un suo finale.”

“Può sognare e raccontare anche di altri mondi, e per tutte queste cose, certamente, può essere bello. Sai non è mai solo una storia fine a sé stessa quella che racconta lo scrittore.”

“… Però credo che la cosa sia un po’ più complicata di come te la sto spiegando. Io non ho mai scritto una storia e posso solo immaginare sia così.”

La bambina mi ascoltava assorta e quando ebbi finito di parlare tra noi calò il silenzio.

Fui presa dal timore di essere stata fraintesa… forse troppe cose tutte assieme?... La piccola aveva capito quello che volevo dire?

Che ne sapevo io di come si parla ai bambini?

Ero figlia unica, le mie amiche avevano altro per la testa che pensare ad avere figli, e in quanto a me, a malapena sapevo tenermi un compagno.

Entrambe credo ci perdemmo nei nostri pensieri.  Fu la piccola a riprendere a parlare.

            “Sto andando dalla nonna che vive in Francia e sono contenta perché ha una casa grande con un giardino e un cane peloso, peloso, e io ci gioco tanto. Si chiama Lady, è tutto bianco con una macchia marrone su un occhio. “

“Anche la nonna mi racconta storie, sai? Le sue sono meno belle di quelle della mamma, ma mi fanno stare bene. E poi facciamo tante altre cose insieme.”

“Andiamo al parco acquatico a vedere i pesci marini e poi mi porta allo zoo, al mare e… in tanti altri posti”

“Sai che ho visto da vicino un rinoceronte e non ho avuto paura?” - Lo disse compiaciuta e gli occhi le si illuminarono. 

            “Ma dai, davvero?  - Mi mostrai sorpresa - Sei proprio una bambina coraggiosa.”

            “Anna che stai facendo di nuovo? Stai importunando la signora. “

“Chiedi scusa!”

Una giovane donna, forse aveva qualche anno più di me, sta sopraggiungendo con una bottiglietta d'acqua in mano e due panini. Mi sentii colta alla sprovvista e a disagio.

La piccola a quelle parole arrossì, chinò il viso e con voce flebile mi chiese scusa.

            “Fa sempre così quando incontra qualcuno, mi spiace che l'abbia importunata”

            “Ma non mi ha disturbato affatto, anzi, è un piacere parlare con una bambina come la sua.”

            “Davvero? Sa, non tutti gradiscono… Le ha già chiesto di scriverle una frase per ricordo? Lo fa con tutti.”

Non capii a cosa si riferisse, ma avrei approfondito volentieri.

La nostra conversazione aveva preso una strada così invitante che quasi mi dispiaceva avesse raggiunto il capolinea, perché di sicuro, con la presenza della madre, la piccola non avrebbe più detto una parola.

La donna sedette accanto alla figlia, ma poi sembrò ripensarci e s’alzò dicendomi:

            “Se è così, posso approfittare ancora di lei? Dovrei fare un salto alla toilette.”

            “Ma certo, la tranquillizzai, si prenda il tempo di cui ha bisogno. Anna con me starà benissimo.”

Appena la madre girò l'angolo del corridoio, vidi Anna distendere le gambe, rilassare il corpo e alzare il visetto illuminato da un sorriso. Pensai di approfittarne:

            “Credo che presto dovremo salutarci. Ma prima, vuoi spiegarmi di cosa parlava la tua mamma?”

            “Ma niente - mi disse, muovendo il capo con noncuranza - mi piace chiedere alle persone che incontro di scrivermi una frase, un pensiero e il loro nome”.

            “Poi quando torno a casa cerco di rileggere quello che mi hanno scritto e provo a scrivere anch’io.”

“Appena sarò più brava ci scriverò una storia.”

            “Ma dai! Sei proprio una bambina interessante e intelligente.”

Anna era decisamente avanti per l’età che aveva, i suoi discorsi denotavano perspicacia ed elaborazione, capacità alquanto sviluppate per una bambina di prima elementare.

  “E di me cosa annoterai?” Aggiunsi.

            “Non so, dipende.” - rispose con sguardo misterioso.

Estrasse dal suo zainetto un quaderno piccolo, tipo “Moleskine”, e me lo porse con una penna. Sulla copertina tralci di fiori di mandorlo rosa aveva toni delicati. Molti fogli all’interno erano scritti, ma per non mettere a disagio la piccola, non mi soffermai a leggere.

Che scriverle?  Ci pensai su e mi venne in mente una frase: “Ogni storia è una storia infinita”, mi sembrò calzasse a pennello con il nostro incontro e la scrissi.

            “Fatto” - le dissi richiudendo il quadernetto e restituendolo.

La bambina lesse ciò che avevo scritto e si fece un attimo pensierosa.

            “La conosci già?” - Le chiesi.

“Sai dove ho trovato questa frase? Su un libro che sono sicura ti piacerebbe leggere… o la mamma l’ha già fatto?”

E mi sentii in dovere di aggiungere:

 “Si tratta de La storia infinita di Michael Ende. Chiedile, certamente la conosce.”

 Con un buffetto le sfiorai la guancia, aveva una carnagione rosea, liscia, vellutata come una rosa. La madre sbucò da dietro l'angolo dove era scomparsa qualche minuto prima e io ritirai subito la mano, quasi vergognandomi del gesto.

Il nostro incontro finì lì.

La piccola s'allontanò con la mamma per accedere al gate di partenza, ed io a disagio nel silenzio in cui ero finita, mi sentii quasi sprofondare sul sedile, come fossi stata privata di qualcosa di vitale.

Chiusi il libro e lo riposi nella borsa, mi era passata la voglia di leggere.

Stefania Pellegrini ©

OGNI DIRITTO RISERVATO

8 commenti:

  1. Un racconto meraviglioso. Davvero.
    Grazie di avercelo fatto conoscere.
    Ti abbraccio forte Stefania. Buona giornata, ciao.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Pia per il tuo entusiasmo, sono molto contenta che la mia storia ti sia piaciuta.
      Un abbraccio a te e buon weekend

      Elimina
  2. L'ho letto tutto d'un fiato e mi è piaciuto molto,complimenti!

    RispondiElimina
  3. Ciao Stefania, ho letto molto volentieri e con partecipazione il tuo racconto ricco di tanti sentimenti positivi, sentimenti spesso dimenticati da molti.
    Grazie e a presto.
    Un abbraccio, fulvio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te, il tuo commento non può che farmi piacere.
      Un abbraccio.

      Elimina