giovedì 7 maggio 2020

Il potere della musica


RACCONTO

Era situato nella piazza di un piccolo paese, un vecchio orologio elettrico, sull'alto della torre del palazzo comunale, risalente, si dice, al 1886. All'epoca era motivo di orgoglio per gli abitanti del posto che calcolavano il tempo come fosse moneta.
Si raccontava che l’orologio un bel giorno avesse iniziato a suonare all’impazzata per 3 minuti poi, retrocesso di altrettanti minuti, si fosse fermato. I paesani avevano interpellato i più esperti orologiai, ma nessuno era riuscito a smuovere l'ingranaggio grippato.
Da prima era mancata la sua voce amica, il suono argentino poi, tutti si erano rassegnati a vederlo sempre fermo sulla stessa ora: le sedici in punto.
Così dimenticato dal tempo, spogliato della sua vita animata, l'orologio se ne stava lì, annoiato e inutile.
Non poteva più segnare la vita paesana, né essere utile alle povere famiglie, agli operai che alla mattina presto si recavano al lavoro.
I vecchi non avrebbero mai rinunciato alla sua presenza, là in alto da generazioni, ma qualcuno parlava, da un po' di tempo, di sostituirlo con la meridiana di un vecchio muro che stava cadendo a pezzi. I più giovani, soprattutto, non vedevano la necessità di mantenerlo sulla torre.
D'altra parte con i tempi moderni... altri mezzi erano nati per consultare le ore del giorno.
Da una parte la terra, dall'altra il cielo, tutto si confondeva in uno spazio senza tempo. Quel tempo, troppo lento per colui che aspetta, troppo veloce per chi lo teme, e per l'orologio solo assenza, inutilità. 
Oziava nel suo unico svago: con le rondini che vi incrociavano i voli, i colombi che stazionavano tra uno svolazzo e l'altro; limitandosi a seguire dalla sua postazione previlegiata ciò che accadeva sulla piazza sottostante, a spiare, dentro le finestre, la vita che scorreva attorno e a sonnecchiare di tanto in tanto.
Spesso erano le stesse persone, gli stessi alberi, a volte anche gli stessi uccelli, non accadeva mai niente che potesse risvegliarlo dalla noia che rasentava il tedio, ma in cuor suo continuava a illudersi di ritrovare quel tempo che gli aveva fatto scoprire il valore delle ore.

Poi un giorno di primavera, qualcosa pare rompere quel grigiore. Vicino ad una casetta gialla, situata aldilà della piazza, si ferma un camion dei traslochi e due uomini prendono a scaricare: mobili, scatoloni vari... un pianoforte.
L'orologio si rianima.

- Finalmente! Un po' di vita nuova. -

Un bambino trotterella attorno, entra, esce dalla casa. - Chissà quale è il suo nome? Quanti anni avrà: dieci, no otto... o forse nove? Mhmm, però è piccoletto.... E quelle gote paffutelle, i capelli biondi, è proprio un bel bambino. -
L'orologio si perde dietro a quei pensieri, il ragazzino ha qualcosa di diverso, qualcosa che lo attrae e riesce a smuovergli un moto di tenerezza.
È perplesso. Non gli piace quel sentimento, lo fa sentire fragile, vulnerabile.

Cessano i voli, il camion dei traslochi riparte, la porta della casetta si chiude, i lampioni s'accendono, ed ecco, con passo felpato, arrivare la sera.
Dall'alto della sua statura, l'orologio sospira... e si prepara a un'altra notte monotona e solitaria. Da tempo immemorabile si sente come un vecchio che non può più camminare, a cui si rivolge uno sguardo distratto, ma mai una parola per la quale ci si possa sentire ancora utili.
Almeno arrivasse il vento, con lui potrebbe dialogare, mentre entra e esce tra le volte della torre: gli scuri, le porte, le finestre che sbattono, il cassonetto dell'immondizia rivoltato, e poi c'è la melodia frusciante tra le fronde degli alberi. Quella sì che è musica per le orecchie: vivace, mutevole, divertente.
S'appisola, cullato dalla quiete della notte. Il mattino arriva presto tra i gorgheggi amorosi dei passerotti sugli alberi della piazza. Riprende il rumore dei motori delle auto nel parcheggio a fianco, passano i primi camioncini: quello della frutta, del macellaio, dei giornali per l'edicola sulla piazza. Tutto si rianima come ogni giorno, mentre il cielo balugina lontano, la luce sale sempre più intensa e mette il buio nel sacco.

L'orologio apre gli occhi ancora assonnati: … la casetta gialla, il camion dei traslochi... ricorda il bambino... ma quando sarà accaduto? Uno o due giorni fa... un mese? Prova a rammentare, ma la memoria è inceppata, come le sue lancette. Cerca di mettere a fuoco, spia qualche movimento aldilà della casetta gialla.
Dovrà attendere, però, prima di poter vedere figure muoversi dietro i vetri e il bambino biondo uscire con il papà e la mamma. Ha lo zainetto a spalle. - Andrà a scuola - pensa sbuffando l'orologio, e riprende a guardarsi intorno annoiato.
La giornata è radiosa, il cielo limpido è sgombro da nuvole, non ci sarà vento, probabilmente, fino al pomeriggio.
Si trastulla ascoltando il canto degli uccelli, mentre attende l'arrivo delle solite due, o tre vecchiette, che siedono ogni giorno sulle panchine di legno sotto la torre, e gli fanno compagnia con le loro voci, i silenzi sospesi pieni di parole. Per un momento può appropriarsi dei loro ricordi, colorati di sensazioni dei piaceri riscoperti, sentir svanire la solitudine e il vuoto riempirsi di vita.
Verso una certa ora, qualcosa lo distrae. La sua attenzione viene attratta da un suono dolce, lontano.

Dapprima, sono note incerte, distaccante l'une dalle altre: qualche do, la, fa che s'interrompe. Poi, le note riprendono. Adesso si fondono, e ne accorrono altre più decise: sette dai colori vivi, ma sembrano milioni che volano qua e là.
Oh dolce melodia, avvolgente, contagiosa, vaga per tutta la piazza, si diffonde nell'aria sottile, leggera. D'un usignolo ricorda il motivo, degli uccelli rapisce il volo.
È un suono soave che pare contenere qualcosa di magico, poesia pura che libera l'anima, l'incantesimo di un attimo di paradiso. Dai toni sommessi, è salita, via, via, sempre più in alto, acquistando intensità. Quando è al suo massimo, all'orologio accade qualcosa. Il cuore, in preda a un vortice di sensazioni, viene trasportato tra i muti percorsi dell'animo ed ecco mettere in moto un fluido magnetico. Un liquido tiepido prende a scorrere veloce nel suo interno, attraversa le giunture, gli ingranaggi.
Che sensazione magnifica! È come se d'improvviso riacquistasse corpo, vigore e fosse trasportato al tempo dei suoi primi suoni. Ora arriva anche a sentirli, con ogni probabilità li sogna. Torna giovane, pieno di energia.
E vede attraverso una finestra aperta due piccole mani, due piume leggere che carezzano i tasti di un piano... poi il bambino biondo... 



- Come possono, quelle dita sottili, creare una musica così celestiale? Mentre io, dall'alto della mia statura, non sono più capace di muovere una nota? -
In quel mentre, un gruppetto di persone che si è radunato sulla piazza guarda con meraviglia in alto, verso di lui. L'orologio non si è accorto che le sue lancette hanno preso a muoversi e segnano le sedici e un quarto.

Stefania Pellegrini ©
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10 commenti:

  1. Ciao Stefania, bellissimo.
    Il tuo racconto, mi ha trasportato sulle nuvole della fantasia
    Ciao fulvio

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    1. Grazie Fulvio, sono contenta che ti sia piaciuto. Buona serata e grazie per l'attenzione.

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  2. L’amore muove il mondo, anche le lancette di un vecchio e inceppato orologio. Bel racconto. Buona continuazione di giornata.
    sinforosa

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    1. L'amore, la musica, hanno questo potere... di risvegliare chi credeva di essere morto dentro. Grazie Sinforosa per la visita. Buona serata.

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  3. Cara Stefania, bello leggere certi racconti!!!
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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  4. Cara Stefania, non ricordo se ho gia commentato.
    comunque confermo bellissimo il tuo racconto.
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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  5. Bellissimo. Complimenti Stefania.

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  6. Una bellissa storia! Sei stata molto brava. Mi ha fatto molta tenerezza quell'orologio che non si muoveva più, inutile, annoiato, incapace di fare il proprio lavoro. E il finale, alla fine l'amore per il bambino, per la musica, riescono a compiere il miracolo e a ridargli vita. Saluti cari.

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  7. Nel ringraziare tutti vorrei aggiungere, che questo racconto vuole essere una metafora, la metafora sull'uomo e la sua vecchiaia.

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