giovedì 10 febbraio 2022

Il mistero della sinfonie

"La mia anima è una misteriosa orchestra; non so quali strumenti suoni e strida dentro di me: corde e arpe, timpani e tamburi. Mi conosco come una sinfonia."

Fernando Pessoa


Buona lettura

È una storia un po’ così… strana, se volete. Lei si chiama Alba, ed è una ragazza di circa vent’anni che vive in un appartamento all’ultimo piano di un condominio di otto alloggi, abitati prevalentemente da casalinghe e persone anziane.

Solo tre mesi, in quello stabile con i genitori, e già le malelingue si sono messe all’opera e siccome non riescono a sapere granché su di lei, per tenere vive le loro giornate, si inventano storie. Si sa, chi cerca il pretesto per spettegolare un po', un argomento o qualcuno per farlo, lo trova sempre. Così si raccontano che la ragazza sia muta o abbia avuto un trauma da piccola e adesso le manchi qualche rotella.

Tutto è nato dal fatto che la si veda passare gran parte del suo tempo su una terrazza sottotetto, in compagnia di due piccioni, e foglietti di carta, appesi a fili come bandierine. Ci si chiede come una ragazza, giovane e carina come lei, possa sprecare in quel modo il suo tempo. Per giunta la sua riservatezza e i lunghi appostamenti sulla grande terrazza, così vengono interpretati, danno un po’ fastidio a qualcuno che s’è pure preso il disturbo di spiarla.

Non è mancato chi ha pensato che se ne stia lassù a seguito di una delusione d’amore o chi abbia trovato nel suo isolamento una forma di psicosi.

I genitori sono gentili con gli inquilini, ma fanno vita riservata, ed ecco un altro motivo per suscitare sospetto… chissà, magari lo fanno solo per evitare domande sgradite.

La giovane, in realtà, sulla terrazza ha ciò che le serve per sentirsi serena, vive un suo mondo, dove tutto il resto è superfluo e poco attraente e l’isolamento non le pesa.  

La terrazza è un piccolo giardino pensile. Ampia e luminosa, riceve tutto il giorno la luce del sole. Arredata con due poltrone rattan marroni e relativo tavolino è circondata da rigogliose piante in vaso, verdi e in fiore.  Lassù Alba si occupa di loro: le annaffia, cura il fogliame, recide i fiori spenti, controlla il loro sviluppo come fossero piccoli da accudire, dà da mangiare ai suoi colombi e poi legge romanzi per viaggiare e sognare mondi lontani. E ancora… cosa non trascurabile, solitudine… e silenzio non hanno modo di entrare, in un mondo, il suo, dove ha per compagni i suoni. 

A dispetto di tutti non cerca altro per sentirsi felice. Lei i suoni li ha dentro, e li sente in ogni cosa, purtroppo non sa manifestarli, tantomeno spiegarli, ma non se ne preoccupa.

Alti o bassi non fanno differenza, i suoni nascono dentro di lei come fiori, come stelle in cielo e colorano, illuminano, il suo giorno di una luce speciale. Anche una giornata grigia si può aprire come appena uscita da un quadro di un pittore, piena di tonalità, di sfumature rosa.

A seconda dell’ampiezza e della lunghezza, i suoni hanno la leggerezza della seta, la morbidezza del velluto, il tocco delicato delle farfalle e riescono a scaldarle il cuore. In compagnia della girandola di timbri, più o meno armonici, si sente protetta e in pace con la parte più profonda del suo sé.

Per capire come siamo arrivati fin qui, bisogna fare qualche passo indietro, a quando Alba aveva pressa poco dieci anni. Fu allora che si scoprì capace di sentire il suono di un sasso immobile, di dare un colore ai rumori. Li vedeva i suoni, e li interiorizzava inventandone di nuovi, ma proprio nello stesso periodo cominciò a non distinguere un sentimento da un altro, e non fu più capace di specchiarsi in ciò che provava.

Aveva perso le emozioni. Era come fosse divisa in due: due elementi distinti che non comunicavano tra loro. Si convinse di essere diversa e si isolò dagli altri bambini.

Be’, non è che non fosse più capace di piangere, di ridere o di urlare, no, ma direi piuttosto che simulava, non sentiva la carica emozionale interna. Solo con i suoni, in quella specie di carillon di sinfonie che certe volte le girava dentro, ritrovava in parte la capacità di sentirle, ma era una reazione passeggera che nasceva, cresceva e, sempre intimamente, si spegneva.

Cominciò a crearsi una vita sua, lontana dagli altri, a passare ore distesa su un prato a seguire le nubi in cielo, la loro forma, il loro mutare improvviso, a ricercare i rumori sommessi.

Si convinse che, in ogni cosa sta un suono, ed è sempre diverso, doveva solo cercarlo. Così seduta vicino a un torrente ascoltava il suo gorgoglio intenso e continuo, o il ritmico canto della fontana del paese e fantasticava su quei suoni cercando di coglierne l’anima segreta. Poi via via, acquistando maggiore familiarità, si accorse di riuscire a catturare le tonalità delle nubi in cielo, di sentire i fremiti degli alberi al suo passaggio, il vibrare delle onde rossastre del sole mentre scendeva oltre le case.

Con il tempo imparò a dare ai suoni un nome, una forma, un colore, un odore, e attraverso di loro sentiva una dolcezza improvvisa salirle in petto, un languore struggente che a volte le toglieva il fiato. E ce n’era uno… in mezzo a loro … uno che sentiva più vicino: il suo. Qualcosa di grande, di immenso, magia pura. L’armonia più dolce che avesse mai sentito, la nota che l’avvicinava all’infinito in una sorta, a volte, di estraniamento, di estasi profonda. Era come avere la primavera nel cuore. 

Ma cercò sempre di nasconderlo. I genitori, che da tempo, dopo i primi rimproveri, si erano abituati alle sue stranezze, non si accorsero mai delle sue capacità.

***

Quando Alba arriva su quella terrazza il gioco va avanti da un bel po’. Trovandosi a disposizione uno spazio all’aria aperta, prova a tradurre i suoni in parole, e  li scrive su foglietti di carta che appende a un paio di fili, fissati dal padre, nella parte meno esposta della terrazza. L’intenzione iniziale è di inviarli in giro fissati alle zampette dei due colombi che una mattina si sono posati sulla ringhiera della terrazza e non sono più volati via, ma poi…

Diciamo che il timore le fa cambiare idea, e se sentisse troppo la mancanza di quelle vibrazioni, che considera esclusiva del suo sé, e parte da coltivare, curare, per sentirsi speciale e dare estro alla sua vita?

Una mattina, però, uscendo sulla terrazza, nota che sul primo filo manca un foglietto, il giorno dopo, ne mancano quattro sul secondo.

Sul momento c’è solo sorpresa, lo stupore del non previsto. Ha preso le sue precauzioni…una posizione riparata… la terrazza accessibile solo a lei e ai suoi genitori. È certa che loro non possono essere stati, altrimenti l’avrebbero fatto già da tempo. Comunque prova a chiedere, ma loro smentiscono.

Il fatto si verifica di sera, quando rientra in casa, così decide di fermarsi là anche la notte.  È estate e la temperatura ottima per riposare su un lettino in alluminio prendisole.

La prima sera non accade niente, passa senza avvenimenti di rilievo. Alba riesce pure a dormire fino al sorgere della luce, ma la notte… la seconda, qualcosa cambia.

C’è il vento. Verso l'una, viene svegliata da una leggera brezza che si è levata dal mare e, raggiunto la terrazza, a onde più o meno intense, sta facendo oscillare i fili bruscamente. Dopo le prime sferzate, la giovane può vedere di persona che i pezzi di carta si fanno petali in mano al vento. Incontrandosi tra loro, prima di volare via, tintinnano rilasciando suoni metallici di sonagli, armonie sempre diverse.  

Alba prova a trattenerli, a fissarli con più mollette, ma non c’è modo di salvarli e, nell’istante stesso in cui sente i suoni perdersi nel vento, comprende che non li ritroverà più, neanche dentro di lei.  Improvvisamente si sente nuda, priva di qualcosa di vitale che non può, in alcuno modo, richiamare a sé.

***

Passa del tempo e comincia a perdere interesse per ciò che la circonda, fa volare via i due piccioni ed esce sulla terrazza solo per innaffiare le piante. Adesso non ha proprio più niente, è come svuotata dentro, i suoni l’hanno lasciata e le emozioni non sono più tornate. Si sente inutile e si chiude nella sua stanzetta a guardare il cielo oltre i vetri, e a sognare ciò che ha perso.

Forse i suoni sono ancora tutti dentro di lei, forse... e se fosse perché sono diventati troppi, e sono lì da qualche parte... eppure non li ritrova più…  e se magari potesse ritrovare almeno il suo, quello… più importante, quello della nota dell’infinito?

Pensando e ripensando, si convince che nessun suono possa andare perduto, che viaggi con il vento e alla fine s’impigli in qualche cespuglio. Spera che basti andare alla sua ricerca per ritrovarlo, così riprende a uscire come faceva quando era piccola, ma passano i mesi, arriva l’autunno e si ritrova ancora al punto di partenza.

Qualcuno la vede anche in giro nel parco e ne è sorpreso. Le foglie cadono dagli alberi, l’aria si fa più fresca, calano le ore di luce, ma niente la distrae dalla sua attesa. Seduta su una panchina sempre diversa, ha lo sguardo svagato, spaesato, pare assente.

Una mattina, accade qualcosa. Qualcosa che Alba ricorderà per molto tempo. Mentre si sta avviando verso una panchina, sul ponticello che attraversa il laghetto del parco, viene attratta da due germani che nuotano. Si sofferma colpita dal colore del loro piumaggio: il verde scuro del capo, il petto bruno-rossiccio, la coda bianca, il giallo-verdognolo del becco riflettono ondeggiando sull'acqua, e la bellezza di quel quadretto le appare come un acquarello appena dipinto dal sole mai visto prima. Qualcosa di grande, non sa spiegarsi, sente sciogliersi dentro e una lacrima si fa strada negli occhi e scivola sul viso. Si tocca quasi timorosa di scoprire ciò che ha appena sentito. Ma sì, è proprio una lacrima di emozione che è salita dal profondo... Quanto tempo, quasi non le pare vero. 

Poggia la mano sul parapetto del ponticello in legno, teme di perdere l'equilibrio, il paesaggio le gira attorno, ma realizza subito di riconoscere ciò che le è appena accaduto... è tornata a manifestare le sue emozioni. Forse non ritroverà i suoi suoni, né la sua nota, perché magari quella se l’è ripresa l’infinito, ma ora non è più così importante perché sente di aver ritrovato la pace con se stessa.

Stefania Pellegrini ©

DIRITTI RISERVATI


 

 

6 commenti:

  1. Affascinante l'insieme delle sensazioni che hai descritto, una sorta di sinestesia di suoni e colori. E ancora più intensa la nota che coglie l'infinito e l'anima segreta di ogni cosa.
    Splendido racconto, grazie cara Stefania e buona serata!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Annamaria, grazie per il tuo commento che coglie certi tratti significativi del racconto. Ho scritto ciò che realizzava il mio pensiero mentre svolgevo il racconto per cui non mi sono ben resa conto quali sensazioni poteva trasmettere al lettore. Se il risultato è quello che scrivi tu, non posso che esserne contenta. Grazie ancora, ti lascio un abbraccio.

      Elimina
  2. La nota dell'infinito...suona in ognuno di noi ma non tutti l'ascoltiamo. Il racconto mi ha commosso nel profondo, credo che parli personalmente a chiunque vi posi lo sguardo sopra, siamo tutti Alba e molti di noi hanno abbandonato la terrazza segreta della propria anima. Permettimi però di dirti alcune cose, spero che non te ne abbia a male e non mi giudichi supponente: il racconto contiene un romanzo completo, se ci pensi e fermi il tempo puoi anche ampliarne la sintassi, fare sì che le parole scorrano con un tempo diverso quello del vento che viene dal mare e dei colombi che volano via. Dentro il tuo racconto c'è un mondo intero, sia quello intimo e personale della ragazza che quello esterno indifferente a volte e mediocre. C'è la natura immanente ed eterna dentro la quale ci muoviamo e c'è improvvisa la coscienza di esistere e il suo senso segreto. C'è tutto Stefania. Riscrivilo e mandalo ad un editore, penso che si emozionerà. Brava

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Enzo, grazie, grazie per la tua lettura e i suggerimenti che ho letto con attenzione e interesse. Devo dirti che mi intriga molto quello che mi suggerisci, ci sono davvero molte parti che potrei sviluppare e che non avevo preso in considerazione. e ti sono grata per questo. Grazie ancora e buona serata.

      Elimina
  3. Bel racconto davvero. Anche io avrei bisogno di ritrovare la pace con me stessa e con il mondo che mi circonda, pare che per ora non ci stia riuscendo molto. Brava certo ognuno di noi ha nella sua vita tanti suoni diversi, alcuni più strani di altri. Sicuramente le note musicali sono i suoni più belli che noi esseri umani siamo in grado di percepire ma la nota dell'infinito la sentiamo tutti, soltanto che in troppi continuano a sentirla ma senza ascoltarla davvero. Un saluto e buona continuazione del mese di frebbraio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Arwen per la tua lettura, lo apprezzo molto. Buona serata.

      Elimina