È il racconto di Aisha... breve visione di
momenti di una traversata in mare, alternata da ricordi... pensieri,
preoccupazioni, ansie... ma potrebbe essere di un qualunque emigrante
costretto a lasciare la propria terra, per sfuggire a dittature, alla fame, a
situazioni di conflitti interni, e affrontare viaggi spesso in balia di
scafisti e aguzzini... su gommoni e imbarcazioni di fortuna... a volta con
pochi giubbotti di salvataggio... lottando contro il mare per sottrarsi al
destino di schiavi, prima, o di naufraghi clandestini, una volta intrapresa la
navigazione.
Parlo di viaggi che espongono centinaia di poveri disperati a condizioni disumane: gommoni e pescherecci stracolmi, con motori in panne o senza benzina, senza Gps e alcun controllo sulla rotta, in balia delle onde e della fortuna. Quella fortuna, quando arriva, di essere intercettati dai soccorsi in acque internazionali.
BUONA LETTURA!
Saritha
è eccitata, e gesticola felice. Non c’è scuola oggi, è sabato e giorno di
libertà per tutti. Accanto a lei è un vociare di ragazzini che si strattonano
per le vesti e ridono, gridano, gioiosi.
- Aisha, che fai non scendi? Dai vieni, andiamo al fiume a giocare - fuori dalla capanna di paglia, quasi grida per timore di non essere sentita.
L’amica arriva correndo e una gallinella che sta razzolando vicino, fiuta un pericolo e spicca un salto in aria, apre le ali e ricade a terra allontanandosi spaventata.
***
Le labbra sono asciutte, screpolate e sanno di sale, Aisha si scuote dal torpore, i suoi occhi faticano ad aprirsi incrostati dalla salsedine. Bambini attorno a lei piangono, alcuni con un filo di voce, come se non avessero fatto altro fino a ora, e gemiti la raggiungono come in un sogno da lontano. Le fa male la schiena, le braccia e le gambe sono intorpidite, così appoggiata allo scafo della barca. Nella posizione scomoda non ha spazio per girarsi, pressata da tanti altri disperati come lei.
Il
gommone oscilla terribilmente, sotto di lei una lunga distesa azzurra la
guarda, la osserva in silenzio. Il mare oggi ha un aspetto sornione, e sembra
sonnecchiare indisturbato. Non c’è un alito di vento e il sole a picco brucia
implacabile. Si è abituata a quel rollio, per fortuna, dopo due giorni di
navigazione.
Ha
atteso e sognato tanto quel viaggio, ma adesso niente sta andando come immaginato e lo
spiraglio, intravisto verso la luce, pare una fisarmonica che si apre, si
chiude su se stessa, quasi volesse nasconderle la porta verso la salvezza.
Un
movimento leggero, come un fruscio, dentro di lei, un attimo, poi più niente. È
una sensazione nuova, della prima volta ed è impreparata e sorpresa. Avvicina le mani lunghe e sottili al basso
ventre, e le muove praticando una carezza leggera in direzione del movimento
appena sentito, carezza dolcemente quel bambino non ancora nato che già sta affermando
la sua presenza.
Deve proteggere quel germoglio che sta crescendo dentro di lei, deve fare in modo
che diventi lo splendido fiore, la stella che illumina le sue notti buie. Certe
volte lo sente, già nato tra le sue braccia, nel profumo, la morbidezza della
pelle, lo vede nel colore degli occhi, dei capelli… lo vede muove i primi passi
incerti, felice e allegro come lei un tempo.
Sorride
tristemente, altro avrebbe voluto per lui che quel gommone in mezzo al niente. Sottovoce
prende a sussurrargli una dolce ninna nanna del suo paese. Chissà se è in grado
di sentirla?
***
-
Ma perché volete andare al fiume? E se restassimo qua a giocare? I miei sono al
campo e non torneranno che al tramonto, a parte la gallina spennacchiata,
nessuno può disturbarci, sta dicendo Aisha. Dai facciamo il gioco dell’ampe. –
Le voci le arrivano di nuovo come in un sogno a occhi aperti, forse portate dal mare. Ora quella di Abasi, squillante e allegra che ripete il verso degli uccelli, ora quella di Saritha dolce e bassa intenta a raccontarle i suoi piccoli segreti. Vede gli occhi neri come pece, le gambe lunghe e secche, di Malik, il largo sorriso di Akil, i denti bianchi storti.
Aisha
ha sete, vorrebbe bere, le sue labbra sono troppo asciutte e sanguinano, la
gola è secca, ma sa che è inutile chiedere, perché di acqua ce n’è poca. Avrà
la sua razione solo verso sera, quando il cielo azzurro sfumerà in striature di
rosee fioriture e, poi lentamente, salirà la notte che li avvolgerà nel buio
cupo e minaccioso.
Cerca
di inghiottire la poca saliva rimasta in bocca e richiude gli occhi pensando
con nostalgia ai tramonti delle sue terre con il rosso che sembra scoppiare e
scomparire in cielo, con una rapidità che conoscono solo i luoghi d’Africa.
Pochi
mesi e già le manca quelle sua terra, unica e meravigliosa dove ha lasciato la
sua anima profonda. Sente il battere del tempo, e tutto pulsare dall’aria alla
terra, dal caldo al vento... E la notte più notte appena calato il sole e le
stelle così vicine e più grandi che quasi può accarezzarle… poi l’odore della Savana dove camminava e il
sole quasi le cuoceva i pensieri e la terra si faceva nera, e la notte un
continuo di suoni, di canti, di vita che giungeva da lontano, e mai si sentiva sola e spersa...
***
- Si, dai… la corda ce l’hai? -
- Ma sì, dice Aisha, sapevo che me l’avreste
chiesto, eccola. – Mostrando le mani che tiene dietro la schiena.
Si
dividono in coppie: Aisha e Abasi da una parte, Saritha e Akil dall’altra e
lanciano in aria una piccola pietra per decidere, con il pari e il dispari, chi
dovrà cominciare. Poi si mettono a saltare battendo il ritmo con le mani.
Attorno a loro Bikila e Malik, in coro cantano, battendo anche loro le mani. E come
un’onda che va e viene, quel canto ritorna ritmico e di dolce melodia a rompere
il dolore del distacco.
Il barcone ha un sussulto, come fosse speronato da qualcosa… il motore. Il motore è in avaria? Finita la benzina? La notizia si sparge velocemente e scatena il terrore tra il centinaio di persone ammassate tra loro. Qualcuno si mette a pregare, altri gridano in preda al panico, o piangono sommessamente.
È
finita.
Chi
si accorgerà di un punto colorato in mezzo al mare immenso?
Aisha
è preda dello sgomento: Come faranno ora a raggiungere la terra ferma?
Il bambino… il suo bambino...
Non può finire così… la donna lascia scivolare una mano sulla sua
pancia, l'abito leggero ne restituisce il tepore, accogliente e rassicurante.
Non sa per quanto, ma ora sono ancora vivi... respirano ancora... In mezzo alla
confusione allo spaesamento degli altri, dolcemente prende a parlare a quel
figlio non ancora nato che per lei ha già un volto, un nome. Gli parla dei
sogni, dei desideri… di un futuro migliore, di un’altra terra dove nascere
lontano dalla povertà, dalla fame… lo manderà a scuola, dovrà studiare per
diventare un dottore o un ingegnere…
E
poi, improvvisamente, pensa che se moriranno non avranno un funerale, né un nome
su una tomba, diventeranno un numero come tanti. Sua madre, oh sua madre… al ricordo del viso rubicondo e solare, il
cuore le si stringe in una morsa… e lacrime trovano strada, scivolano
lentamente dagli occhi alle ciglia semichiuse… sua madre non potrà danzare per loro… non
ci sarà una banda di percussioni a suonare i ritmi incalzanti del suo paese…
nessuno ballerà, e si abbraccerà.
Se non arriveranno i soccorsi potranno affidarsi solo al mare.
Stefania Pellegrini ©
Ottobre 2021 -
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Stefania grazie. Non sappiamo cosa possono vivere davvero queste persone ma le tue parole ci donano un riscontro molto veritiero purtroppo. Credo che le loro sofferenze siano molte di più ed è terribile provarle.
RispondiEliminaLa salvezza poi è per pochi invece dovrebbe essere per tutti, anzi non dovrebbero proprio essere così i loro viaggi.
Comunque bellissimo il tuo scritto.
Ti abbraccio forte, ciao Stefania.
Hai ragione Pia, non sappiamo e forse è anche difficile immaginare cosa possano vivere queste persone. Probabilmente scrivendo questo racconto ho fatto un resoconto non veritiero, non si può in poche righe raccontare la loro sofferenza e non avrei neanche dovuto provare a scriverlo. Ma il mio è stato solo un modo per essere vicino alle loro sofferenze. Grazie tante per la visita e la condivisione. Un abbraccio forte a te.
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