C'è una casa, una casa grigia, in mezzo al niente, dove la
vegetazione cresce attorno: disordinata e scomposta, e i ragni vivono
indisturbati, appesi alle loro ragnatele. Tralci incolti d'edera verde,
intrecciati ad altri, polverosi di un bronzo smorto, s'aggrappano alle mura
scrostate, ricadendo su parte delle finestre. E c'è un altro giorno che
s'appresta a nascere, tra i primi rossi chiarori in cielo, in una luce che
inghiotte, salendo, le ombre vaste e diafane.
L'aria di piacevole tepore resta fuori da quella casa dove una donna con il suo gatto conduce una vita piatta e desolata.
Poi, ci sono le ferite. Ferite non rimarginate che sanguinano
facilmente, di quelle che lasciano un segno impresso dentro, un malessere
sordo, martellante. L'apatia, scavatasi un nido confortevole, lì vegeta
indisturbata con gli oggetti nelle stanze, abbandonati alla polvere e
dimenticati.
I giorni felici, l'amore, gli affetti... un'appendice
dolorosa per l’anima appassita della donna ancora giovane che, dopo la morte
del marito, vive solo di ricordi. Per lei le emozioni non hanno un volto, un
nome, affievolite e imprigionate, in un cuore fattosi duro e insensibile a
qualsiasi mutamento, pure a quello delle stagioni che si sommano le une alle
altre senza essere percepite.
Il freddo dell'inverno, il caldo dell'estate, manifestano
fuori i loro umori, la donna sembra non vedere, non sentire, ormai partecipe
del niente nell'inevitabile suo lasciarsi trascorrere, come la casa,
all'incuria e all'abbandono.
Solo il gatto Aramis, dono del marito, porta un po' di luce
nella sua vita.
È giorno inoltrato quando la donna s'accorge dell'assenza del gatto. Non risponde ai richiami, e non è nei soliti nascondigli. Abituata alle sue stranezze, alla sua indipendenza, da subito, non vi fa caso, fino a quando, fuori scema la luce, e cala la notte cupa. Il buio coglie la donna, su una poltrona davanti alla finestra, con lo sguardo perso verso il bosco prospiciente la casa. Si alza per andare in cucina a mangiare qualcosa e sbatte con un piede nella ciotola delle crocchette di Aramis che si spargono sul pavimento, in quel mentre si accorge che il gatto non è rientrato.
Va alla porta, la apre, lo chiama più volte, ma fuori
risponde solo il vento.
Accende il fornello a gas per scaldarsi un po’ di minestra e, tra un
gesto e un altro, ogni tanto continua a guardare fuori nel buio assoluto.
Che può fare? Aspettare ancora, o andare a letto e rimandare al mattino dopo? Fa passare ancora una mezz’ora, poi si infila tra le lenzuola, ma non riesce a prendere sonno e si gira, si rigira, senza trovare riposo. Ogni minimo rumore di fuori la turba, la mette in allarme. Solo adesso realizza di tenere molto a quel gatto, ultimo e unico affetto rimastole, e alla sua presenza silenziosa, ma costante.
Nella notte, un rumore secco la sveglia: una porta, forse una
finestra, che sbatte. Apre gli occhi, si tira su dal letto, e sente il vento che sta
scaricando sugli alberi la sua furia, sbatte le imposte delle finestre, e
ringhia come un cane a cui hanno sottratto l'osso.
Un brivido improvviso, di freddo gelido, le attraversa le reni.
Pare che fuori si siano radunati tutti gli animali del bosco,
diavoli infuriati con la sua anima distante, in attesa di
saltarle addosso.
E se fosse Aramis che cerca d'entrare?
Si precipita giù dal letto. Va alla finestra, blocca meglio
le imposte, poi va alla porta, ma non vede niente e nessuno, a parte qualche
ramo spezzato che vortica a mezz'aria, trascinato qua e là.
È forse in ansia? Non sa spiegarsi quel sentimento insolito che si sta appropriando di lei, che le impedisce di tornare a dormire, distogliendola dalla solita indolenza. Sente il freddo della casa entrarle nelle ossa, va in camera a prendere la vestaglia e se la infila, ma i brividi non passano.
S’aggira per la casa, beve un po' d'acqua.
L’attenzione, in salotto, le cade su un libro: la “Via Francigena”, che spunta da vecchi giornali. Dovrebbe fare un po’ di ordine, se solo riuscisse a togliersi di dosso quell’apatia che la fa vivere in un tempo interrotto. Il libro le risveglia vecchi ricordi, storie di viaggio, d'esperienze che Piero, suo marito, aveva il piacere di raccontarle. Cerca di cacciare le immagini, la voce gioiosa che risuona nella mente e le procura una fitta al cuore. Mette via il libro, prende un sonnifero con un po’ d’acqua e va a letto, sperando di dormire.
Al risveglio è ancora preda di strane sensazioni, il vento però
è scomparso e fuori è tornato il silenzio, ma di Aramis nessuna traccia. La
donna comincia a preoccuparsi seriamente: - “Gli sarà successo
qualcosa? Forse si è azzuffato con un
altro gatto, e ora è ferito e non riesce a tornare.” - E se avesse mangiato qualche boccone avvelenato? Sente una morsa stringerle il petto nel realizzare che potrebbe non rivederlo più, e scaccia subito l’idea.
Apre la porta, fuori è tutto come ogni mattina, eppure c'è qualcosa di diverso, lo sente. Da quanto tempo non varca la soglia di quella porta?
Si guarda attorno, osserva il bosco di faggi e abeti rossi
poco lontano, tende l’orecchio e ascolta. Il silenzio ovatta ogni cosa, e il tepore del
sole la raggiunge, carezzandola timidamente.
E se dovesse perdersi o trovare qualche malintenzionato? Eppure non sarebbe la prima volta… ma allora c'era Piero con lei.
La donna si fa coraggio e prende ad avanzare, ma è titubante.
Prova a chiamare Aramis, prima debolmente, poi più forte.
Aspetta, fa ancora qualche passo… ma niente, dal bosco rispondono
solo gli uccellini.
Il sole le sorride benevolo, e s’accorge ora di quanta luce
arrivi dal cielo azzurro e questo fa la stare improvvisamente bene. Dimentica
le sue incertezze ed entra. Avanza di
qualche passo: i rododendri sono rossi in fiore, e le ginestre nugoli gialli, è
un rigoglio di vegetazione. Pare quasi stupirsi della scoperta, aveva del tutto
dimenticato quanto potesse essere ricca di colori e festosa la primavera.
Si siede su un tronco e lascia che l'ambiente la contagi lentamente. Sente il ghiaccio, il gelo, che ha nel cuore, sciogliersi lentamente, ma forse sta accadendo troppo in fretta, troppo presto. Le sue gambe si fanno dure, qualcosa dentro di lei si mette di traverso impedendole di avanzare.
Resta seduta per un po', forse un’ora, ripassando i ricordi felici, tanti… troppi, e sperando di superare il senso d'impotenza, ma alla fine decide di tornare verso casa.
Un'altra notte insonne, un altro giorno mette fuori i suoi
raggi di luce. Intanto, nel dormiveglia agitato, la donna ha maturato l’idea di
prendere lo zaino del marito appeso al chiodo e tentare al mattino ancora con
il bosco. Il cammino potrebbe essere lungo se dovesse arrivare fino al fiume e potrebbe aver bisogno di un po' d'acqua da bere, di qualche barretta energetica e un maglietta leggera.
La giornata bellissima, i passeri che volteggiano festosi,
la incoraggiano ad inoltrarsi sul sentiero, più decisa, e stranamente leggera.
Di tanto in tanto prova a gridare il nome Aramis, ma le ore
scorrono e del gatto neanche un'ombra. La temperatura sale, la donna prende a
sudare. Si sofferma per sfilarsi la giacca di pile, e beve un po' d'acqua dalla
borraccia che ha portato con sé.
Poi qualcosa di inatteso, di bello, forse da un gioco della sua fantasia... un rumore di passi... una presenza vicina. Allora si gira, si guarda attorno, ma è sola… Che strano scherzo gli fa la mente. In un attimo realizza: Piero... ma no, non può essere possibile. Da quanto tempo non le accadeva più di sentirlo vicino? La percezione si fa più intensa. Le ferite invisibili… la stanchezza, scompaiono e il coraggio la prende per mano. Ora non è più sola.
Quando raggiunge il fiume, sono passate due ore. Si guarda
circospetta, sulla riva solo una barca ormeggiata, simile a quella su cui era
salita con Piero, intorno solo silenzio e colore.
- “Quante storie. Hai visto Sara? Non è stato così pericoloso, e ti è pure piaciuto.” -
Sara si rasserena, inspira a fondo, poi espira come a liberarsi di qualcosa, forse di un groppo che aveva dentro.
Raccoglie una margherita tra l’erba e la mette tra i capelli,
poi si spolvera i pantaloni polverosi, e in quel momento, una farfalla con le
ali rosse e nere le si posa sulla mano.
D’istinto si volta verso la barca… non c’è nessuno, è sola,
ma forse non più, come prima.
DIRITTI RISERVATI
I miei complimenti.
RispondiEliminaBuona domenica.
Grazie!
EliminaComplimenti bel racconto, forse un pò triste ma davvero bello.
RispondiEliminaUn saluto, buon mercoledì pomeriggio e serena continuazione di settimana
Ciao, è un racconto di sofferenza, ma anche di speranza nel finale, di un cambiamento che può portare la protagonista ad uscire dal tunnel del suo isolamento. Grazie tante, buona serata e buona continuazione anche a te.
EliminaBrava, bello davvero il racconto. Certo un cambiamento . . . credo che ora sia necessario per tante persone. Forse più di un singolo cambiamento. Buona giornata
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