giovedì 27 maggio 2021

Le donne nella poesia di Milo De Angelis

“Forse nella punta di una matita, nella punta aguzza e fragile di una matita, c’è il destino della poesia. A questo foglio – la cosa più vulnerabile del mondo – noi affidiamo la nostra verità, la nostra ombra, il nostro segreto, la zona nascosta e ardente della nostra voce, la parte più essenziale della nostra vita.”
Milo De Angelis

Poesia che si fa racconto, biografia, impressione, istante colto da raccontare. Poesia che parla di assenza, di oblio, di perdita, di ritrovamenti.

Milo De Angelis e la sua Milano, sempre presente nei suoi versi:

 - “Ed è Milano: silenzio che chiama le cose, / nostro diritto naturale, la stessa sensazione / degli occhi che cercano un’orbita / finché un passaggio obbligato tra le / macerie / ci porta il battito / oltre l’Idroscalo. “–

La si respira ad ogni passo, in quel senso di appartenenza delle cose al passato, nel dialetto, nei suoi cinema, luogo d’incontro di solitudini, che predilige ai teatri, nelle vie, le periferie, che nomina allo stesso modo in cui chiama per nome gli amici e le sue donne, celebri sportive e non, le varie: Mariarosa, Donatella, Paoletta.

Analizzare la poesia di Milo de Angelis non è il fine di questo post. Mi piace invece portarla alla vostra attenzione sul tema della donna che ho trovato spesso leggendo De Angelis.
Donne sole, inquadrature, raccontate nell’agonismo sportivo o nella pratica del karate, dove un dono a fine gara diventa scambio d’identità, e quindi incontro finalmente pieno, assoluto, totale (Paoletta).
Oppure sulla pedana al lancio del martello (Donatella), la giovinezza troncata, il gesto atletico, lo sfondo milanese, un melodramma, che, in qualche modo, può far pensare a una fiaba, una fiaba metropolitana e contemporanea, con elementi contaminati, ma pur sempre fiaba dolce-amara.

 

PAOLETTA 

Il forte silenzio
gettato sul tuo corpo
mi accompagna in questo paesaggio
di metano e di palestre
ecco il golf di lana spessa
sulle braccia vittoriose
della fanciulla campionessa
la cintura nera sul kimono
l’asfalto imbevuto
di peso buio.
Tutto è ancora qui
nelle segrete espansioni
nella ginocchiera
che ci siamo scambiati
a fine gara: piove sui Fossati
e l’acqua ci sta accanto, l’acqua vera
del battesimo e del pianto
che spense la prima candelina,
quel polso leggero,
quel prendere netto.
Così finisce, così ci si inchina
colpo di grazia
nel corpo benedetto.

 (da Tutte le poesie - Mondadori Editore)




DONATELLA

La danza fiorisce, cancella il tempo e lo ricostruisce
come questo sole invernale sui muri
dell’Arena illumina i gradoni, risveglia insieme agli anni
gli dei di pietra arrugginita. “C’è Donata De Giovanni?
Si allena ancora qui?” “Come no, la Donatella,
la velocista, la sta semper da per lé.”

Mi guardava fisso, con l’antica dolcezza milanese
che trema lievemente, ma sorride. “Eccola, guardi,
nella rete del martello… la prego… parli piano…
con una mano disfa ciò che ha fatto l’altra mano.”
“Chi è costui? Un custode, un’ombra, un indovino…
quali enigmi mi sussurra?” Si avvicinò
a Donata, raccolse una scarpetta a quattro chiodi.
“La tenga lei, signore, si graffia le gambe…
… povera Donata… è così bella… Lei l’ha vista…”

“Forse il punto luminoso della pista
si è avvitato a un invisibile spavento, forse
quest’inverno è entrato nella gola insieme al cielo:
era sola, era il ventuno o il ventidue gennaio
e ha deciso di ospitare tutto il gelo”

“O forse, si dice, è successo quando ha perso
il posto all’Oviesse, pare che piangesse
giorno e notte… per non parlare di suo padre…
i dottori che ha chiamato… mezza Milano”

“Io, signore, sbaglierò, le potrà sembrare strano
ma dico a tutti di baciarla, anche se in questo
quartiere è difficile, ci sono le carcasse dell’amore
c’è di tutto dietro le portiere. Sì, di baciarla
come un’orazione nel suo corpo, di baciare
le ginocchia, la miracolosa forza delle ginocchia
quando sfolgora agli ottanta metri, quasi al filo
e così all’improvviso si avvera, come un frutto”

“Lo dica già stasera, in cielo, in terra, dappertutto
lo dica alle persone di avvicinarsi: ne sentiranno
desiderio – è così bella – e capiranno che la luce
non viene dai fari o da una stella, ma dalla corsa
puntata al filo, viene da lei, la Donatella.”


INQUADRATURA. UNA DONNA SOLA

 Inquadratura. Una donna sola,
nella dolcezza delle nebbie. Viviano. Guarda
il tramonto, mi chiama, ripete giocosa
il filo delle corse, scatta
da porta a porta, da stagione a stagione
ripete in pochi metri il tragitto dei pianeti
e poi ritorna qui, all’ingresso dell’edicola
dove l’ho conosciuta per un soffio, l’ho vista scorrere
tra le date dei giornali, l’ho perduta, ritrovata,
risorta e poi finita e culminante, come una poesia
che rinasce precipitando nel suo bianco.


Sei un lontano passo di danza
mentre saluti tra i corridoi,
un ventaglio di grazia che il male
non ha ucciso, diagonale
tra i quattro cantoni, silenzio
di fate e di foglie, finché il giallo
si fa scuro, si fa minaccia nel cielo,
il sorriso fragile e la gola
resta lì, sospesa e selvaggia. 

 

FORSE VOI

I treni della Certosa restavano lì,
spirituali. Poveri cristi invocavano
qualcosa, forse un dio
delle rotaie, Mariarosa, un aranceto,
un miracolo davvero
segreto univa migliaia di orologi
al fiore delle origini.

 

Milo De Angelis :

nasce a Milano il 6 giugno 1951. E' poeta, scrittore, critico letterario, e traduttore italiano. La sua poesia, come accennavo sopra, è fortemente radicata nella città di Milano, e suoi maestri sono stati i poeti della Linea Lombarda, in particolare Giovanni Raboni, Franco Loi, Delio Tessa, e poi, fra i poeti italiani degli ultimi anni, Piero Bigongiari, al quale ha dedicato la sua tesi di laurea
Insieme ad altri giovani poeti che si riconoscevano nella sua poetica inaugurata da Somiglianze e in un programma di recupero delle tradizioni del simbolismo, del romanticismo e della fiaba, De Angelis fonda nel 1977 la rivista Niebo, che resterà attiva fino al 1980 pubblicando undici numeri. 
Ha tradotto dal francese Racine, Baudelaire, Maeterlinck, Blanchot, Drieu La Rochelle, dal greco di Eschilo e dell'Antologia Palatina e dal latino di Virgilio, Lucrezio, Claudiano. 
E pubblicato le raccolte poetiche: Somiglianze - Millimetri - Terra del viso - Distante un padre - Biografia sommaria - Tema dell'addioQuell'andarsene nel buio dei cortili - La sua ultima raccolta: Incontri e agguati - è del 2015, sempre dello stesso anno l'uscita di - Tutte le poesie 1969 - 2015 - edito da Mondadori.

( dati biografia da Wikipedia)

mercoledì 19 maggio 2021

"Itaca nel cuore", recensione del critico letterario Lorenzo Spurio.

"Abbaglio - illusione
o solo approdi,
tappe del mio andare?"

A cinque mesi dalla sua pubblicazione,  ITACA NEL CUORE è una raccolta di poesie che muove i sui primi passi, cerca la  strada, lettori che la scoprano e si interessino a lei. E' come una piccola nata,  bisognosa di attenzioni, sbalzata alla ribalta del mondo poetico senza ben sapere come fare per essere letta e magari apprezzata. Ma lei non si abbatte e va avanti per la sua strada, fiera di quei lettori che l'hanno sfogliata e letta, a volte immedesimandosi nel suo pensiero e forse anche sognando un po' - "Ancora salperò!"

Tra questi c'è il critico letterario Lorenzo Spurio, nonché poeta, scrittore, Presidente dell'Associazione Euterpe, che le ha dedicato tempo,  l'ha letta con attenzione, e ci ha restituito un quadro analitico, profondo, molto interessante. 

Di seguito la recensione:

Stefania Pellegrini, Itaca nel cuore, CTL Editore, Livorno, 2020.


Recensione di Lorenzo Spurio

 Vorrei

giungere in vista di Itaca,

sentire la tua mano sulla guancia,

come rugiada nel cuore d’una rosa (97).

 

"Di recente pubblicazione è la nuova raccolta di poesie di Stefania Pellegrini, autrice nata in terra d’Irlanda e da tanti anni residente nei pressi di Aosta. Non si tratta della sua opera prima e numerosi suoi testi sono già apparsi in rete, soprattutto sul suo sito personale «Parole Nomadi», su varie uscite della rivista di poesia e critica letteraria «Euterpe», nonché su antologie di premi letterari.

Il nuovo volume, edito per i tipi di CTL di Livorno, porta il titolo di Itaca nel cuore e già da questa definizione che richiama il mito classico – e con esso il mistero del viaggio – compendiamo che il percorso che la Nostra ci propone d’intraprendere immergendoci nelle sue liriche ha qualcosa d’analogo a un itinerario odeporico vale a dire di quella letteratura di viaggio che non è semplice cronaca di trasbordi e viaggi fisici quanto – ben più spesso e in forme ancor più profonde – di carattere esistenziale e interiore.

La Pellegrini ha deciso di suddividere il copioso materiale poetico che qui trova posto in varie sotto-sezioni che, in realtà, appaiono più come delle vere e proprie micro-sillogi che possono essere concepite, lette e dunque fruite nella loro singolarità: sono autosufficienti ai contenuti e complete e non necessariamente debbano trovare riflesso e collegamento con le altre sezioni. Ed è la stessa Autrice a chiarire nella nota introduttiva del volume quella che è stata la sua intenzione alla base di questa necessaria e ben condotta cernita di titoli e relativa catalogazione in sottogruppi. C’è una prima sezione che porta il titolo “La forma dei giorni”, enunciato nel quale non facciamo difficoltà a percepire l’intenzione della Nostra di volersi riferire a quegli aspetti della vita odierna, agli ambiti colloquiali e transeunti dell’uomo contemporaneo, in balia tra pensieri e ossessioni, a volte ostaggio di incomprensioni, altre pervaso da moniti di fuga e sempre – comunque – fortemente attraccato alla vita concreta nella quale la Nostra ritrova il senso delle cose in circostanze di meditazione, pausa, riflessione, ricerca di sé e attribuzione di significati all’essenziale che ci contraddistingue.

A rivelare questo (possibile) atteggiamento sono i titoli stessi delle poesie che si trovano contemplate in questa prima parte: “Sono così oggi”, “Cambiare prospettiva”, “Mia solitudine”. Sono, in effetti, testi particolarmente intimi in cui l’interiorità della Nostra viene offerta al lettore non tanto perché ne faccia testamento proprio quanto perché, senza difficoltà né superfetazioni, può ritrovarcisi egli o ella stessa. Pensieri, dubbi, divagazioni, riflessioni e rievocazioni, ma anche memorie, ricordi che riaffiorano, promesse, visioni incantate o comunque piacevoli (non sempre in linea con l’animo dell’io lirico) fanno da sfondo a questi componimenti. Penso anche a testi quali “E nasce il giorno” e “Il mare”.

D’altro canto non possono – né devono – passare inosservati gli scambi lirici nei quali la Nostra tematizza la vita nella forma del percorso, tramite l’allegoria del viaggio, metafora nota del cammino dell’uomo, viandante in terre che non conosce, scopre, caratterizzato da continue dislocazioni per ragioni dettate da aspetti pratici della vita. Si pensi ai componimenti “La locomotiva”, “Andata-ritorno” ma anche “In quell’andare” e “Il viaggio” dove questo si fa particolarmente palese..."


Segue su: BLOG LETTERATURA E CULTURA di Lorenzo Spurio

Il libro si può acquistare sui principali store di internet, presso la CTL Editore di Livorno o richiedendolo direttamente a me tramite messaggio.

Potete raggiungere il mio blog di poesie "Parole nomadi" - cliccando qui