Paul Chabas
Buona lettura.
Rientrata a casa, Giovanna poggia le chiavi al solito posto ed estrae dalla borsetta la busta tutta stropicciata che porta sempre con sé. Pensieri contrastanti le attraversano la mente, gli ultimi avvenimenti le hanno lasciato in testa solo tanta confusione. Entra in soggiorno e si lascia andare sulla poltrona in pelle, vicino alla finestra. Vorrebbe dare un nome alle emozioni che sente sgomitare dentro di lei, è agitata. Ha imparato a mentirsi, a raccontarsi che va tutto bene, ma adesso non basta più. Il peso della solitudine le pesa enormemente benché cerchi di riempire con i propri ricordi il vuoto e il silenzio delle sue giornate.
Ha un passato di
sacrifici alle spalle, la vita non è stata benevola con lei e troppo presto le
ha sbattuto in faccia tante responsabilità.
Dopo pochi anni di matrimonio suo marito ha un infarto e muore, e si
ritrova sola con una bambina di tre anni da crescere. È giovane, inesperta e
dovrà imparare a gestire la casa, il lavoro, e la figlia allo stesso tempo, con
le rate del mutuo della casa da pagare e il senso di vuoto, di smarrimento e di
rabbia di certe giornate. Non sarà facile con il suo solo lavoro di contabile.
Attraverserà momenti di sconforto ma la sua innata determinazione e forza
interiore, e la presenza della figlia, l’aiuteranno a non crollare. Saranno
anni difficili, lunghi e faticosi in cui non potrà permettersi un abito nuovo e
dovrà rinunciare a un cinema o a un teatro da sola, ma riuscirà a cavarsela.
***
Gli anni passano e Giovanna si convince che presto Sonia potrà
ricompensarla dei tanti sacrifici fatti. Vede che ne è valsa la pena, perché sta
diventando una musicista promettente.
La ragazza ha pressappoco ventuno anni quando s'allontana da casa,
ed è Giovanna a organizzare tutto, intenzionata a farle avere un'ulteriore
preparazione all'estero.
Non pensa ai tre mesi che passeranno separate, al distacco che dovranno affrontare. “In fin dei conti cosa sono tre mesi?
Passeranno in fretta e poi ho solo lei, non posso negarle questa opportunità.”
L’attesa però, la lontananza, scaveranno in lei un vuoto difficile
da colmare e ciò che avverrà dopo avrà un impatto non indifferente sulla sua
vita: l'ansia per le rare e brevi telefonate della figlia, gli stati di angosce
da controllare... i silenzi. Silenzi, a volte insopportabili, incontrastati,
così intensi da farle temere di inghiottire i suoi stessi respiri, compressa
tra la routine monotona e solitaria di: casa – lavoro, lavoro – casa. Sarà un
periodo lungo, interminabile, di continue sollecitazioni emotive che
contribuirà a mettere a dura prova il suo equilibrio psichico.
***
Da un po’ di settimane la donna si
sveglia nel bel mezzo della notte e fatica a riprendere sonno… Sono risvegli
lunghi, a volte di ore, in cui sopraggiungono i pensieri del giorno che il buio
della notte ingigantisce e trasforma in angosce. Prende appuntamento con il suo
medico, ha bisogno di qualcosa, non può andare avanti così, durante il giorno è
sempre stanca e ha problemi anche a lavoro. Errori, dimenticanze sono spesso
all’ordine del giorno. Ha preso ferie e alle nove è fuori casa.
In sala d’attesa trova ancora tre
persone prima di lei, il medico è in ritardo sugli appuntamenti. Per farsi
passare il tempo si mette a sfogliare distrattamente una rivista. Poi però legge
qualcosa che la turba e sente formarsi un nodo in gola che le dà la sensazione
di soffocare. Ha bisogno di aria pura. Si alza dalla sedia, rimette la rivista
sul tavolino ed esce dallo studio. Fuori gli alberi del parco sono già in
fiore, gli uccellini cinguettano e svolazzano allegramente, i bambini sui loro
passeggini, qualcuno passa fischiettando in bicicletta, tutta quella vita che
ruota attorno a lei la fa sentire meglio. Respira a larghi polmoni cercando di
interiorizzare il benessere che sente, d’improvviso realizza: è primavera, il
miracolo della rinascita. Anche all’inverno più buio e lungo segue sempre lo
splendore della luce e forse è arrivato anche per lei il momento di
accoglierlo, di lasciare che il suo tepore sciolga il gelo della sofferenza.
***
Ora a casa apre il foglio stropicciato che ha estratto dalla
busta, e lo rilegge per l'ennesima volta.
“Cara mamma,
cercherò
di spiegarti il mio stato d'animo e spero capirai. Questi mesi trascorsi lontano
mi hanno aiutato a capire molte cose, in particolare quello che sto cercando,
quello che voglio fare della mia vita.”
Il profondo disagio è
ancora lì come ogni volta quando rilegge quelle righe. Forse ha solo bisogno di tempo. Deve metabolizzare ciò che ha
scoperto, estirpare il tarlo che la rode dentro. Deve provarci… distaccandosene
mentalmente.
Come si fa però a liberarsi dei
sensi di colpa? Hai un bel dirti: non si possono controllare gli eventi, le
cose accadono e basta, vallo a far capire al tuo cuore.
Ora è anche più spaesata, anche la tristezza è ancora lì, la
sente…dentro di lei come prima. Prova a dirsi:” Devi fartene una ragione” ma
tra il dire e il fare, come si suole dire, c’è di mezzo il mare… e una
traversata lunga e travagliata.
****
Giovanna legge con sofferenza:
“Era un tuo sogno ed io ti ho assecondata, pensando,
illudendomi, che fosse anche il mio.” Le rinfaccia di aver
cercato di influenzarla… e aggiunge di non voler più suonare il violino… sta cercando altro, sta cercando se
stessa ed è decisa a ricominciare da capo.
Ogni volta è sempre la stessa
sensazione… sono parole che fanno male e le procurano fitte al cuore. Non c’è
verso, come si fa a capire? Forse deve imparare ad accettare, eppure non è
facile voltar pagina, metter via rabbia e sconcerto. L’ha protetta, le ha dato
tutto quello che era in grado di darle per vederla felice e a questo punto
forse anche troppo...
La verità, si sa, a volte può
far molto male, soprattutto se non si è preparati a sentirla e si è ancora confusi
come Giovanna. Non sempre gli errori sono così visibili agli occhi, quando c’è
di mezzo l’amore.
“Cosa ho fatto, l’ho cresciuta con
il paraocchi per non accorgermi che non voleva diventare una violinista? Eppure
pareva così felice quando suonava. A Parigi deve essere successo qualcosa, sì,
deve essere così, non può essere altrimenti. Magari il master era troppo
difficile e Sofia per vergogna non ha avuto il coraggio di dirmelo.”
Al conservatorio aveva ottimi
voti, l'insegnante, era molto contento del suo profitto e le diceva spesso: -
“Sonia diventerà una brava violinista”. - E lei in quelle parole ci aveva
creduto, nutrendo speranze e vagheggiando per la figlia un futuro pieno di
successi. Aveva lavorato sodo e certe volte era stato duro farlo da sola, ma
mai una volta le erano pesati i sacrifici, le rinunce, che aveva dovuto fare.
Sofia doveva diventare una brava violinista.
E poi cosa era successo? Il suo castello di carta era crollato su se
stesso.
Ora però comincia pian piano a capire… si è
riempita la testa di illusioni e ha ritagliato attorno alla figlia una vita non
sua.
“Se solo non avessi insistito,
adesso lei sarebbe ancora qua. Invece l’ho lasciata partire per Parigi e adesso
sono sola.”
Sonia non voleva andare: - Mamma
tu hai già fatto molto, adesso è arrivato il momento che io cammini con le mie
gambe, vedrai troverò ben un’occupazione. - Invece sorda e cieca, Giovanna
aveva visto in quel master un futuro promettente e l'aveva convinta ad
accettare.
Non poteva immaginare quello che sarebbe
accaduto dopo. Fiduciosa aveva contato i giorni, le ore, in trepidante attesa,
sognando sul rientro a Milano e sul tempo che avrebbero ripreso a vivere
insieme. Ma quando era arrivato il momento Sonia non si era imbarcata.
All'aeroporto di Malpensa, sul volo da Parigi era scesa solo Emma, l’amica che
le avrebbe consegnato la busta con la lettera.
Sonia non aveva trovato neanche il coraggio di spiegarsi a voce,
giustificandosi nella lettera con il timore di una sua reazione, e la paura di
essere dissuasa da ciò che aveva in mente. Vuole farcela da sola, le scrive, ha trovato
un lavoro da cameriera in un bar che le permetterà di avere di che vivere per
un po’.
****
Da quel venerdì a Milano passano
giorni, mesi: lunghi, interminabili, di nuovo nell'attesa snervante, logorante,
di un ripensamento, di una telefonata.
Il dolore vivo, lo stesso del giorno prima, e di quello ancora
indietro, è forte, prepotente. Certi giorni lancinante in petto, serrato,
raggomitolato su se stesso.
Giovanna è una donna ancora giovane, bella ma fragile che, da un
po’ di tempo, non si prende più cura di se stessa. Tra i suoi capelli, un tempo
rossi e lucenti si sono infiltrati fili argentanti. In ufficio qualcuno dice
che è piacevole stare con lei, sa essere ironica e spiritosa, ma non ha più
vivacità, luce nello sguardo, la sua è una faccia rassegnata. Una piega amara
le segna la bocca e un velo di tristezza le attraversa gli occhi.
Nella lettera Sonia le prometteva
di farsi viva, di aggiornarla via via sugli eventuali sviluppi, appena si
sarebbe sentita pronta. La donna però non ha ben compreso cosa intenda con quel
“sentirsi pronta”, ma non gli dà peso, e attende trepidante sue notizie.
Invece in sei mesi riceve due sole
cartoline, poche righe in cui la figlia le comunica solo di stare bene. Poi più
niente e lei vive quei mesi e quell’assenza assillata dai tarli che le girano
in testa: “Sonia non farà più la violinista… Sonia non suonerà in un'orchestra…
Sonia non ha più bisogno di me, vuole farcela da sola… e ora che faccio? Non mi
resta più niente, anche i miei sogni sono andati, si sono dissolti come fumo. “
È delusa, profondamente delusa:
dopo tutti i sacrifici che ha fatto per lei... Un sentimento misto a rabbia e
impotenza prende a logorarla dentro portandola vicino a un forte esaurimento
nervoso. Soffre di frequenti mal di testa, non ha voglia di fare, e spesso si
assenta da lavoro per malattia. Passa le sue giornate a guardare le fotografie
della figlia.
Poi prova a reagire e si mette a
cercarla, seguendo le poche informazioni in suo possesso. Chiede aiuto a dei
conoscenti, va personalmente a Parigi, ma di Sonia non trova tracce e deve
arrendersi all’evidenza, rassegnarsi. Il dopo non sarà facile, dovrà
imparare giorno dopo giorno a inventarsi un modo per andare avanti.
****
Poi questa mattina, nella sala
d'attesa del suo medico curante, dopo un anno e mezzo, l'articolo sulla
rivista. Porta la data di due mesi prima, e parla dell'inaugurazione di una
mostra di pittura di una giovane promettente artista italiana, in un paese
vicino a Parigi.
Subito il pensiero di Giovanna
corre a Sonia. Chissà dove si troverà, e se starà bene? Poi mentre va avanti
nella lettura le sale un dubbio, non sa spiegarsi la curiosità, qualcosa dentro
di lei si agita e un fremito l’attraversa tutta.
Legge l'articolo con il cuore in
gola, volta la pagina e vede la foto: un volto, quel volto. I capelli biondi
lunghi, la struttura esile, gli occhi verdi grandi, espressivi, i suoi occhi...
e sotto legge il nome e cognome. Non può essere. Invece è così… è proprio lei,
e sorride radiosa. La rabbia, il rancore, covati fino ad allora, si sciolgono
alla luce di quelle righe. Si sente sollevata, sua figlia sta bene e ora non le
importa più se ha scelto la pittura alla musica, anche se in qualche modo ne
resta colpita.
“Sonia è una pittrice… Allora non ho proprio capito niente di
lei.” Da piccola le piaceva dipingere,
oh sì lo ricorda, ma qui si tratta di ben altro e a giudicare dall’articolo è
pure brava.
Adesso è lì davanti a lei e potrebbe
raggiungerla, prende a fantasticare. E, mentre rientra a casa, immagina il
momento in cui la riabbraccerà, alle cose che si racconteranno.
****
Giovanna ora appoggia la lettera
di Sonia che ha appena riletto sul tavolo e cerca di analizzare i fatti con
distacco e più lucidità.
La stanza è avvolta nella
penombra, fuori ha preso a piovere, una pioggerellina fitta e silenziosa.
Domani potrebbe tornare allo studio medico e riprendere la rivista per
annotarsi il nome del paese dove è avvenuta la mostra, potrebbe… Poi però pensa
che Sonia ha l'indirizzo di casa e se fino ad adesso non si è fatta viva, con
una lettera o una telefonata, è perché non vuole farlo. Forse teme un suo
giudizio, forse di sentirsi chiedere di tornare. Vai a capire, solo Sofia può
saperlo.
È combattuta e piena d'amarezza, ma
capisce che deve cercare di comprendere quel silenzio, di trovare una ragione
nella scelta della figlia.
Si alza dal divano e va in cucina a prepararsi il pranzo. Sonia un giorno tornerà e lei sarà lì ad abbracciarla, ma ora deve smettere di attendere. Nell’attesa non c’è vita e lei invece ha bisogno di tornare a vivere.
Stefania Pellegrini ©
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RispondiEliminaPer noi genitori non è proprio facile lasciarli andare per la loro strada.
E poi c'è da dire che i figli capiscono solo gli scappellotti, è evidente!
😀
Buona giornata.
RispondiEliminaPer molti, troppi genitori è davvero difficilissimo lasciare andare i figli per la loro strada. Ed in effetti a volte i figli capiscono solo quello che vogliono capire. Bel racconto, buona domenica e serena nuova settimana in arrivo
RispondiEliminaChe bello e veritiero è il tuo racconto Stef.
RispondiEliminaFaccio a te e ai tuoi cari tantissimi auguri di buon Natale, abbraccio!
Buon Natale a te e a tutti coloro che porti nel cuore.
RispondiEliminaAnche i figli è giusto che seguano i sogni dell'anima...della loro anima. Bellissimo racconto! Un abbraccio
RispondiEliminap.s. Spero tutto bene
Ti ringrazio Giovanna per la visita, mi fa piacere trovare ancora qualcuno che passa di qua. Purtroppo il mio tempo negli ultimi tempi è stato assorbito da altro e sono un po' stanca. Spero di ritrovare la voglia di riprendere a pubblicare. Un abbraccio
EliminaGrazie ad Alberto, a Giancarlo, ad Arwen, a Sciarada per gli auguri. Grazie di cuore a tutti voi per l'attenzione e per aver lasciato un segno del vostro passaggio. Vi abbraccio
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