" E' facile accettare e amare qualcuno uguale a noi. Ma quando è diverso? Considerare il dubbio può essere già un'apertura alla tolleranza."
BUONA LETTURA
Esisteva
molto tempo fa, in un paesello… una chiocciola gigante dal guscio robusto come
quello della tartaruga, malandata, vecchia e sola.
I
suoi simili e spesso anche gli umani, la prendevano in giro per la sua mole
fuori dal normale e non mancavano di farle scherzi, a volte anche pesanti, e di
beffeggiarla con nomi offensivi.
Così
umiliata e depressa, un giorno, dopo aver sopportato angherie di ogni genere,
riuscì a trovare il coraggio di abbandonare quel luogo inospitale. Non sapeva
dove l’avrebbe portata il viaggio, ma l’importante era andarsene.
La
giornata primaverile luminosa e calda, di quelle che fanno presagire l’arrivo
imminente dell’estate, non era proprio l’ideale per lei, ma la decisione era
stata presa e non voleva più rimandare.
In
cerca di un po’ d’ombra e di umidità, prese il sentiero alberato che costeggiava dei campi di colza. La distesa gialla baciata dai raggi solari, che
si stendeva per chilometri, ondeggiava davanti ai suoi occhi. Ne fu
piacevolmente impressionata e si soffermò estasiata ad ammirare lo splendido spettacolo.
L’ora
prossima al tramonto conciliava il tutto, sentì che l’avvicinava alla
grandezza insuperabile della natura, e fu orgogliosa di farne parte. Una piccola cosa in mezzo a quel paradiso, ma era pur qualcosa, a modo suo anche lei contribuiva all'armonia del tutto. Per sua fortuna non c’erano umani in giro, ma
una vocina le suggeriva comunque di avanzare e con fare circospetto riprese il
cammino, anche se, così facendo, doveva strascicare maggiormente la sua
camminata.
Non
conosceva ciò che avrebbe potuto incontrare e si portò lungo il ciglio del
viottolo vicino a dei grossi cespugli, e a un piccolo canale usato per irrigare
i campi, in modo da stare al fresco e di mimetizzarsi con il fogliame qualora
avesse fiutato un pericolo.
Diffidava
di chiunque: animali o uomini che fossero, le esperienze negative, avute in
precedenza, le dicevano di evitarli, perché da loro potevano arrivare solo
guai.
Ricordava
ancora con ansia la volta in cui un bambino l’aveva presa a bastonate e ne era
uscita incolume grazie al suo robusto guscio e all’intervento di una donna che
aveva richiamato il bimbo.
Non
poteva certo negare di non aver avuto paura, in quella situazione, alla mercé
del discoletto, senza mezzi con cui difendersi e per giunta incapace di
potergli sfuggire velocemente. Purtroppo era consapevole dei suoi limiti e vi
poneva rimedio cercando di essere molto accorta e prudente.
Un’altra
volta, invece, era stata colta alla sprovvista da un rapace, su uno spazio
esterno, vicino a una cascina. Anche allora ne era uscita senza un graffio, ma
solo grazie al fatto che l'uccello era stato distratto da una preda più vicina:
un rettile che strisciava tra l'erba.
Ciò
però non le aveva evitato di assistere con terrore alla caccia, bloccata dallo
spavento, e di vedere Il rapace avventarsi rapido sopra la preda, afferrarla
con gli artigli e portarsela via. Pochi secondi, ma un'eternità per lei che
s'era immaginata già sotto quegli artigli, ormai spacciata.
Un
brivido l'aveva attraversata tutta, e dall'emozione aveva rilasciato sul
terreno una lunga scia di bava argentea iridescente. Il rapace per sua fortuna
non era tornato indietro e ciò le aveva permesso di portarsi vicino a un
cespuglio e di nascondersi.
Memore
di queste esperienze stava attenta a tutto quello che si muoveva attorno a lei,
anche il vento che agitava le foglie poteva essere un potenziale pericolo e
metterle ansia.
***
Striscia,
striscia, passarono i giorni, i mesi. Nessun luogo le trasmetteva sicurezza, e
così andava avanti, giorno dopo giorno un po’ più avanti. Il corpo, però,
produceva sempre meno bava e a ogni movimento le ricordava i suoi limiti.
Presto avrebbe dovuto fermarsi, stava consumando troppe energie.
Un
pomeriggio, mentre pensava tra sé a sé a come fare per riprendersi dalla
stanchezza, udì una musica allegra, forse prodotta da una fisarmonica o da un
organetto.
Proveniva
da una radura in mezzo a una pineta, circondata da mura in parte
diroccate, presumibilmente i resti di una vecchia cascina abbandonata. Era
davanti a lei, poco più avanti, alla sua destra, e il buon umore cominciò a
contagiarla piacevolmente, oscurando paura e prudenza.
Qualcosa
dentro di lei le diceva di andare avanti, di non avere paura e così,
strisciando lentamente verso la musica per una buona ora, arrivò con fatica
davanti una porticina mezza aperta, che pareva condurre verso un interno.
Benché non riuscisse a vedere oltre, non si lasciò intimorire.
Aveva
bisogno di riposare, di recuperare le forze, e di soffermarsi a
mangiare qualcosa, magari una foglia di insalata, o dei lombrichi. Così, ormai quasi allo
stremo, superò la porticina e si trovò in un largo spazio davanti a una
piazzetta con una fontana centrale in ferro battuto. Pareva un paese in
miniatura, era pavesato di lampioncini colorati appesi ad alberi di ciliegie
selvatiche, come tanti festoni e affollato di animali che cantavano, giocavano tra
loro come grandi amici.
Era
entrata in un mondo fantastico e felice, mai visto prima di allora e sperò che
non si ripetessero le scene che sempre accoglievano il suo passaggio. Ma non ebbe tempo di formulare altri pensieri
che, già, un grillo l'avvicinò per darle il benvenuto:
-Ciao, sono Chris, il grillo canterino, senti? - si mise a frinire e a ogni cri-cri le ali
muoveva, vibrando.
La
chiocciola lo guardò ammirata, e non trovò parole per commentare, non aveva mai
visto qualcosa di simile.
-Ti piace, eh?
- proseguì il grillo
-Aspetta, ti
presento agli altri. A proposito, tu come ti chiami? -
-Non ho un
nome, rispose l'altra, tutti mi chiamano la chiocciola gigante, e basta. -
-Te lo do io
un nome, per noi da oggi sarai: Benvenuta - E, così dicendo, chiamò gli animali
nelle vicinanze per fare le presentazioni. Accorsero alcuni gatti bianchi tigrati neri, una
volpe, due lupi, dei topi, diversi passerotti e un colibrì che l’accerchiarono
festosi, accogliendola con interesse e curiosità.
***
Una
grande festa in suo onore fu subito organizzata per la sera.
Le
furono fatte domande sul luogo di provenienza, e anche su ciò che c'era al di
là di quelle mura, perché nessuno dei presenti le aveva mai superate, non
avendone avuto la necessità. In quella piccola comune si viveva senza correre
alcun pericolo, nessun animale e umano mal intenzionato vi si era mai
avvicinato e si respirava un’aria di leggerezza e allegria.
Grande
fermento quel giorno, in particolare: presto sarebbe stato il compleanno del
gatto Fred e ognuno avrebbe dovuto dare il proprio contributo per allestire un
banchetto con tanto di festa in suo onore.
In
quelle occasioni si organizzavano giochi, tornei, spettacoli teatrali. Si
preparavano bevande, piatti golosi con le piante che crescevano attorno e si
raccoglieva l’acqua da un piccolo ruscello che scorreva a sud della radura. Da ogni parte quindi, c'era animazione e
buon umore.
Alla
vista della chiocciola due topini l’avvicinarono lesti, lesti. Non avevano mai
visto una chiocciola così grossa, e pensarono sarebbe stato bello giocarci
insieme. Gli salirono subito in groppa e presero a rincorrersi festosi sopra il
guscio.
Bastò
poco per fare amicizia, e sciogliere quella scorza protettiva di diffidenza
che l’aveva sempre accompagnata. Riuscì
persino a parlare un po' della sua vita precedente e non trascurò di elencare
tutti i suoi crucci, le sue insicurezze, il suo sentirsi inutile. Ebbe modo di
raccontare che gli altri le dicevano sempre che era solo di impaccio così grossa e
soprattutto buona a nulla perché troppo lenta. Una chiocciola inutile che non
avrebbe mai concluso niente nella sua vita.
I
topini cercarono di rassicurarla e di convincerla che la grandezza e la sua lentezza
non costituivano un problema, ognuno doveva accettarsi per come era, e non
erano certo gli altri a decidere come dovesse essere.
-Tu
sei unica, cara Benvenuta, nessuno è uguale a te e quindi sei speciale. – E
proseguirono, dicendo: Vedi, sono “gli altri”, quelli che ti hanno presa in
giro, ad avere il problema, perché non tollerano, e rispettano la diversità. Non
sanno cogliere la bellezza che deriva dall’imparare a guardare il mondo con
occhi nuovi. -
Poi
si misero a confabulare tra di loro e mentre la chiocciola ripensava alle loro parole,
i due topini si accordarono sul dar farsi. Benvenuta aveva bisogno di lasciarsi
alle spalle le brutte esperienze, doveva dimenticare e ci avrebbero pensato
loro usando un po’ di fantasia. Solo così sarebbe tornata serena. E poi erano
ansiosi di dimostrarle la loro simpatia. Allegri, vivaci e un po' sbruffoni, di
fantasia loro ne avevano da vendere.
Ci
pensarono un po' su, ma non ci volle molto perché se ne uscissero con un'idea,
a loro dire, geniale.
-
Attacchiamo una slitta davanti al tuo guscio, le dissero, in giro di legna ne troviamo. Quattro
assi incastrate tra loro e il gioco è fatto. Dopodiché ci saliamo sopra e ti
trainiamo. -
- Vedrai ci
divertiremo un mondo. –
-E poi
potrai aiutarci a pulire un po’ attorno, qua ce n’è sempre bisogno e ci sarà anche
da eliminare le foglie che cadranno dagli alberi in autunno. Vedrai, non ti
annoierai. -
La
chiocciola solleticata dalle novità, ne fu entusiasta, trovò l’idea del
carretto geniale. Sarebbe stato davvero un bel modo per divertirsi e divertire
gli altri e soprattutto ora poteva essere utile a qualcuno.
Finalmente
aveva trovato un luogo dove sarebbe stata rispettata e apprezzata per quello
che era. Capì che non c’era niente di male ad essere diversa.
In
fin dei conti un po’ tutti, a modo loro, erano diversi.
Stefania Pellegrini ©
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