Vilhelm Hammershoi
Questo racconto, che fa parte della mia raccolta "EVASIONI TRA LE RIGHE" CTL Editore, è già apparso su questo blog un po' di anni fa. Mi fa piacere riproporvelo nella sua veste definitiva.
Buona lettura.
“Solo con le prove si può confutare una teoria”, e lei non ne aveva. Ma come procurarsele?
Impermeabile grigio, ombrello nero, cappello calato sulla testa, appena la donna lo vide girare l’angolo pensò: è lui. Tre giorni che passava in strada, sempre vestito allo stesso modo, e lei non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
C'era qualcosa in quella figura che la incuriosiva e proprio non la convinceva.
Sarà stato l'impermeabile indossato con il sole alto in cielo, o il borsalino nero calato sul volto, o forse il passo in qualche modo circospetto.
Ma sì... il cappello, era quasi certa fosse quello, la metteva nell'impossibilità di vedere bene l'uomo in faccia e la portava a immaginare tutto e il contrario di tutto.
Si dice che la curiosità sia femmina, mettiamoci pure l’età avanzata, l'inoperosità dell'anziana, la vista scarsa, e il quadro è completo.
Ultra ottantenne e sola, gambe un po' ballerine, passava gran parte del suo tempo a seguire la vita dalla finestra dell'alloggio che apriva sulla strada trafficata.
Non usciva quasi più di casa, così una vicina si occupava di comprarle il pane e il garzone del supermercato a fianco le portava le poche altre cose di cui aveva bisogno.
Ne aveva tempo per pensare, e sì ne aveva fin troppo per fantasticare, anche su fatti che altri potevano trovare insignificanti.
Un ladro? No, pensava, non è il comportamento di un ladro.
Che interesse avrebbe a passare ogni giorno e sempre alla stessa ora?
E se stesse tenendo d'occhio le abitudini degli inquilini di qualche alloggio vicino?
Oddio, devo vigilare.
Ma no, non ha l'aspetto di un ladro.
Però potrebbe essere l'amante di una donna sposata che incontra quando il marito non è in casa... ma sì sposata, altrimenti che motivo avrebbe per camuffarsi in quel modo. La faccia nascosta dal cappello... l'impermeabile... e l'ombrello poi, con il clima mite di questi giorni… non sono certo adeguati.
Si complimentò con se stessa, questa sì che era un'ipotesi plausibile.
Ma l'amante di chi?
Conosceva un po' tutti nel vicinato e per quanto cercasse di ricordare, non le veniva in mente nessuna donna su cui puntare il dito, tutte madri di famiglia e non proprio giovani.
Eppure... eppure, non l'aveva mai visto da quelle parti prima.
Più pensava e ripensava, ripassava ogni dettaglio colto in quei brevi minuti, più si convinceva fosse un personaggio strano.
Era certa avesse qualcosa da nascondere. Ma cosa?
Congetture dipanava nella mente, semplici deduzioni che trovavano terreno fertile nella sua fantasia. Quell'uomo aveva fatto colpo su di lei, non c’erano dubbi. Dopo la prima volta, era già in grado di distinguerlo in mezzo ad altre persone, e a darne anche una descrizione, se fosse stato necessario.
Magari, non sarebbe stata delle più dettagliate. Spalle un po' curve in avanti, gamba destra all’apparenza rigida, trascinata leggermente, fisico un po' allampanato e slanciato, aspetto di una certa eleganza, questo avrebbe detto… e i lineamenti del viso invece, l'espressione, il colore degli occhi per esempio, quello dei capelli?
Giovane o anziano…? Lei avrebbe supposto di mezza età, un uomo ancora attraente, con un che di misterioso nello sguardo.
Sapeva di non avere tutti i dettagli per la sua radiografia, ma non disperava e poi le piaceva quell’appuntamento giornaliero, stare alla finestra la faceva sentire attiva, partecipe della vita degli altri. Era come se quelle vite diventassero anche un po’ sue.
Alle dodici di ogni giorno si metteva davanti ai vetri e aspettava di vederlo passare, ansiosa di cogliere ulteriori elementi che la orientassero nelle sue teorie.
L'uomo sopraggiungeva poco dopo, sempre dalla stessa direzione, e lei ne distingueva subito la figura tra i passanti numerosi a quell'ora. Sbucava da una stradina laterale alla sua sinistra, le passava davanti e scantonava due minuti dopo per Via delle Rose.
Furono giorni pieni quelli per lei sempre così sola. Passarono in diversi a salutarla e fu presa a fare mille supposizioni, così dimenticò di parlarne con la vicina che le portava il pane, ma forse non l'avrebbe comunque fatto, per non essere scambiata per una vecchia matta.
Lo dicevano spesso su C.S.I, la serie che guardava in Tv: “Solo con le prove si può confutare una teoria”, e lei non ne aveva. Ma come procurarsele?
Poteva sempre scendere facendo finta di incrociarlo per caso, ma con le sue gambe un po’ ballerine come l’avrebbe messa? E se fosse caduta dalle scale e si fosse fatta male? Va be’ c’era sempre l’ascensore, ma quelle non chiedevano il permesso… potevano mancarle in qualsiasi momento. E poi, cosa gli avrebbe potuto dire?
Mica chiedergli chi era e perché passasse proprio di là sotto? Sarebbe stato indelicato e poi chiunque è libero di percorrere la strada che vuole.
L'anziana fantasticava da mattino a sera, passando da una congettura all'altra, ma questo non la aiutava molto.
Il quarto giorno non vide il suo uomo, il quinto di prima mattina, una vicina passò a trovarla per bere una tazzina di caffè, come faceva spesso.
Momenti preziosi quelli, per parlare un po', e trascorrere una mezz'ora in compagnia ad aggiornarsi sugli ultimi accadimenti del vicinato.
Soffriva per non essere più attiva come una volta, ma gli anni erano quelli che erano e pesavano notevolmente sul suo fisico. Aveva sempre dolori alle giunture, le gambe la sorreggevano poco e anche i suoi movimenti si facevano ogni giorno più lenti. Ma la mente, ah no, quella ancora funzionava bene, almeno lei ne era convinta. La teneva attiva leggendo, parlando con i vicini che passavano a trovarla o facendo i cruciverba, e soprattutto stando alla finestra a osservare le persone in strada.
Fra tutti, questo era il suo passatempo preferito perché l’aiutava a scacciare la solitudine che a giorni aveva dentro come un malessere sottile di inutilità. Lei conosceva bene quel disagio, era come sentirsi una sedia vecchia, rotta e abbandonata in un angolo.
Rimasta vedova molto giovane, con un figlio ancora da crescere, aveva imparato presto a riconoscerla e se nei primi anni c’era stato altro a cui pensare e si era limitata a un’idea passeggera, dopo invece, quando il figlio ormai adulto aveva seguito la sua strada accettando un lavoro in Spagna, quei periodi di solitudine si erano fatti sempre più presenti. Le causavano sofferenza e ansia e la sensazione di essere attorniata da un mare di silenzio che a giorni diventava un oceano profondo e insidioso. Spesso la notte sognava di trovarsi in mezzo a un grande deserto tra dune e dune di sabbia, attorniata da chilometri di nulla, e nessun orizzonte in vista.
Il racconto della vicina vi cadde per caso, parlavano del matrimonio imminente della giovane del primo piano e del suo trasferimento in un paese vicino, quando la stessa esordì dicendo:
“Si ricorda la Grazia di Via delle Rose qui dietro? Morto il marito ha venduto l'alloggio e si è trasferita dalla figlia. L'ha acquistato una coppia che viene dalla periferia. Hanno una ragazzina di quattordici anni.”
“Il trasloco… - ci pensò un po’ su e poi aggiunse: - mi sembra ci sia stato una settimana fa.”
Avvicinò la tazzina di caffè alla bocca, ne bevve un sorso, poi riprese:
“Non li ho ancora conosciuti, ma la Teresina mi ha detto che lui è un meteorologo. È un uomo alto, distinto. L'avrà certamente visto passare, ogni giorno rientra a casa verso le 12:00 per pranzo.”
A tale informazione l’anziana fu assalita dal dubbio, tutte le sue certezze se ne andarono in fumo e restò in silenzio per prendere tempo e riflettere: Possibile che il suo uomo fosse un meteorologo?
Qualcosa però non quadrava, doveva provare a rimettere insieme i pezzi del puzzle. Prese su la tazzina di caffè dal piattino, l’avvicinò alle labbra e lentamente sorseggiò il liquido bollente. Fu allora che ricordò. Si trattava di un fatto avvenuto in quei giorni, che non aveva considerato, così presa dai suoi pensieri… il pezzo mancante al puzzle.
Ogni giorno, dopo le 12:00, salivano nubi da occidente a coprire velocemente tutto il cielo e in breve una pioggerella insistente e uggiosa prendeva a scendere silenziosa fino alla sera. Al mattino seguente il cielo tornava sereno, in linea con i capricci di una stagione ancora incerta, qual è spesso la primavera.
Ma certo, chi più di un meteorologo può stabilire le probabilità di pioggia di una giornata?
Ora le era tutto chiaro.
Non c'è niente di strano a indossare impermeabile e ombrello se sai che con molta probabilità pioverà.
Vergogna Lina, disse fra sé, vergogna. Immagina le chiacchiere che avresti messo in giro su un uomo che non conosci nemmeno. Per fortuna non ne hai parlato con nessuno.
Sei la solita visionaria.
Cercò di nascondere l’imbarazzo con la vicina, rispose evasivamente, poi prontamente spostò la conversazione su un altro argomento.
Non era la prima volta e sapeva che non sarebbe stata neanche l’ultima, sempre una bella impresa tenere a freno la sua fantasia. Eppure aveva solo questo per non sentirsi troppo sola, quando il disagio le apriva scenari di stanze vuote e strade chiuse e avvertiva l’anima spoglia.
Certo suo figlio la chiamava tutte le sere al telefono. Ma era triste non provare più l’emozione di un abbraccio, di un bacio o non potersi più prendere cura di qualcuno.
Il tempo le era sfuggito di mano e ora non le restava che appropriarsi di qualche sguardo passeggero, un sorriso colto qua e là o chiudere gli occhi e viaggiare con la fantasia.
Stefania Pellegrini
Post interessante!Iscriviti al mio blog.
RispondiEliminaCiao Olga, grazie.
EliminaRicordo bene questo bel racconto! E mi piace la sua veste definitiva qui impreziosita dal dipinto di Hammershoi adattissimo all'argomento!
RispondiEliminaGrazie e un caro abbraccio!
Cara Annamaria, grazie. Sei molto gentile. Mi faceva piacere riproporlo, come farò con altri, perché la raccolta, di cui fa parte, è la mia prima pubblicazione in prosa e le sono affezionata. Un abbraccio e grazie ancora. Buona sabato.
EliminaMi è piaciuto, dovresti dedicare più tempo alla prosa.
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