“Non essere altro se non te stesso - in un mondo che fa del suo meglio notte e giorno per renderti un altro - significa combattere la battaglia più ardua che un essere umano possa combattere; e non smettere mai di lottare.”
E. E. Cummings
E. E. Cummings
Prendendo spunto dalla citazione di Cummings mi piace oggi ricordare una donna che ha lottato per affermare la sua libertà di essere.
Tutti credo sappiano che l'autrice del romanzo “Una donna” è Sibilla Aleramo, ma forse non tutti sono a conoscenza che si tratta di uno pseudonimo, perchè il suo vero nome era Rina Faccio. Le fu suggerito da Giovanni Cena, direttore della rivista “Nuova Antologia” con la quale collaborò, che trasse il cognome Aleramo dalla poesia del Carducci “Piemonte”.
Marta Felicina (detta Rina) era figlia di Ambrogio Faccio, professore di scienze, e di Ernesta Cottino, casalinga, e la maggiore di quattro fratelli.
Non ebbe un'adolescenza felice.
Nel 1889 la madre, sofferente da tempo di depressione, tenta il suicidio e, successivamente, a seguito di tensioni nei rapporti familiari, è ricoverata nel manicomio di Macerata, dove morirà nel 1917.
A soli 15 anni , nel 1891, Rina viene violentata da un impiegato della fabbrica, dove lei è impiegata come contabile e il padre direttore. Rimane incinta ma perde il bambino, tuttavia nel 1893 viene costretta dalla famiglia a un matrimonio "riparatore".
Marta Felicina (detta Rina) era figlia di Ambrogio Faccio, professore di scienze, e di Ernesta Cottino, casalinga, e la maggiore di quattro fratelli.
Non ebbe un'adolescenza felice.
Nel 1889 la madre, sofferente da tempo di depressione, tenta il suicidio e, successivamente, a seguito di tensioni nei rapporti familiari, è ricoverata nel manicomio di Macerata, dove morirà nel 1917.
A soli 15 anni , nel 1891, Rina viene violentata da un impiegato della fabbrica, dove lei è impiegata come contabile e il padre direttore. Rimane incinta ma perde il bambino, tuttavia nel 1893 viene costretta dalla famiglia a un matrimonio "riparatore".
“Accettando l’unione con un essere che m’aveva oppressa e gettata a terra, piccola e senza difesa, avevo creduto di ubbidire alla natura, al mio destino di donna che m’imponesse di riconoscere la mia impotenza a camminar sola.” (tratto da "Una donna")
Prigioniera in una convivenza squallida con un marito che non stima e di una vita condotta in una cittadina della quale percepisce il gretto provincialismo, crede di trovare nella cura del suo primo figlio Walter, nato nel 1895, una fuga dall'oppressione della propria esistenza.
“Povera vita, meschina e buia, alla cui conservazione tutti tenevan tanto! Tutti s'accontentavano: mio marito, il dottore, mio padre, i socialisti come i preti, le vergini come le meretrici: ognuno portava la sua menzogna rassegnatamente. Le rivolte individuali erano sterili o dannose, quelle collettive troppo deboli ancora, ridicole quasi, di fronte alla grandezza del mostro da atterrare.” (tratto da "Una donna")
Ma la caduta di questa illusione la porta a un tentativo di suicidio, dal quale si solleva attraverso un personale impegno a realizzare aspirazioni umanitarie attraverso le letture e gli scritti di articoli che le verrano pubblicati, a partire dal 1897.
“Un fatto di cronaca mi indusse un giorno di scrivere un articoletto e a mandarlo a un giornale di Roma che lo pubblicò. Era in quello scritto la parola femminismo, e quella parola, dal suono così aspro mi indicò un ideale nuovo, che io cominciavo ad amare come qualcosa migliore di me.” (tratto da "Una donna")
Il suo impegno femminista non si limiterà alla scrittura ma si concretizzerà nel tentativo di costituire sezioni del movimento delle donne e nella partecipazione a manifestazioni per il diritto di voto e per la lotta contro la prostituzione.
I difficili rapporti familiari la convinceranno nel 1902 ad abbandonare marito e figlio e a trasferirsi a Roma. Una scelta difficile e sofferta che racconterà, appunto, nel romanzo “Una donna”, in cui riporterà le vicende della sua vita: dall'infanzia fino alla decisione di lasciare il marito e soprattutto il figlio. Il romanzo che inizierà a scrivere su sollecitazione di Giovanni Cena, verrà edito nel 1906.
I difficili rapporti familiari la convinceranno nel 1902 ad abbandonare marito e figlio e a trasferirsi a Roma. Una scelta difficile e sofferta che racconterà, appunto, nel romanzo “Una donna”, in cui riporterà le vicende della sua vita: dall'infanzia fino alla decisione di lasciare il marito e soprattutto il figlio. Il romanzo che inizierà a scrivere su sollecitazione di Giovanni Cena, verrà edito nel 1906.
“Come può diventare una donna, se i parenti la dànno, ignara, debole, incompleta, a un uomo che non la riceve come sua eguale; ne usa come d’un oggetto di proprietà; le dà dei figli coi quali l’abbandona sola, mentr’egli compie i suoi doveri sociali, affinchè continui a baloccarsi come nell’infanzia?” (tratto da "Una donna")
Son tanto brava lungo il giorno.
Quasi imparo ad aver orgoglio
quasi fossi un uomo.
Ma, al primo brivido di viola in cielo
ogni diurno sostegno dispare.
Tu mi sospiri lontano:
<Sera, sera dolce e mia!>
Sembrami d'aver fra le dita la
stanchezza di tutta la terra.
Non son più che sguardo,
sguardo sperduto, e vene.
Rose calpestava nel suo delirio
e il corpo bianco che amava.
Ad ogni lividura più mi prostravo,
oh singhiozzo invano di creatura.
Rose calpestava,
s'abbatteva il pugno
e folle lo sputo
sulla fronte che adorava.
Feroce il suo male
più di tutto il mio martirio.
Ma, or che son fuggita,
ch'io muoia,
muoia del suo male.
Rina osò ribellarsi al pregiudizio della donna sottomessa al ruolo di madre e moglie. Ognuno a suo modo avrà provato, potrà provare, a capire la sua scelta dolorosa, e quella di tutte le donne che, anche oggi, si trovano davanti a questo bivio doloroso. Certo i tempi sono cambiati, la donna oggi non è costretta a rinunciare a vedere un figlio, o solo avvicinarlo, come fu imposto a Rina, ma allo stesso tempo in molti casi, la sua decisione non viene accettata dal compagno, con le relative conseguenze (atti di violenza, stalking, femminicidio) .
Non è mai e non è stata una passeggiata, soprattutto se teniamo conto degli anni in cui sono avvenuti i fatti. E' sempre una decisione dolorosa, a volte fatta per disperazione, perchè la convivenza è diventata insostenibile. I motivi posso essere tanti e non sono qui per sindacare questo, ma per ricordare una donna che credeva nell'affermazione di una vita libera e consapevole, contro la costrizione e l'umiliazione dell'esistenza.
Non è mai e non è stata una passeggiata, soprattutto se teniamo conto degli anni in cui sono avvenuti i fatti. E' sempre una decisione dolorosa, a volte fatta per disperazione, perchè la convivenza è diventata insostenibile. I motivi posso essere tanti e non sono qui per sindacare questo, ma per ricordare una donna che credeva nell'affermazione di una vita libera e consapevole, contro la costrizione e l'umiliazione dell'esistenza.
«In cielo e in terra, un perenne passaggio. E tutto si sovrappone, si confonde, e una cosa sola, su tutto, splende: la pace mia interiore, la mia sensazione costante d’essere nell’ordine, di potere in qualunque istante chiudere senza rimorso gli occhi per l’ultima volta." (tratto da "Una donna")
Marta Felicina Faccio, scrittrice e poetessa, nacque ad Alessandria il 14 Agosto 1876 e morì a Roma il 13 gennaio 1960.
Una donna che ha fatto scelte davvero coraggiose, non solo per l’epoca. Grazie per avermi fatto conoscere questa donna.
RispondiEliminasinforosa
Come sempre, noi donne, riusciamo a fare scelte importanti, raffermando la nostra profonda personalità, e questa autrice, che hai menzionato nel tuo bell'articolo, ne è un classico esempio.
RispondiEliminaSempre bello leggerti, Stefania, buon fine settimana e un abbraccio, silvia
Lo sto leggendo proprio in questi giorni. Sono arrivata a quando diventa madre. Ne parlerò anche io sul mio blog. Una femminista ante litteram. Abbraccio siempre <3
RispondiEliminaUna delle donne della storia da ricordare assolutamente.
RispondiEliminaMetto in lista desideri questo bellissimo libro. Grazie!
Un abbraccio! :)
Grazie a voi per i vostri graditi commenti e per la presenza. Un saluto a voi e un sorriso.
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