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mercoledì 19 ottobre 2016

Ophelia di J.E.Millair

Qualche tempo fa, su questo blog,  parlando degli amori tragici della letteratura, ricordate? Vi avevo riportato la storia  di "Abelardo ed Eloisa" e "Alcesti".
Oggi, riprendendo l'argomento vi parlarò di Ofelia, la fanciulla tristemente nota come uno dei protagonisti dell'Amleto di W.Shakespeare, morta annegata mentre indugia presso un ruscello.

J. William Waterhouse

Per chi, in pratica, non ricordasse, la storia in breve di Ofelia è questa:

Una sera al giovane principe Amleto, che piange, sugli spalti del suo castello, la recente morte del padre, il re di Danimarca, gli appare il suo spettro che chiede vendetta. Gli rivela di essere stato ucciso da suo fratello Claudio, che ora, ha sposato  la sua vedova e siede sul suo trono.
Il giovane, turbato, promette. Per poter portare a compimento più agevolmente i suoi piani, simula la pazzia e, con parole deliranti, allontana da sé la giovane fidanzata Ofelia.
Ed ecco avvicinarsi il momento del delitto, ma, per sfortuna, credendo di pugnalare Claudio, Amleto trafigge Polonio, padre di Ofelia.
Ofelia, addolorata per il rifiuto di Amleto, e per la morte del padre, impazzisce di dolore.
E un giorno, mentre, cantando, indugia presso un ruscello, scivola nell’acqua e annega.

Diversi artisti sono stati attratti dalla sua figura verginale, esile e dolce, e dalla composizione decorativa e necrofìla, che la fa riaffiorare dalle acque stagnanti entro una fitta cornice di vegetazione e fiori.
Io ho scelto di rivedere il personaggio di Ofelia attraverso il quadro, assai noto, di J.E.Millais e  la poesia di Artur Rimbaud, che probabilmente fu influenzato dalla vista del dipinto.

"Mite ristoro ai miti. Addio! Avevo sperato che tu potessi esser la moglie del mio Amleto e pensavo che avrei adornato di fiori il tuo letto di sposa, o cara fanciulla, e non la tua tomba."
(Amleto, Regina, atto V scena I).
Ophelia di J.E.Millair
Millais (1829-1896), fu un pittore preraffaellita (corrente artistica del periodo vittoriano, attribuibile alla corrente del sinbolismo). Cominciò a lavorare a questo quadro a 22 anni, ispirandosi a uno dei passaggi più poetici della tragedia, quello in cui la regina Gertrude descrive la scena della morte di Ofelia:

  "C'è un salice che cresce storto sul ruscello e specchia le sue foglie canute nella vitrea corrente; laggiù lei [Ofelia] intrecciava ghirlande fantastiche di ranuncoli, di ortiche, di margherite, e lunghi fiori color porpora cui i pastori sboccati danno un nome più indecente, ma che le nostre illibate fanciulle chiamano dita di morto.
Lì, sui rami pendenti mentre s’arrampicava per appendere le sue coroncine, un ramoscello maligno si spezzò, e giù caddero i suoi verdi trofei e lei stessa nel piangente ruscello.
Le sue vesti si gonfiarono, e come una sirena per un poco la sorressero, mentre cantava brani di canzoni antiche, come una ignara del suo stesso rischio, o come una creatura nata e formata per quell'elemento. Ma non poté durare a lungo, finché le sue vesti, pesanti dal loro imbeversi, trassero la povera infelice dalle sue melodie alla morte fangosa.»

Amleto atto IV, scena VII di W. Shakespeare

Particolare

Per realizzare il quadro J.E.Millais ha ritratto dal vivo, per oltre cinque mesi di seguito, le sponde del fiume Hoshill, a Ewell nel Surrey, avendo così modo d'osservare da vicino la flora spontanea in diversi periodi dell'anno, scegliere accuratamente le diverse specie e studiarne i particolari da rendere sulla tela. La maggior parte dei fiori e delle piante da lui ritratte vengono citate nella tragedia oppure hanno un forte significato simbolico (vogliono sottolineare la caducità della vita dell'infelice fanciulla.)

Nel 1870 il poeta francese Artur Rimbaud scrisse la poesia “Ophélie“ , ispirata all’eroina shakesperiana dal tragico destino. Con ogni probabilità, come ho detto sopra, influenzato dal dipinto di Millais, utilizzando la combinazione tra romanticismo e simbolismo, compose questa lirica armoniosa e musicale.
I

Sull’acqua calma e nera dove dormon le stelle
come un gran giglio ondeggia Ofelia bianca e sola,
ondeggia lentamente, stesa nei lunghi veli...
– Nelle selve lontane s’ode un grido di caccia.
Sono più di mill’anni che la dolente Ofelia
passa, bianco fantasma, sul lungo fiume nero.
Sono più di mill’anni che dolce e mentecatta
mormora una romanza nella brezza serale.
Il vento bacia il seno e dispiega in corolla
i grandi veli molli che la corrente culla;
rabbrividendo, i salici piangon sulla sua spalla,
sull’ampia fronte in sogno pende flessuoso il giunco.
Sfiorate, le ninfee le sospirano intomo;
ella desta, talora, nel sonno di un ontano,
un nido donde s’alza un breve fremer d’ala:
un canto misterioso scende dagli astri d’oro.

II

Pallida Ofelia, tu, bella come la neve,
moristi ancor fanciulla e il fiume ti rapì!
– I venti delle vette alte della Norvegia
ti avevano parlato dell’aspra libertà;
E un soffio, sconvolgendo l’ampia tua chioma bionda,
all’anima sognante strani fruscii recava;
iI tuo cuore ascoltava il canto delle cose
nei gemiti degli alberi, nei sospiri notturni;
l’urlo dei mari in furia, come un immenso rantolo,
squassava il sen fanciullo, troppo mite ed umano;
E un mattino d’aprile un bel cavalier pallido,
povero mentecatto, muto ai tuoi piè sedette.
Cielo! Amor! Libertà! Che sogno, o dolce Pazza!
Tu ti scioglievi a lui come la neve al fuoco:
le tue grandi visioni ti strozzavan la voce,
– l’Infinito terribile smarrì il tuo sguardo azzurro!

III

Ed il Poeta dice che ai raggi delle stelle
vieni a cercar, la notte, i fiori che cogliesti,
e che ha visto sull’onda, stesa nei lunghi veli,
la mesta Ofelia andare, bianca come un gran giglio.

A. Rimbaud