giovedì 28 novembre 2024

Racconto: Quel giorno in aeroporto

 


BUONA LETTURA


I passeggeri del volo Ryanair delle 16:45 per Dublino sono invitati a presentarsi al Gate n. 5 per l'imbarco.”

Aeroporto di Milano, Elisa è in attesa del volo per Roma, e quell'annuncio non la riguarda, ma sentir pronunciare Dublino la turba. La colpa è di  certe immagini che si era illusa di aver accantonato nella memoria e risvegliano inaspettatamente una storia.

Una piccola storia che si fa via via sempre più grande e apre con un raggio di luce alle emozioni che rapide si presentano a procurarle una fitta al cuore.

Certe esperienze non si dimenticano, si possono mettere da parte, si può trovare il modo di superarle, ma il segno resta.

Il mese di Febbraio, mezza Europa sotto la morsa del gelo, ricorda, e l'aereo per Dublino, su cui dovrebbe salire, fermo sulla pista in attesa di un miglioramento del tempo.

Ripensa ai due mesi volati in un lampo, a quel ricordo che ora sente vivo come all'ora, alla telefonata che aveva cambiato in qualche modo il corso della sua permanenza e un po' anche lei...

Dublino ora le appare come avvolta in una nuvola, parte di un sogno a occhi aperti. E' passato del tempo, più di un anno.

Nell'aria tra le ali del vento c'è quel soffio di rinascita, di risveglio, di una natura che freme, sotto la coltre ancora gelata della terra.

La sente Elisa, la sente quella natura che come il suo cuore cerca l'energia vitale per rifiorire. Ha tanta voglia di lasciarsi quel passato alle spalle, ma, Dublino inaspettatamente, è lì come un post-it fissato nella mente, è una voce dolce che sussurra tenere parole.

Dublino le ha dato molto, non può che ricordarla con amore e tra il pulsare via via più forte del cuore si accorge di rivivere quegli istanti nei volti, le voci, le parole di allora... i pub pieni di gente allegra, le vie affollate, i dublinesi gentili e disponibili. Giorni riprendono forma e filano via veloci tra impegni da organizzare, da fare, da sognare... lo stage da seguire... le visite turistiche alla scoperta della città e dei suoi dintorni.

Ma soprattutto non può far a meno di ricordare il rossore sulle guance, la timidezza, il suo iniziale imbarazzo che anche quel giorno all'aeroporto si era presentato immancabile davanti allo sguardo accattivante e il sorriso dolce di una faccia giovane... i cui occhi azzurri come acque marine la fissavano penetranti.

***

Il traffico aereo internazionale restò paralizzato tutto un giorno, e l'aereo per Dublino delle ore 11:35 rimase fermo sulla pista di decollo tra rinvii che si sommavano gli uni agli altri.

Riuscì a decollare solo alle 8:35 del giorno seguente, ed era domenica.

Elisa che il lunedì a Dublino doveva iniziare lo stage di formazione in inglese restò in apprensione fino all'imbarco, augurandosi che non annullassero anche quel volo. A Dublino l'aspettava Teresa, un'amica che si era stabilita là da qualche mese e l'avrebbe ospitata nel suo piccolo alloggio sottotetto.

Nella sala al Gate n. 4, vicino al display degli annunci, cercava di impegnare il suo tempo con un libro che si era portata da casa.

La sala era super affollata, tra gente che andava, gente che veniva, bambini che piangevano, la concentrazione non era facile da trovare, e veniva continuamente distratta.

La storia interessante, per sua fortuna, volava via veloce tra le pagine e pian piano riuscì a trovare un modo per isolarsi. A un certo punto però, fu interrotta dalla voce di un tizio seduto vicino che le stava chiedendo cosa stesse leggendo.

Sembrava interessato e la giovane, per cortesia, alzò gli occhi dal libro. Lo fece lentamente, un po' controvoglia, cercando di mostrare disponibilità e gentilezza, anche se in realtà non aveva alcuna voglia di iniziare una conversazione.

Con gli auricolari nelle orecchie, che fece il gesto di togliere, il tizio le stava sorridendo. Era un giovane sui trent'anni, dall'aspetto carino, e pensò che, tutto sommato, poteva capitarle di peggio. Ma la risposta le morì in bocca, e per prendere tempo osservò in silenzio il suo interlocutore.

Non era proprio il tipo da far breccia nel suo cuore, ma tutto sommato non era male. Era spesso attratta da uomini alti, con carnagione chiara e capelli biondi, questo invece pareva sotto i suoi standard per l'altezza e aveva capelli scuri ricci, bocca pronunciata e carnagione olivastra.

In quell'istante sul display del cartellone alla sua sinistra apparve la scritta che indicava la posticipazione del volo per Dublino alle 19:45.

Guardò l'orologio, erano appena le 17.00.

“Non è possibile, un altro rinvio!” Esordì ad alta voce non riuscendo a nascondere il suo disappunto. “Sono in aeroporto dalle 9 di questa mattina.”

“ Sto aspettando il volo per Dublino, ma oggi vedo che non è giornata. E lei?”

“ Anch'io. - Aggiunse l'uomo - Vado per lavoro. Mi sa che ha ragione, non abbiamo proprio scelto la giornata giusta per volare. E' colpa del maltempo. Stanno bloccando molti voli, non solo il nostro, alcuni li hanno pure cancellati e c'è caos e agitazione in chi aspetta di partire.”

Non pareva turbato dal contrattempo: “Dobbiamo portare pazienza, anch'io sono in aeroporto dalla 9,30 di stamattina. Non credo che abbiamo altra scelta. ”

Viaggiando spesso, Guido era abituato ai contrattempi e non se la prendeva mai più di tanto ma cercava di trovare un modo per rendersi l'attesa piacevole.

Una bella donna era sempre l'occasione giusta, una buona conversazione e tutto filava via liscio fino al volo.

“ Capisco la sua preoccupazione, la situazione sta diventando davvero pesante, speriamo solo non annullino il volo ” Aggiunse.

“ Già, anch'io, devo assolutamente essere a Dublino per domani, lunedì inizio un corso di formazione e non vorrei cominciare con il piede sbagliato.” Precisò Elisa con un'inflessione di timore nella voce, mentre aggiungeva:

“Mi scusi devo scrivere subito un messaggio alla mia amica per avvisarla prima che vada all'aeroporto.”

Prese il cellulare dalla borsa e digitò rapidamente qualcosa su WhatsApp “Ok, fatto.” Disse a voce alta mentre cercava di rilassare i muscoli del collo che sentiva tesi. Accennò un lungo respiro e sorrise al suo compagno di viaggio.

In fin dei conti il problema non dipendeva da lei, e stare in ansia non avrebbe risolto la situazione, dialogare un po' con il suo vicino invece avrebbe migliorato l'attesa.

Era simpatico Guido, una persona veramente interessante via via che i convenevoli lasciarono spazio a una vera conversazione.

La voce dolce, pacata, quello sguardo inteso, l'attraversarono come un fluido magico trasmettendole tranquillità e l'aiutarono a far scomparire la tensione emotiva accumulata.

Si rilassò sulla poltroncina, tra le parole che fluivano libere e la sua timidezza che pian piano lasciava spazio alla disinvoltura.

Da quel momento in poi fu un'intesa piacevole e andarono avanti quasi tutta la notte a scambiarsi opinioni su romanzi e film. Alle prime luce dell'alba Elisa risvegliandosi da un breve torpore, probabilmente si era appisolata, si accorse di aver la testa poggiata sulla spalla di Guido e sorrise. La situazione all'apparenza poteva apparire troppo confidenziale, trattandosi di una persona che aveva appena conosciuto, ma sentì che non le stava creando disagio, era una sensazione piacevole quella che provava.

***

Una volta giunti a Dublino immersi nella frenesia e la magia della città, la loro conoscenza si fece qualcosa di più profondo. Fu un periodo strano e caotico per Elisa impegnata nello stage, a dividersi tra le visite alla città con l'amica e altre compagne di corso appena conosciute, lo studio, e trovare tempo per le gite a Howth con Guido il fine settimana: un delizioso villaggio di pescatori, a due passi da Dublino.

Spesso si fermavano a qualche piccola trattoria per consumare un pasto veloce a base di pesce e camminavano abbracciati sul lungomare cercando di avvistare le foche che, qualcuno aveva detto loro, facciano capolino tra le barche ormeggiate.

Alla sera si davano appuntamento al pub nel quartiere di Temple Bar situato in centro di Dublino per ascoltare musica irlandese e consumare un boccale spumeggiante di birra Guinness. Spesso Guido la riaccompagnava a casa ma poco dopo la richiamava sul cellulare con la scusa della buona notte e la telefonata poteva andare avanti anche un'ora.

Era bello stare con lui, la loro intesa era perfetta, Elisa non vedeva ombre all'orizzonte, le pareva di conoscerlo da anni, ed erano passati appena venti giorni dal loro primo incontro all'aeroporto.

Un sera Guido, dopo circa un mese trascorso sempre insieme, non si presentò all'appuntamento al Pub, Elisa lo aspettò inutilmente. Pensando avesse avuto un contrattempo non si preoccupò più di tanto. Verso mezzanotte ricevette una sua telefonata. L'avvertiva di essere appena rientrato in Italia.

Avrebbe voluto avere più tempo, le disse, e forse non era proprio quello il modo per darle la notizia, ma il suo intervento, si occupava di informatica, si era concluso prima del previsto e non aveva potuto avvisarla per non disturbarla a lezione. Cosa fosse veramente successo però, a Elisa non lo disse.

“Adesso ti sembrerà tutto difficile, ma in definitiva si tratta di attendere poco meno di un mese. Vedrai passerà in fretta con tutte le cose che avrai da fare e non te ne accorgerai nemmeno, invece a me mancherai tanto. Ti chiamerò ogni volta che mi sarà possibile e per il messaggio della buona notte.”

La prima settimana, Guido non mancò di chiamarla, di ripeterle che le mancava, poi lentamente allentò limitandosi a qualche messaggio o telefonata in pieno giorno spesso quando era a lezione e lei non poteva rispondere.

Allora, subito dopo, si scusava con un messaggio dicendo che non aveva visto l'ora, assorbito dal lavoro, e l'avrebbe richiamata alla sera. Così Elisa non usciva con le amiche per aspettare la chiamata, ma le più volte non arrivava. Il tira e molla andò avanti una ventina di giorni, poi Guido non si fece più vivo e quando Elisa prese l'iniziativa di cercarlo trovò sempre la segreteria inserita, come un muro a dividerli. Provò a mandargli dei messaggi, ma l'uomo non rispondeva mai, e arrivò a pensare che magari per qualche motivo avesse cambiato numero telefonico.

Tra loro c'erano stati abbracci, baci, effusioni amorose e promesse per un futuro felice insieme ed Elisa passò serate a cercare di spiegarsi questa assenza. Inizialmente rinunciò alle uscite con l'amica, sempre nella speranza di una telefonata, mentre lei provava a farle capire che quell'uomo non la meritava e che era stupido gettare al vento gli ultimi giorni di permanenza a Dublino. Quando le sarebbe capitata un'altra occasione di fare ulteriori incontri? Così, pian piano riprese a frequentare il pub cercando di dimenticarlo. Ne soffrì molto come era logico che fosse, era innamorata e si era illusa di essere corrisposta.

Rientrò in Italia. Guido le aveva accennato di abitare a Torino, come lei, e le venne una mezza idea di cercarlo, ma non aveva il suo indirizzo. Ci pensò su ma non ne fece niente perché nel frattempo si era resa conto che era stato bello stare insieme, ma finché era durato. Era arrivato il momento di dirgli addio. Doveva andare avanti, ne aveva bisogno, aveva sofferto abbastanza.

***

Un giorno, era ormai estate, un'estate calda e afosa, in giro con alcune amiche si fermò a un bar per un gelato sotto i portici di P.zza San Carlo e lo vide.

Era seduto a un tavolino all'aperto con una donna bionda e una bambina di pochi mesi sul passeggino. Si senti gelare e avvampare allo stesso tempo. Imbarazzata, girò subito lo sguardo da un'altra parte. Non ebbe il tempo di capire se Guido l'avesse riconosciuta, sentì solo che parlava alla compagna con il suo tono pacato e non mostrava alcun turbamento.

Verso l'ora di cena, salutato le amiche e rientrata a casa, sentì squillare il telefono. Quando lesse sul display il numero di Guido lo lasciò suonare finché non smise. Non aveva nessuna intenzione di risentire la sua voce, ora più che mai. Se l'aveva chiamata per darle spiegazioni, era troppo tardi. Con che faccia poi?

Si buttò sul divano e prese a piangere. Pensava di averlo dimenticato, invece la loro storia le rodeva ancora dentro. Era arrabbiata, arrabbiata con se stessa, perché nonostante tutto, sentiva di amarlo ancora.

Si era illusa che anche lui l'amasse e fosse sincero quando lo diceva. Che ingenua era stata! Aveva ricamato sogni su quell'amore, programmi che erano bruciati come su un tizzone ardente e si sentiva svuotata, ferita, amareggiata. Amareggiata nell'ammettere a se stessa di essersi innamorata dell'uomo sbagliato, un uomo sposato, un vigliacco. L'aveva usata e poi buttata in disparte come un vestito vecchio. Neanche il coraggio di dirle in faccia la verità aveva avuto, non meritava le sue lacrime. 

Si alzò da divano, in casa era sola, ma da un momento all'altro i suoi genitori sarebbero rientrati e non voleva farsi trovare in quello stato. Andò in bagno e si lavò la faccia, era pronta a girare pagina. Prese il telefono per mandare un messaggio alle sue amiche, e propose loro un'uscita serale in discoteca.  

Stefania Pellegrini©

Anno 2024 - 

DIRITTI RISERVATI ALL'AUTRICE




martedì 22 ottobre 2024

L'uomo con l'impermeabile

 

Vilhelm Hammershoi


Questo racconto, che fa parte della mia raccolta "EVASIONI TRA LE RIGHE" CTL Editore, è già apparso su questo blog un po' di anni fa. Mi fa piacere riproporvelo nella sua veste definitiva.

Buona lettura.


Solo con le prove si può confutare una teoria”, e lei non ne aveva. Ma come procurarsele?


Impermeabile grigio, ombrello nero, cappello calato sulla testa, appena la donna lo vide girare l’angolo pensò: è lui. Tre giorni che passava in strada, sempre vestito allo stesso modo, e lei non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

C'era qualcosa in quella figura che la incuriosiva e proprio non la convinceva.

Sarà stato l'impermeabile indossato con il sole alto in cielo, o il borsalino nero calato sul volto, o forse il passo in qualche modo circospetto.

Ma sì... il cappello, era quasi certa fosse quello, la metteva nell'impossibilità di vedere bene l'uomo in faccia e la portava a immaginare tutto e il contrario di tutto.

Si dice che la curiosità sia femmina, mettiamoci pure l’età avanzata, l'inoperosità dell'anziana, la vista scarsa, e il quadro è completo.

Ultra ottantenne e sola, gambe un po' ballerine, passava gran parte del suo tempo a seguire la vita dalla finestra dell'alloggio che apriva sulla strada trafficata.

Non usciva quasi più di casa, così una vicina si occupava di comprarle il pane e il garzone del supermercato a fianco le portava le poche altre cose di cui aveva bisogno.

Ne aveva tempo per pensare, e sì ne aveva fin troppo per fantasticare, anche su fatti che altri potevano trovare insignificanti.

Un ladro? No, pensava, non è il comportamento di un ladro.

Che interesse avrebbe a passare ogni giorno e sempre alla stessa ora?

E se stesse tenendo d'occhio le abitudini degli inquilini di qualche alloggio vicino?

Oddio, devo vigilare.

Ma no, non ha l'aspetto di un ladro.

Però potrebbe essere l'amante di una donna sposata che incontra quando il marito non è in casa... ma sì sposata, altrimenti che motivo avrebbe per camuffarsi in quel modo. La faccia nascosta dal cappello... l'impermeabile... e l'ombrello poi, con il clima mite di questi giorni… non sono certo adeguati.

Si complimentò con se stessa, questa sì che era un'ipotesi plausibile.

Ma l'amante di chi?

Conosceva un po' tutti nel vicinato e per quanto cercasse di ricordare, non le veniva in mente nessuna donna su cui puntare il dito, tutte madri di famiglia e non proprio giovani.

Eppure... eppure, non l'aveva mai visto da quelle parti prima.

Più pensava e ripensava, ripassava ogni dettaglio colto in quei brevi minuti, più si convinceva fosse un personaggio strano.

Era certa avesse qualcosa da nascondere. Ma cosa?

Congetture dipanava nella mente, semplici deduzioni che trovavano terreno fertile nella sua fantasia. Quell'uomo aveva fatto colpo su di lei, non c’erano dubbi. Dopo la prima volta, era già in grado di distinguerlo in mezzo ad altre persone, e a darne anche una descrizione, se fosse stato necessario.

Magari, non sarebbe stata delle più dettagliate. Spalle un po' curve in avanti, gamba destra all’apparenza rigida, trascinata leggermente, fisico un po' allampanato e slanciato, aspetto di una certa eleganza, questo avrebbe detto… e i lineamenti del viso invece, l'espressione, il colore degli occhi per esempio, quello dei capelli?

Giovane o anziano…? Lei avrebbe supposto di mezza età, un uomo ancora attraente, con un che di misterioso nello sguardo.

Sapeva di non avere tutti i dettagli per la sua radiografia, ma non disperava e poi le piaceva quell’appuntamento giornaliero, stare alla finestra la faceva sentire attiva, partecipe della vita degli altri. Era come se quelle vite diventassero anche un po’ sue.

Alle dodici di ogni giorno si metteva davanti ai vetri e aspettava di vederlo passare, ansiosa di cogliere ulteriori elementi che la orientassero nelle sue teorie.

L'uomo sopraggiungeva poco dopo, sempre dalla stessa direzione, e lei ne distingueva subito la figura tra i passanti numerosi a quell'ora. Sbucava da una stradina laterale alla sua sinistra, le passava davanti e scantonava due minuti dopo per Via delle Rose.

Furono giorni pieni quelli per lei sempre così sola. Passarono in diversi a salutarla e fu presa a fare mille supposizioni, così dimenticò di parlarne con la vicina che le portava il pane, ma forse non l'avrebbe comunque fatto, per non essere scambiata per una vecchia matta.

Lo dicevano spesso su C.S.I, la serie che guardava in Tv: “Solo con le prove si può confutare una teoria”, e lei non ne aveva. Ma come procurarsele?

Poteva sempre scendere facendo finta di incrociarlo per caso, ma con le sue gambe un po’ ballerine come l’avrebbe messa? E se fosse caduta dalle scale e si fosse fatta male? Va be’ c’era sempre l’ascensore, ma quelle non chiedevano il permesso… potevano mancarle in qualsiasi momento. E poi, cosa gli avrebbe potuto dire?

Mica chiedergli chi era e perché passasse proprio di là sotto? Sarebbe stato indelicato e poi chiunque è libero di percorrere la strada che vuole.

L'anziana fantasticava da mattino a sera, passando da una congettura all'altra, ma questo non la aiutava molto.

Il quarto giorno non vide il suo uomo, il quinto di prima mattina, una vicina passò a trovarla per bere una tazzina di caffè, come faceva spesso.

Momenti preziosi quelli, per parlare un po', e trascorrere una mezz'ora in compagnia ad aggiornarsi sugli ultimi accadimenti del vicinato.

Soffriva per non essere più attiva come una volta, ma gli anni erano quelli che erano e pesavano notevolmente sul suo fisico. Aveva sempre dolori alle giunture, le gambe la sorreggevano poco e anche i suoi movimenti si facevano ogni giorno più lenti. Ma la mente, ah no, quella ancora funzionava bene, almeno lei ne era convinta. La teneva attiva leggendo, parlando con i vicini che passavano a trovarla o facendo i cruciverba, e soprattutto stando alla finestra a osservare le persone in strada.

Fra tutti, questo era il suo passatempo preferito perché l’aiutava a scacciare la solitudine che a giorni aveva dentro come un malessere sottile di inutilità. Lei conosceva bene quel disagio, era come sentirsi una sedia vecchia, rotta e abbandonata in un angolo.

Rimasta vedova molto giovane, con un figlio ancora da crescere, aveva imparato presto a riconoscerla e se nei primi anni c’era stato altro a cui pensare e si era limitata a un’idea passeggera, dopo invece, quando il figlio ormai adulto aveva seguito la sua strada accettando un lavoro in Spagna, quei periodi di solitudine si erano fatti sempre più presenti. Le causavano sofferenza e ansia e la sensazione di essere attorniata da un mare di silenzio che a giorni diventava un oceano profondo e insidioso. Spesso la notte sognava di trovarsi in mezzo a un grande deserto tra dune e dune di sabbia, attorniata da chilometri di nulla, e nessun orizzonte in vista.

Il racconto della vicina vi cadde per caso, parlavano del matrimonio imminente della giovane del primo piano e del suo trasferimento in un paese vicino, quando la stessa esordì dicendo:

Si ricorda la Grazia di Via delle Rose qui dietro? Morto il marito ha venduto l'alloggio e si è trasferita dalla figlia. L'ha acquistato una coppia che viene dalla periferia. Hanno una ragazzina di quattordici anni.”

Il trasloco… - ci pensò un po’ su e poi aggiunse: - mi sembra ci sia stato una settimana fa.”

Avvicinò la tazzina di caffè alla bocca, ne bevve un sorso, poi riprese:

Non li ho ancora conosciuti, ma la Teresina mi ha detto che lui è un meteorologo. È un uomo alto, distinto. L'avrà certamente visto passare, ogni giorno rientra a casa verso le 12:00 per pranzo.”

A tale informazione l’anziana fu assalita dal dubbio, tutte le sue certezze se ne andarono in fumo e restò in silenzio per prendere tempo e riflettere: Possibile che il suo uomo fosse un meteorologo?

Qualcosa però non quadrava, doveva provare a rimettere insieme i pezzi del puzzle. Prese su la tazzina di caffè dal piattino, l’avvicinò alle labbra e lentamente sorseggiò il liquido bollente. Fu allora che ricordò. Si trattava di un fatto avvenuto in quei giorni, che non aveva considerato, così presa dai suoi pensieri… il pezzo mancante al puzzle.

Ogni giorno, dopo le 12:00, salivano nubi da occidente a coprire velocemente tutto il cielo e in breve una pioggerella insistente e uggiosa prendeva a scendere silenziosa fino alla sera. Al mattino seguente il cielo tornava sereno, in linea con i capricci di una stagione ancora incerta, qual è spesso la primavera.

Ma certo, chi più di un meteorologo può stabilire le probabilità di pioggia di una giornata?

Ora le era tutto chiaro.

Non c'è niente di strano a indossare impermeabile e ombrello se sai che con molta probabilità pioverà.

Vergogna Lina, disse fra sé, vergogna. Immagina le chiacchiere che avresti messo in giro su un uomo che non conosci nemmeno. Per fortuna non ne hai parlato con nessuno.

Sei la solita visionaria.

Cercò di nascondere l’imbarazzo con la vicina, rispose evasivamente, poi prontamente spostò la conversazione su un altro argomento.

Non era la prima volta e sapeva che non sarebbe stata neanche l’ultima, sempre una bella impresa tenere a freno la sua fantasia. Eppure aveva solo questo per non sentirsi troppo sola, quando il disagio le apriva scenari di stanze vuote e strade chiuse e avvertiva l’anima spoglia.

Certo suo figlio la chiamava tutte le sere al telefono. Ma era triste non provare più l’emozione di un abbraccio, di un bacio o non potersi più prendere cura di qualcuno.

Il tempo le era sfuggito di mano e ora non le restava che appropriarsi di qualche sguardo passeggero, un sorriso colto qua e là o chiudere gli occhi e viaggiare con la fantasia.


Stefania Pellegrini 



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