Ci sono tornate alla mente situazioni di avvenimenti lontani nel tempo studiati nei libri di scuola o in letteratura e credo sia venuto spontaneo ricercare similitudini tra l'attuale situazione e gli scoppi storici epidemici.
Se andiamo a fondo, però, troviamo tracce di epidemie già nel 430 a.C. con il racconto che fa lo storico greco Tucidide sulla peste nera che colpì Atene.
Vediamo
insieme come gli scrittori raccontino le epidemie che
hanno interessato la storia fin dall’antichità e come le vedano nell'immaginario.
Un’altra
opera che non posso fare a meno di citare per il tema della peste, i contagi e
le epidemie nel corso dei secoli è il DECAMERONE di Giovanni Boccaccio, opera nella
quale la peste non rappresenta il tema della
narrazione ma la sua cornice.
Si tratta del'epidemia che afflisse Firenze nel 1347 restando per cinque anni in tutta Europa.
Chi non ricorda la peste che colpì Milano nel 1630 narrata da Alessandro Manzoni nei "I PROMESSI SPOSI"?
"La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrare con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia" (cap. XXXI).
“L’epidemia si diffonde, la gente rimane scettica e si scaglia contro i
medici. Si moltiplicano le morti e diviene impossibile negare
l’esistenza del morbo, si parla però di fabbri pestilenti ciò induce a
trascurare i pericoli del contagio. I malati trasportati al lazzaretto
si fanno sempre più numerosi; così si parla finalmente di peste, ma si
diffonde al tempo stesso l’idea che all’origine del male non vi sia il
contatto con gli ammalati, ma bensì quello con ungenti velenosi.” (I
Promessi Sposi capitolo XXXI)
Un romanzo attuale, una metafora in cui il presente continua a riconoscersi.
Avvicinandomi ai tempi nostri vorrei citare Josè Saramago con il suo romanzo "Cecità", uscito nel 1995. Narra di un’epidemia che contagia gli occhi, provocando appunto la perdita della vista. Questa terribile conseguenza fa sprofondare l’uomo nella cattiveria e lascia spazio all’istinto di sopravvivenza. L’epidemia è motivo di sciacallaggio, il cibo diventa rifugio ed ossessione.
“Probabilmente solo in un mondo di ciechi le cose saranno ciò che veramente sono”.“La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi.”
Una cecità che, per Saramago, appartiene spesso anche a chi ci vede:
"(…) “Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.”
E ci ricorda che il confine tra vista e cecità è spesso labile. Il romanzo è chiaramente una metafora del mondo moderno. Un mondo violento, di sopraffazione ed egoismo, di lotta spietata alla sopravvivenza.
Per concludere cito un romanzo, uscito in Italia nel marzo 2020, dal titolo “Abisso” dello scrittore americano Dean Ray Koontz. In origine portava il titolo: “The eyes of darkness” ed era stato pubblicato nel 1981 . Il romanzo, ambientato nel 2020, racconta di un virus denominato Wuhan 400, creato dall’uomo in laboratorio, un virus che provoca una gravissima polmonite che dilagherà in tutto il mondo. Terrificanti sono le analogie con la situazione che stiamo vivendo.
Mi fermo qui con l'elenco, sono diversi i testi su cui soffermarsi a riflettere per meglio comprendere il nostro tempo.
In queste opere, oltre al tema della paura della morte attraverso il contagio, ritroviamo le situazioni che si stanno creando anche con questa pandemia: quale la considerazione dell’altro come nemico e come untore, il tema dell’isolamento, le incertezze sul futuro, i ritmi della normalità e le consuetudini che vengono sconvolte, le povertà che crescono.
Ma anche il ritratto dell’animo umano di fronte all’imprevisto con i comportamenti emotivi e irrazionali delle masse, la ricerca di un capro espiatorio, e il complottismo.
"Nella
storia umana e letteraria ciò che rende simili le pandemie non è la
semplice comunanza di germi e virus ma che le nostre risposte iniziali
sono sempre state le stesse" ha detto in un'intervista Orhan Pamuk,
premio Nobel per la letteratura nel 2016 e autore di "Nights of
plague", un romanzo storico ambientato nel 1901, durante quella che è
conosciuta come la terza pandemia di peste.
La
risposta iniziale allo scoppio di una pandemia, secondo Pamuk, che ha
studiato l’argomento per scrivere il suo romanzo, è sempre la negazione.
I governi nazionali e locali sono sempre in ritardo nel rispondere. Distorcono i fatti, e manipolano le informazioni per negare l'esistenza
dell'epidemia. Si creano voci e si diffondono false informazioni
Durante le pandemie passate, in una realtà senza giornali, radio,
televisione o internet, la popolazione, in maggioranza analfabeta, aveva
solo l'immaginazione, il sentito dire, per spiegarsi la situazione, per capire dove fosse
il pericolo, e considerare la sua gravità. Eppure anche adesso con
tutti i mezzi di informazione a nostra disposizione, gli atteggiamenti,
nei confronti dell’epidemia, non sono cambiati. Le persone hanno bisogno
di negare la situazione, e di spargere notizie false. Non provo ad analizzare le motivazioni, queste le lascio a voi, se vorrete.