27 gennaio
Giorno della memoria
“Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l'infezione serpeggia.”
Primo Levi
Come ogni anno eccomi qui a celebrare questa giornata, evento particolarmente importante per il suo significato.
Perché resti ben impresso nelle nostre menti che:”QUESTO E' STATO”
Non è un caso che la data sia stata approvata in modo ufficiale addirittura dall'ONU nel 2005, nonostante già molti anni prima diversi paesi europei - tra cui l'Italia, nel 2000 - avessero scelto il 27 gennaio, giorno dell'apertura dei cancelli di Auschwitz - come data ufficiale per celebrare il ricordo dei morti della Shoah.
E' nostro dovere tenere viva la memoria, anche e soprattutto quanto saranno scomparsi tutti coloro che non potranno più ricordarcelo con le loro testimonianze.
Se perdiamo la memoria, perdiamo il nostro passato, e direi anche il nostro futuro... perché che futuro può mai esserne uno fondato sul rifiuto di ciò che è stato...?
Testimonianze quindi, che devono continuare a parlare attraverso noi, perchè ciò che è stato vissuto nei terribili anni dell'Olocausto non venga dimenticato o negato.
Di storie venute alla luce ce ne sono tante, io ho scelto oggi quella di Sara Rosenbaum, un'ebrea che fu arrestata dai tedeschi nel 1941 in Lituania dove risiedeva. Una bambina, a quel tempo, che arrivò a un passo dalla morte, ma riuscì a uscirne viva e ha potuto raccontarci la sua storia.
Aveva tredici anni quando arrivò nel campo di Auschwitz, riferisce in un'intervista al quotidiano “Avvenire” nel giugno del 2009.
Tre anni prima il padre e il fratello erano stati rinchiusi nella “Fortezza n. 7” (una prigione militare) e uccisi pochi giorni dopo, insieme ad altre centinaia di ebrei. Lei, finita in un campo per bambini, della madre e sorella, dopo la deportazione, perde le tracce e non ne saprà più niente.
Di quel primo periodo racconta: “Non sapevo più distingue un giorno dall'altro,avevo perso completamente la nozione del tempo, e a malapena, riuscivo a distinguere il cambio delle stagioni.”
Perché resti ben impresso nelle nostre menti che:”QUESTO E' STATO”
Non è un caso che la data sia stata approvata in modo ufficiale addirittura dall'ONU nel 2005, nonostante già molti anni prima diversi paesi europei - tra cui l'Italia, nel 2000 - avessero scelto il 27 gennaio, giorno dell'apertura dei cancelli di Auschwitz - come data ufficiale per celebrare il ricordo dei morti della Shoah.
E' nostro dovere tenere viva la memoria, anche e soprattutto quanto saranno scomparsi tutti coloro che non potranno più ricordarcelo con le loro testimonianze.
Se perdiamo la memoria, perdiamo il nostro passato, e direi anche il nostro futuro... perché che futuro può mai esserne uno fondato sul rifiuto di ciò che è stato...?
Testimonianze quindi, che devono continuare a parlare attraverso noi, perchè ciò che è stato vissuto nei terribili anni dell'Olocausto non venga dimenticato o negato.
Di storie venute alla luce ce ne sono tante, io ho scelto oggi quella di Sara Rosenbaum, un'ebrea che fu arrestata dai tedeschi nel 1941 in Lituania dove risiedeva. Una bambina, a quel tempo, che arrivò a un passo dalla morte, ma riuscì a uscirne viva e ha potuto raccontarci la sua storia.
Aveva tredici anni quando arrivò nel campo di Auschwitz, riferisce in un'intervista al quotidiano “Avvenire” nel giugno del 2009.
Tre anni prima il padre e il fratello erano stati rinchiusi nella “Fortezza n. 7” (una prigione militare) e uccisi pochi giorni dopo, insieme ad altre centinaia di ebrei. Lei, finita in un campo per bambini, della madre e sorella, dopo la deportazione, perde le tracce e non ne saprà più niente.
Di quel primo periodo racconta: “Non sapevo più distingue un giorno dall'altro,avevo perso completamente la nozione del tempo, e a malapena, riuscivo a distinguere il cambio delle stagioni.”
Nei primi mesi del 1944, in pieno inverno, probabilmente gennaio o febbraio, insieme ad altri bambini provenienti dai paesi baltici e dall'Ungheria, viene caricata su un carro bestiame per essere inviata a lavorare in uno zuccherificio, almeno questo è quello che le viene detto.
E' difficile immaginare cosa sia passato per la mente di questi piccoli, isolati dai loro cari e dal resto del mondo, se abbiano creduto a quello che le era stato detto, o, come ho sentito da alcune testimonianze, avessero smesso di pensare, ma cambia poco al nostro racconto.
Giunge a Auschwitz, sporca e maleodorante.
E' difficile immaginare cosa sia passato per la mente di questi piccoli, isolati dai loro cari e dal resto del mondo, se abbiano creduto a quello che le era stato detto, o, come ho sentito da alcune testimonianze, avessero smesso di pensare, ma cambia poco al nostro racconto.
Giunge a Auschwitz, sporca e maleodorante.
LA STORIA:
Un medico attende i bambini per passarli in rivista, li fa disporre su due file e indica con un dito quali di loro debbano andare a destra e quali a sinistra.
Sara finisce nella fila di sinistra dove le ausiliare tedesche le dicono di spogliarsi e la informano che andrà, insieme agli altri, a fare una doccia.
All'atto di entrare nel locale bagno, però Sara, per un inspiegabile motivo, decide di mettersi ultima della fila.
Un attimo dopo, però, udrà i primi bambini urlare, hanno scoperto quello che si cela in quella stanza.
Si diffonde il panico, qualcuno aveva già parlato di camere a gas, tutti in quel momento cercano di uscire dal locale docce.
Nel parapiglia Sara viene spinta contro la porta da coloro che stanno tentando di scappare. Il soldato addetto alla porta cerca di chiuderla ma è bloccata dal corpo di Sara. Così decide: con uno strattone la tira fuori, poi serra la porta sigillata con strisce di gomma.
La bambina si ritrova all'aperto, nuda, ma miracolosamente salva.
Un soldato poi le chiederà in tedesco:”Dove sei stata?” e lei risponderà: “A fare la doccia”, alla domanda: “Con chi?” alcune donne di un gruppo di zingari, che sostano fuori del locale, risponderanno: “Con noi”. Sarà la sua salvezza.
Superato quel primo momento le verrà procurato subito degli indumenti e rientrerà con gli zingari nel locale, ma questa volta reggendo un idrante per lavare i cadaveri dei bambini uccisi che devono essere caricati sulle carrette per i forni crematori.
Quello, costato il sacrificio di cinquecento bambini e ragazzi, sarà l'ultimo atto del genere a Auschwitz, subito dopo Sara, insieme ai sopravvissuti, sarà portata via dal lager e inizierà per loro, sotto l'incalzare delle truppe sovietiche, ciò che sarà chiamata:“la marcia della morte”.
Un medico attende i bambini per passarli in rivista, li fa disporre su due file e indica con un dito quali di loro debbano andare a destra e quali a sinistra.
Sara finisce nella fila di sinistra dove le ausiliare tedesche le dicono di spogliarsi e la informano che andrà, insieme agli altri, a fare una doccia.
All'atto di entrare nel locale bagno, però Sara, per un inspiegabile motivo, decide di mettersi ultima della fila.
Un attimo dopo, però, udrà i primi bambini urlare, hanno scoperto quello che si cela in quella stanza.
Si diffonde il panico, qualcuno aveva già parlato di camere a gas, tutti in quel momento cercano di uscire dal locale docce.
Nel parapiglia Sara viene spinta contro la porta da coloro che stanno tentando di scappare. Il soldato addetto alla porta cerca di chiuderla ma è bloccata dal corpo di Sara. Così decide: con uno strattone la tira fuori, poi serra la porta sigillata con strisce di gomma.
La bambina si ritrova all'aperto, nuda, ma miracolosamente salva.
Un soldato poi le chiederà in tedesco:”Dove sei stata?” e lei risponderà: “A fare la doccia”, alla domanda: “Con chi?” alcune donne di un gruppo di zingari, che sostano fuori del locale, risponderanno: “Con noi”. Sarà la sua salvezza.
Superato quel primo momento le verrà procurato subito degli indumenti e rientrerà con gli zingari nel locale, ma questa volta reggendo un idrante per lavare i cadaveri dei bambini uccisi che devono essere caricati sulle carrette per i forni crematori.
Quello, costato il sacrificio di cinquecento bambini e ragazzi, sarà l'ultimo atto del genere a Auschwitz, subito dopo Sara, insieme ai sopravvissuti, sarà portata via dal lager e inizierà per loro, sotto l'incalzare delle truppe sovietiche, ciò che sarà chiamata:“la marcia della morte”.
Sara racconta ancora altri episodi capitategli che non sto qui a riportare.
Il 3 marzo 1944 vengono liberati dalle truppe sovietiche e la bambina finisce in ospedale, ma l'odissea per lei non è ancona finita.
Le viene constatato un pricipio di tubercolosi ossea., Sara è così magra, che pesa solo 23 kg. Viene consigliata da un medico a fornire il nome di un parente negli Stati Uniti.
Lei ricorda uno zio che abita a Brooklin, viene rintracciato e invia cinque grammi di streptomicina. Costa ventotto dollari il grammo la streptomicina, una bella cifra, ma il quantitativo non può essere sufficiente per rimetterla in piedi. Così il medico le suggerisce di venderlo e con i soldi fornisce a Sara cibo nutriente che l'aiuterà a guarire.
Il dopo è un'altra storia, la ragazzina raggiunge Istraele e là inizierà una nuova vita, prima, di incontrare il futuro marito, un ebreo svedese di origini polacche, e di trasferirsi in Svezia dove vivrà il resto della sua vita.
Le viene constatato un pricipio di tubercolosi ossea., Sara è così magra, che pesa solo 23 kg. Viene consigliata da un medico a fornire il nome di un parente negli Stati Uniti.
Lei ricorda uno zio che abita a Brooklin, viene rintracciato e invia cinque grammi di streptomicina. Costa ventotto dollari il grammo la streptomicina, una bella cifra, ma il quantitativo non può essere sufficiente per rimetterla in piedi. Così il medico le suggerisce di venderlo e con i soldi fornisce a Sara cibo nutriente che l'aiuterà a guarire.
Il dopo è un'altra storia, la ragazzina raggiunge Istraele e là inizierà una nuova vita, prima, di incontrare il futuro marito, un ebreo svedese di origini polacche, e di trasferirsi in Svezia dove vivrà il resto della sua vita.
(Storia tratta da l'Avvenire.it del 5 giugno 2009)
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro, la storia che ho raccontanto parla da sola.
"Qui sosta in silenzio, ma quando ti allontani parla."
(Epitaffio sulla lapide posta in un giardino di rose a commemorazione dei 20 bambini ebrei trucidati a Neuengamme dai nazisti)
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro, la storia che ho raccontanto parla da sola.
"Qui sosta in silenzio, ma quando ti allontani parla."
(Epitaffio sulla lapide posta in un giardino di rose a commemorazione dei 20 bambini ebrei trucidati a Neuengamme dai nazisti)
È terribile anche solo leggerla questa testimonianza. Grazie Stefania. Dobbiamo ricordare, soprattutto raccontare a chi verrà dopo di noi. Per non dimenticare mai. Perché l'infezione continua a serpeggiare purtroppo, come indica Levi, e solo ricordando la terremo a bada. Abbraccio.
RispondiEliminaCerto Stafania, bisogna assolutamente ricordare quello che è avvenuto duante l'ultima guerra mondiale, ma sembra che molti abbiano chiuso il loro cuore ed il loro cervello dimenticando i fatti ed anzi negandoli. Speriamo che questi tempi oscuri non ritornino. Buona settimana.
RispondiEliminaCara Stefania, la storia ci insegna molte cose, dopo ciò che è stato provato,
RispondiEliminabisogna non dimenticare e sorvegliare ce non succeda mai più.
Ciao e buona settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Terribile !! E meno male che tutte queste storie stanno venendo fuori e che ci sono ancora testimoni (pochi) in vita, che possono raccontare di quei tempi. Perchè l'importante ora è ricordare e far conoscere questi fatti ai nostri giovani , perchè non ricaschino negli orrori del passato. Saluti.
RispondiEliminaUn articolo denso di immagini, e dolorosissime situazioni,che hai abilmente delineato con grande sensibilità d'animo.
RispondiEliminaBuona serata, poetessa,silvia
Grazie a tutti voi per la partecipazione. Ogni volta che sento o leggo storie come questa mi si stringe il cuore e continuo a chiedermi com'é stato possibile, poi guardo ai tempi nostri e mi accorgo che le cose non sono tanto cambiate, non si impara mai!! Possibile che nell'uomo ci sia tanta perversità e malvagità?
RispondiEliminaBuona giornata e un abbraccio.