lunedì 3 febbraio 2025

Sulla spinta del vento caldo - Nuovo racconto

 


BUONA LETTURA

La primavera quell’anno pareva, al ventotto di febbraio, aver già avanzato i suoi primi passi. Nel piccolo paesino ai piedi delle montagne era arrivata una mattina, all’improvviso, con il vento caldo. Soffiò tutto il giorno e dopo tanto freddo e neve il cambiamento fu subito percepibile nell’aria.

Non era finita, si sapeva bene, e c’era da aspettarsi che il freddo non avrebbe mollato così la sua presa, non sarebbe stato da lui. La cosa fu comunque accolta dalla gente con ottimismo e la temperatura mite portò qualcuno all'aria aperta per controllare i danni lasciati dal lungo inverno. Non era ancora tempo di sarchiare il terreno dell’orto, la neve disciolta e il gelo accumulato nelle notti fredde l’aveva indurito, anche in giardino, nonostante le testoline delle prime margherite spuntate tra l’erba acciaccata dalla neve,  tutto ancora pareva riposare.

Lui arrivò in paese sulla spinta di quel vento, in tarda mattinata dalla città. Appena sceso dall'autobus si contò i soldi rimasti nelle tasche e storse la bocca: erano pochi. Troppi pochi spiccioli per comprarsi qualcosa da mangiare o sperare di andare avanti. Non sarebbe stata la prima volta che saltava il pasto, a quello ormai era abituato, ma era stanco di elemosinare in giro anche solo un piccolo tozzo di pane. Quella mattina però si sentiva stranamente ottimista, qualcosa stava cambiando. Che fosse la primavera in arrivo?

Il lavoro di giardiniere, anche se per pochi mesi, sarebbe stato suo, sentiva che sarebbe stato così. Sperava tanto andasse bene perché era stufo di dormire sempre in un luogo diverso e fare quel tipo di vita. Voleva un lavoro che lo facesse sentire utile, un lavoro dignitoso, un lavoro vero, ma sapeva bene che la volontà non basta contro la diffidenza e il pregiudizio.

Ne aveva viste e passate tante per quella pelle scura, lontano dalla sua terra. Era difficile far capire alle persone che aveva sani principi e sempre buone intenzioni. Soprattutto non era uno sfaticato e se chiedeva qualche centesimo fuori da un supermercato non era perché non avesse voglia di lavorare. Era semplicemente che lui un lavoro non lo trovava, finiva sempre per prenderselo qualcun altro.

Poi c'era stato un incontro, qualche giorno prima, fuori dal supermercato Conad, con un'anima caritatevole. Un uomo anziano che, invece di dargli la solita moneta, si era soffermato a parlare con lui e gli aveva detto di quel lavoro. Farid quasi non aveva creduto alle sue orecchie. Prima di giungere in quella città si era già occupato di piante, gli piaceva prendersene cura, stare fuori a contatto con la natura e far fatica non lo spaventava.

Il suo abbigliamento, consistente in un paio di pantaloni leggeri e una giacca di due taglie più grande, rimediata in un centro Caritas, non era dei più adatti al clima rigido di quella regione, e la gente spesso lo guardava con curiosità e diffidenza. Ormai si era abituato ai loro sguardi e non faceva più caso alla distanza che mettevano tra lui e la loro persona. Quel giorno, però, sperò ardentemente che colui o colei, a cui doveva rivolgersi, non si facesse influenzare dalle apparenze o fosse assalito/a dai soliti pregiudizi.

Il responsabile della Cooperativa, a cui si presentò, era un giovane all'incirca della sua età. Per un attimo questo lo portò a illudersi che potesse esserci empatia tra loro e quindi fosse più facile fargli comprendere quanto fosse importante avere quel lavoro. L'uomo però lo liquidò in fretta affermando di essere dispiaciuto ma di aver appena assegnato il lavoro a un'altra persona.

Magari le cose erano davvero andate in quel modo, ed era stato solo questione di tempismo, ma quel pensiero non lo confortò e si sentì comunque ancora una volta rifiutato. Era appena ventenne, aveva tutta una vita davanti, ma quale, a quali condizioni, se ogni volta finiva con un nulla di fatto? Sarebbe mai arriva la sua occasione, ne avrebbe mai avuta una?

        Uscì dall'ufficio con l'animo a terra, e la ventata di aria calda che lo investì non gli fece tornare il buon umore, si sentì pervadere da un senso di inutilità. Aveva sperato in quel lavoro, aveva sognato, fantasticato di poter contare su un nuovo inizio, su un futuro più sereno, invece restava un clandestino. Aveva osato sperare troppo, pensò, non c'erano possibilità di riscatto per uno come lui. Era un diverso, era un nero, la gente aveva paura di persone come lui.

     Dopo un anno, in Italia per essere sfuggito alle guerriglie nel suo paese che depredavano e uccidevano, aver affrontato il lungo viaggio nel deserto e poi in mare... le violenze, la fame, le torture, le vessazioni in Libia, dopo aver superato tutto questo, si sentiva ancora in viaggio. Alla ricerca di una terra, di una sua dimensione, ancora esposto ai rischi, alle tentazioni, di chi è senza un lavoro. Era un irregolare. Non aveva diritto a sognare uno come lui, poteva solo accontentarsi degli scarti. Dopo tutto doveva considerarsi comunque fortunato: era ancora vivo.

      Mentre camminava, seguendo il corso dei suoi pensieri, si accorse di aver lasciato il centro per imboccare una strada traversa e di essere finito vicino a una scuola. Non era l'ora della ricreazione e i bambini erano ancora in classe, ma in una villetta poco distante notò una vecchietta che stava cercando di tenere aperto un sacco nero dove avrebbe voluto gettare le foglie accartocciate e umide cadute in giardino. Ma era una lotta impari tra il vento che non accennava a essere ragionevole e la donna che si affannava a raccogliere qualcosa che in un attimo vedeva di nuovo dispersi attorno.

     Alla vista di Farid l'anziana si soffermò per riprendere fiato e gli sorrise. Non capitava spesso che qualcuno fosse gentile con lui e ne fu piacevolmente sorpreso. Notò che la donna zoppicava ed era gobba. Francamente non si spiegava come riuscisse a stare in piedi. Non sembrava molto sicura nei movimenti, a tratti le mani parevano accennare un tremito. Stava facendo qualcosa che era al di sopra delle sue possibilità, così si offerse di aiutarla. Adele guardò il giovane in faccia, e gli sembrò di vedere suo nipote, uno sguardo quasi familiare, forse per l'età, per gli occhi pieni di vivacità e aprì il cancello per farlo entrare.

    L'offerta di aiuto del giovane capitava proprio nel momento giusto, faceva fatica ad ammetterlo, ma era stanca e se avesse avuto una sedia vicino si sarebbe volentieri riposata un po'. Quel vento insistente le aveva tolto il fiato. Eppure non aveva saputo resistere alla nostalgia per l'aria mite della bella giornata primaverile dopo i diversi mesi trascorsi in casa per il freddo. Respirarla, sentirla entrare nei polmoni, la faceva stare bene. Poi aveva visto tutte quelle foglie che roteavano nel cortile, e aveva pensato di fare uno po' di pulizia, ma non aveva tenuto conto dei suoi anni e dell'irruenza incontrollabile del vento.

    Il giovane l'aiutò con il sacco e quando ebbe finito lo ripose sotto una tettoia al sicuro, poi si offerse per aiutarla a fare altro. Adele mentre lo osservava al lavoro, pensò alla comodità di avere due braccia forti a cui ricorrere per una mano. Farid era alto e appariva robusto, lei solo una vecchia fragile, e malata. Il figlio e il nipote viaggiavano spesso per lavoro e non osava coinvolgerli, chiedere quell'aiuto di cui, francamente in quella casa tutta sola dopo la morte del marito, aveva un gran bisogno.

     Aspettò che Farid finisse di mettere a posto poi lo invitò in casa a bere una tazza di caffè. Davanti al liquido fumante non riuscì a trattenersi da fargli domande sulla sua vita, e sul paese da cui proveniva. Adele come ogni vecchietta era curiosa e assetata di storie e, quel giovane che arrivava da lontano, e parlava già abbastanza bene l'italiano, sembra averne una tutta per lei.

    La sua era semplice curiosità, niente altro, neanche per un momento l'attraversò l'idea di diffidare di lui, né di dare peso alla sua pelle nera. Qualche giorno dopo, quando una vicina si permise di suggerirle di fare attenzione, che non c'era da fidarsi di uno straniero,  soprattutto con la pelle nera, si scoprì  a dire le stesse cose.

    Farid era semplicemente un giovane, precisò, un giovane come tanti, come era stato suo figlio e ora suo nipote. Un giovane pieno di forza e di vita, quella che lei a giornate sentiva sfuggirle dentro. E la liquidò aggiungendo che non aveva niente da temere da lui, piuttosto erano gli altri ad avere qualche problema. Tutti hanno diritto a una seconda occasione e non deve essere il colore della pelle a condizionarne il diritto.

    Nessuno vide più Farid davanti a un supermercato. Lavorò per Adele che lo retribuì per diversi mesi e anche dopo passò spesso a trovarla per farle un po' di compagnia. Con il tempo la gente del paese imparò a non diffidare di lui, a essere gentile e a salutarlo. Qualcuno lo chiamava per fargli fare dei lavoretti, qualcun altro si soffermava a parlare e pronunciava amichevolmente il suo nome. Nessuno più cercò di evitarlo. Un anno dopo si liberò un posto alla Cooperativa e fu assunto stabilmente  come giardiniere.

    Tutto merito del vento caldo di quel lontano giorno che oltre alla primavera portò una nuova vita a Farid.

Stefania Pellegrini ©

Anno 2025 - Inedito


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