martedì 22 ottobre 2024

L'uomo con l'impermeabile

 

Vilhelm Hammershoi


Questo racconto, che fa parte della mia raccolta "EVASIONI TRA LE RIGHE" CTL Editore, è già apparso su questo blog un po' di anni fa. Mi fa piacere riproporvelo nella sua veste definitiva.

Buona lettura.


Solo con le prove si può confutare una teoria”, e lei non ne aveva. Ma come procurarsele?


Impermeabile grigio, ombrello nero, cappello calato sulla testa, appena la donna lo vide girare l’angolo pensò: è lui. Tre giorni che passava in strada, sempre vestito allo stesso modo, e lei non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

C'era qualcosa in quella figura che la incuriosiva e proprio non la convinceva.

Sarà stato l'impermeabile indossato con il sole alto in cielo, o il borsalino nero calato sul volto, o forse il passo in qualche modo circospetto.

Ma sì... il cappello, era quasi certa fosse quello, la metteva nell'impossibilità di vedere bene l'uomo in faccia e la portava a immaginare tutto e il contrario di tutto.

Si dice che la curiosità sia femmina, mettiamoci pure l’età avanzata, l'inoperosità dell'anziana, la vista scarsa, e il quadro è completo.

Ultra ottantenne e sola, gambe un po' ballerine, passava gran parte del suo tempo a seguire la vita dalla finestra dell'alloggio che apriva sulla strada trafficata.

Non usciva quasi più di casa, così una vicina si occupava di comprarle il pane e il garzone del supermercato a fianco le portava le poche altre cose di cui aveva bisogno.

Ne aveva tempo per pensare, e sì ne aveva fin troppo per fantasticare, anche su fatti che altri potevano trovare insignificanti.

Un ladro? No, pensava, non è il comportamento di un ladro.

Che interesse avrebbe a passare ogni giorno e sempre alla stessa ora?

E se stesse tenendo d'occhio le abitudini degli inquilini di qualche alloggio vicino?

Oddio, devo vigilare.

Ma no, non ha l'aspetto di un ladro.

Però potrebbe essere l'amante di una donna sposata che incontra quando il marito non è in casa... ma sì sposata, altrimenti che motivo avrebbe per camuffarsi in quel modo. La faccia nascosta dal cappello... l'impermeabile... e l'ombrello poi, con il clima mite di questi giorni… non sono certo adeguati.

Si complimentò con se stessa, questa sì che era un'ipotesi plausibile.

Ma l'amante di chi?

Conosceva un po' tutti nel vicinato e per quanto cercasse di ricordare, non le veniva in mente nessuna donna su cui puntare il dito, tutte madri di famiglia e non proprio giovani.

Eppure... eppure, non l'aveva mai visto da quelle parti prima.

Più pensava e ripensava, ripassava ogni dettaglio colto in quei brevi minuti, più si convinceva fosse un personaggio strano.

Era certa avesse qualcosa da nascondere. Ma cosa?

Congetture dipanava nella mente, semplici deduzioni che trovavano terreno fertile nella sua fantasia. Quell'uomo aveva fatto colpo su di lei, non c’erano dubbi. Dopo la prima volta, era già in grado di distinguerlo in mezzo ad altre persone, e a darne anche una descrizione, se fosse stato necessario.

Magari, non sarebbe stata delle più dettagliate. Spalle un po' curve in avanti, gamba destra all’apparenza rigida, trascinata leggermente, fisico un po' allampanato e slanciato, aspetto di una certa eleganza, questo avrebbe detto… e i lineamenti del viso invece, l'espressione, il colore degli occhi per esempio, quello dei capelli?

Giovane o anziano…? Lei avrebbe supposto di mezza età, un uomo ancora attraente, con un che di misterioso nello sguardo.

Sapeva di non avere tutti i dettagli per la sua radiografia, ma non disperava e poi le piaceva quell’appuntamento giornaliero, stare alla finestra la faceva sentire attiva, partecipe della vita degli altri. Era come se quelle vite diventassero anche un po’ sue.

Alle dodici di ogni giorno si metteva davanti ai vetri e aspettava di vederlo passare, ansiosa di cogliere ulteriori elementi che la orientassero nelle sue teorie.

L'uomo sopraggiungeva poco dopo, sempre dalla stessa direzione, e lei ne distingueva subito la figura tra i passanti numerosi a quell'ora. Sbucava da una stradina laterale alla sua sinistra, le passava davanti e scantonava due minuti dopo per Via delle Rose.

Furono giorni pieni quelli per lei sempre così sola. Passarono in diversi a salutarla e fu presa a fare mille supposizioni, così dimenticò di parlarne con la vicina che le portava il pane, ma forse non l'avrebbe comunque fatto, per non essere scambiata per una vecchia matta.

Lo dicevano spesso su C.S.I, la serie che guardava in Tv: “Solo con le prove si può confutare una teoria”, e lei non ne aveva. Ma come procurarsele?

Poteva sempre scendere facendo finta di incrociarlo per caso, ma con le sue gambe un po’ ballerine come l’avrebbe messa? E se fosse caduta dalle scale e si fosse fatta male? Va be’ c’era sempre l’ascensore, ma quelle non chiedevano il permesso… potevano mancarle in qualsiasi momento. E poi, cosa gli avrebbe potuto dire?

Mica chiedergli chi era e perché passasse proprio di là sotto? Sarebbe stato indelicato e poi chiunque è libero di percorrere la strada che vuole.

L'anziana fantasticava da mattino a sera, passando da una congettura all'altra, ma questo non la aiutava molto.

Il quarto giorno non vide il suo uomo, il quinto di prima mattina, una vicina passò a trovarla per bere una tazzina di caffè, come faceva spesso.

Momenti preziosi quelli, per parlare un po', e trascorrere una mezz'ora in compagnia ad aggiornarsi sugli ultimi accadimenti del vicinato.

Soffriva per non essere più attiva come una volta, ma gli anni erano quelli che erano e pesavano notevolmente sul suo fisico. Aveva sempre dolori alle giunture, le gambe la sorreggevano poco e anche i suoi movimenti si facevano ogni giorno più lenti. Ma la mente, ah no, quella ancora funzionava bene, almeno lei ne era convinta. La teneva attiva leggendo, parlando con i vicini che passavano a trovarla o facendo i cruciverba, e soprattutto stando alla finestra a osservare le persone in strada.

Fra tutti, questo era il suo passatempo preferito perché l’aiutava a scacciare la solitudine che a giorni aveva dentro come un malessere sottile di inutilità. Lei conosceva bene quel disagio, era come sentirsi una sedia vecchia, rotta e abbandonata in un angolo.

Rimasta vedova molto giovane, con un figlio ancora da crescere, aveva imparato presto a riconoscerla e se nei primi anni c’era stato altro a cui pensare e si era limitata a un’idea passeggera, dopo invece, quando il figlio ormai adulto aveva seguito la sua strada accettando un lavoro in Spagna, quei periodi di solitudine si erano fatti sempre più presenti. Le causavano sofferenza e ansia e la sensazione di essere attorniata da un mare di silenzio che a giorni diventava un oceano profondo e insidioso. Spesso la notte sognava di trovarsi in mezzo a un grande deserto tra dune e dune di sabbia, attorniata da chilometri di nulla, e nessun orizzonte in vista.

Il racconto della vicina vi cadde per caso, parlavano del matrimonio imminente della giovane del primo piano e del suo trasferimento in un paese vicino, quando la stessa esordì dicendo:

Si ricorda la Grazia di Via delle Rose qui dietro? Morto il marito ha venduto l'alloggio e si è trasferita dalla figlia. L'ha acquistato una coppia che viene dalla periferia. Hanno una ragazzina di quattordici anni.”

Il trasloco… - ci pensò un po’ su e poi aggiunse: - mi sembra ci sia stato una settimana fa.”

Avvicinò la tazzina di caffè alla bocca, ne bevve un sorso, poi riprese:

Non li ho ancora conosciuti, ma la Teresina mi ha detto che lui è un meteorologo. È un uomo alto, distinto. L'avrà certamente visto passare, ogni giorno rientra a casa verso le 12:00 per pranzo.”

A tale informazione l’anziana fu assalita dal dubbio, tutte le sue certezze se ne andarono in fumo e restò in silenzio per prendere tempo e riflettere: Possibile che il suo uomo fosse un meteorologo?

Qualcosa però non quadrava, doveva provare a rimettere insieme i pezzi del puzzle. Prese su la tazzina di caffè dal piattino, l’avvicinò alle labbra e lentamente sorseggiò il liquido bollente. Fu allora che ricordò. Si trattava di un fatto avvenuto in quei giorni, che non aveva considerato, così presa dai suoi pensieri… il pezzo mancante al puzzle.

Ogni giorno, dopo le 12:00, salivano nubi da occidente a coprire velocemente tutto il cielo e in breve una pioggerella insistente e uggiosa prendeva a scendere silenziosa fino alla sera. Al mattino seguente il cielo tornava sereno, in linea con i capricci di una stagione ancora incerta, qual è spesso la primavera.

Ma certo, chi più di un meteorologo può stabilire le probabilità di pioggia di una giornata?

Ora le era tutto chiaro.

Non c'è niente di strano a indossare impermeabile e ombrello se sai che con molta probabilità pioverà.

Vergogna Lina, disse fra sé, vergogna. Immagina le chiacchiere che avresti messo in giro su un uomo che non conosci nemmeno. Per fortuna non ne hai parlato con nessuno.

Sei la solita visionaria.

Cercò di nascondere l’imbarazzo con la vicina, rispose evasivamente, poi prontamente spostò la conversazione su un altro argomento.

Non era la prima volta e sapeva che non sarebbe stata neanche l’ultima, sempre una bella impresa tenere a freno la sua fantasia. Eppure aveva solo questo per non sentirsi troppo sola, quando il disagio le apriva scenari di stanze vuote e strade chiuse e avvertiva l’anima spoglia.

Certo suo figlio la chiamava tutte le sere al telefono. Ma era triste non provare più l’emozione di un abbraccio, di un bacio o non potersi più prendere cura di qualcuno.

Il tempo le era sfuggito di mano e ora non le restava che appropriarsi di qualche sguardo passeggero, un sorriso colto qua e là o chiudere gli occhi e viaggiare con la fantasia.


Stefania Pellegrini 



DIRITTI RISERVATI




venerdì 6 settembre 2024

Nuovo racconto: Incontri al castello.

 


BUONA LETTURA

“Domani non vengo.” Daniela sapeva che Angela non l’avrebbe presa bene, ma non poteva fare altrimenti, in fin dei conti si trattava solo di rimandare a un altro giorno.

“Come non vieni? Sono settimane che ne parliamo e adesso me lo dici così, all’ultimo minuto che non vieni. Io che dovrei fare?”

“Lo capisco e mi dispiace. Mia madre ha bisogno di me e non posso dirle di no. Sai com’è fatta. Sentiti libera di andarci da sola, altrimenti lo facciamo insieme il prossimo sabato.”

Angela riattaccò il telefono un po’ seccata, contava su quella gita per distrarsi e staccare dal lavoro stressante della settimana, oltretutto era un periodo che si sentiva particolarmente sola.  E adesso?

Tirò fuori dal frigo la bottiglia di bianco e se ne versò un po’ nel bicchiere, poi prese il telecomando, accese la tv e si mise a fare zapping indecisa sul da farsi: Che faccio, ci vado da sola? Ma non sarà la stessa cosa. Però se domani resto a casa, lo so già, mi gireranno le palle tutto il giorno.

Le previsioni meteo promettevano una splendida giornata calda. Aveva già preparato sul tavolo il termos con l’acqua, qualche snack e un panino per il pranzo. Lo zainetto era pronto in camera… con le scarpe da jogging vicino… Mancava solo la sua decisione.

 Perché rimandare? Aveva voglia di andare e allora? Nessuno le vietava di farlo da sola. A quel pensiero si sentì più sollevata, andò in bagno e si fece una doccia. Poi si infilò nel letto e caricò la sveglia per le sette del mattino. Il tempo di fare colazione e poi via, in mezz’ora di macchina avrebbe raggiunto il lago e da lì successivamente si sarebbe incamminata verso il castello con una piacevole passeggiata di un’ora circa. Magari anche un po’ meno, considerando che da sola avrebbe mantenuto un passo più sostenuto.

***

Il lago era in apparenza tranquillo quella mattina, una famiglia di germani si lasciava portare dalla corrente, altri sonnecchiavano a riva sotto l’ombra di un salice e c’erano folaghe che becchettavano nell’acqua. Stranamente incontrò solo un paio di coppie di anziani che passeggiavano lungo la riva, e si sentì invadere da un senso di calma. Pensò di approfittarne e di sedersi all’ombra di grossi alberi sul pendio erboso prominente la sponda ovest del lago. Una leggera brezza rendeva l’aria piacevole e notò al largo un’imbarcazione che navigava a vele gonfie davanti a lei. In lontananza le sembrò non più grande di una barchetta di carta. Oscillava e zigzagava veloce spostandosi leggera sul pelo dell’acqua. Chissà che sensazioni si provano a trovarsi là in mezzo, da soli, con nessuno attorno? Ti senti sperso, in balia del vento e delle correnti o padrone del tutto? Si chiese Angela. 

Non era mai salita su una barca a vela e si ripropose di farlo, magari un giro breve di mezz'ora, tanto per capire cosa si prova. Probabilmente al mare sarebbe stato diverso, ma valeva la pena tentare, pensò. Per intanto si sarebbe informata chiedendo a Sergio, un collega appassionato di vela. 

La mattina volò in fretta, scattando qualche foto e leggendo alcune pagine del libro che si era portata da casa. Allo scoccare del mezzogiorno aprì il sacchetto che aveva nello zaino e si mise a mangiare. Benché in quel luogo ombroso stesse bene, aveva deciso di raggiungere comunque il castello. Ormai era curiosa di visitarlo. Alcuni colleghi le avevano detto che poteva arrivarci anche con la vettura, ma che il tratto a piedi le sarebbe piaciuto per la piacevole camminata in mezzo alla natura. 

Dal lago al paese, dove avrebbe trovato la strada per il castello, c’erano appena cinque minuti in macchina e si chiese perché, nonostante la vicinanza, non fosse mai stata là.

***

Parcheggiò sulla piazza all’entrata del paese e si incamminò. Qualcuno le aveva parlato di un percorso su un sentiero sterrato in mezzo ai boschi ma, scesa dall’auto, notò un cartello segnaletico che indicava di entrare in paese. Si guardò meglio attorno e notò un’altra indicazione. Era posta su una strada asfaltata alle sue spalle che girava in un tornante cieco in salita. Probabilmente si poteva raggiungere il castello seguendo due percorsi diversi. Angela si guardò attorno per chiedere, ma la piazza, forse per l’ora dovuta al pranzo, era deserta. In quel mentre le venne da sorridere pensando a Daniela che, se fosse stata con lei quel giorno, non avrebbe avuto dubbi nel prendere l’indicazione per il paese, pensandola meno faticosa. Conosceva troppo bene la sua scarsa propensione a quel tipo di camminate.

Niente comunque faceva supporre che quello fosse il percorso più agevole e corto, e una passeggiata anche più lunga a lei poteva andare bene, quindi nell’indecisione imboccò, con zaino a spalle, il tornante. Dopo pochi minuti di salita si trovò fuori dall’abitato su un sentiero sterrato come quello che le avevano descritto.

Ritrovarsi in mezzo alla natura fu piacevole, e per niente disagevole. Il sentiero che costeggia il bosco di castagni e campi coltivati, procedeva abbastanza pianeggiante e a tratti in ombra. Ogni tanto incrociava qualcuno che probabilmente stava scendendo, ma in linea di massima il percorso era poco frequentato e tranquillo quel giorno. Dopo una mezz’ora circa incrociò una strada asfaltata con un’altra indicazione e intravide la sagoma di alcune case. La imboccò e proseguì in mezzo all’abitato. La giornata non era calda, decisamente con una temperatura dolce e piacevole. Angela si sentiva di buon umore e rilassata, le capitava spesso quando faceva quel tipo di passeggiate.

A un certo punto lo vide. Un’imponente costruzione, posta sulla cima di un colle, un po’ spostato alla sua sinistra. A lato di una strada d’accesso per le macchine, un passaggio pedonale, che si inerpica in un paio di leggere salite, la portò all’ala dietro il castello.

Raggiunto l’antico maniero fu attratta subito dall’ampia balconata belvedere e si diresse nella sua direzione. Lo spettacolo del lago non tradiva le aspettative, era davvero stupendo. Solo quello meritava la camminata.  Da quella distanza i colori bruniti e dorati della vegetazione, la distesa di vigneti e frutteti della campagna sottostante, l’immobilità del lago le apparvero in tutta la loro bellezza e solennità, se ne sentì attratta e si perse in quel loro regale silenzio. 

“La sta cercando anche lei? È riuscita a vederla?” Una voce maschile alle sue spalle la fece trasalire. Voltandosi di scatto si trovò davanti un giovane alto con i capelli mori, era a pochi passi da lei. Sorrideva con uno sguardo simpatico.

“Scusi?” Rispose Angela in tono interrogativo e aggiunse: “Cosa dovrei vedere? Non capisco.” 

“Ma come, non sa della storia che si racconta da queste parti? La conoscono tutti.”

“Mi dispiace, io no.”

“Vede, si dice in giro che in certe giornate, da quassù, si possa vedere affiorare sul lago il volto di una giovinetta che un po’ di anni fa si è suicidata proprio gettandosi dalla sponda di ponente.  È strano vero? Non so se ci sia un fondo di verità, io non l’ho mai vista. Ma sa come sono queste storie, da una voce ne nasce un’altra e un’altra, fino a che la gente del luogo finisce per parlarne spesso e la fa diventare vera anche se non lo è. Comunque si racconta che sono stati in molti ad aver assistito a queste apparizioni. “ 

Istintivamente Angela si voltò di nuovo verso lo specchio d’acqua, come influenzata da ciò che le era stato appena raccontato, lo vide incresparsi e da quel movimento affiorare sulla superficie qualcosa che non riuscì a distinguere. Non ebbe modo di capire perché un attimo riportò tutto allo stato precedente di immobilità e impenetrabilità. Si riscosse, cercando di scacciare l’immagine dai suoi occhi, ma non poté negare a se stessa di esserne uscita turbata. Si riprese nell’istante in cui il giovane le diceva di chiamarsi Federico, di abitare a Biella e le proponeva di darsi del tu.  Aveva un fare amichevole e cordiale, una dialettica non indifferente, dovette ammettere Angela, le cose le sapeva dire.

Federico non aspettò una sua risposta per passare all’illustrazione turistica del luogo.

 “Il castello ha origini antiche - raccontava. - Come certamente saprai, nel III secolo d.c. era già una fortezza. Quello che credo tu non sappia è che, purtroppo da un po’ di tempo, non è visitabile all’interno. Si viene qua sopra e ci si deve accontentare del paesaggio che vediamo dal suo terrazzato. Sai che nel 1459 un tal cavaliere Bernardo venne chiuso nel castello in un’armatura e murato vivo perché aveva perso una disputa con un suo rivale? Credimi, non è una leggenda.  Pare che durante le opere di restauro siano stati trovati i resti di un uomo in armatura dietro una parete che portano ad avvalorare la storia.”

“Intorno alla giovinetta, invece, che puoi aggiungere? Quale spiegazione è stata trovata?” Lo interruppe Angela.

“Pare che la ragazza, innamorata di un giovane suo coetaneo, si fosse lasciata affogare nel lago perché i genitori l’avevano promessa a un altro e volevano costringerla a sposarlo. Le apparizioni sono iniziate qualche tempo dopo la sua morte e solo a donne giovani. Quando qualcuno ha cercato di saperne di più è venuto fuori che avevano tutte in comune problemi sentimentali irrisolti. Non so però che fondo di verità abbiano e francamente non mi interessa. 

“Ma non trovi sia strano?” Aggiunse Angela.

“Certo. Per me è solo un fenomeno che deriva da un effetto ottico che si crea sul lago. Magari a seguito di una serie di coincidenze: come la quantità  d’aria che muove la superficie e si scontra con le correnti del lago… un determinato momento atmosferico di luce… in base alla posizione del sole… il modo in cui i raggi trafiggono lo specchio d’acqua con il passaggio di qualche nuvola... Insomma non è niente di misterioso. La gente ha bisogno di trovare una spiegazione a ciò che non si sa spiegare perché dà certezze e sicurezze. Il fatto è che la fantasia delle persone galoppa sempre un po’ troppo. Basta che uno racconti qualcosa e qualcun altro la riporta subito ingigantita.”

***

“Senti, che ne dici se scendiamo insieme e ci fermiamo in paese a prenderci qualcosa da bere? Mi piacerebbe conoscerti meglio.” Proseguì Federico.

Angela non rispose subito, perché la storia appena ascoltata la portò a pensare ad Antonio, il suo ragazzo. Improvvisamente realizzò quanto le mancasse parlare con lui, così anche semplicemente come aveva fatto quel pomeriggio con Federico. Da quanto tempo non lo sentiva? Una settimana? Da come sentiva la sua mancanza le pareva trascorso più tempo.

Antonio, per il suo mestiere di giornalista, era sempre in giro. Si spostava di frequente e spesso non riusciva neanche a mettersi in contatto con lei. Quando andava bene, e potevano a parlarsi, cadeva la video chiamata dopo appena cinque minuti. Da circa sei mesi, Angela doveva accontentarsi di incontrarlo per qualche ora tra un volo e un altro. Erano poche le volte che potevano stare insieme per più di due giorni e lei era stanca di quell’amore a intermittenza. Voleva sicurezze, certezze che lui, a parte promesse, continuava a non darle.

Antonio l’amava ancora? Se l’era chiesto spesso in quegli ultimi mesi e improvvisamente realizzò che forse neanche lei lo amava più come prima. Era arrivata l’ora di chiarirsi, di andare a fondo, pensò. Sentì di non essere più disposta a sacrificare la sua vita per lui.  Non era felice.

Guardò Federico, i suoi occhi marroni, pensò al piacere che le aveva procurato la sua presenza, al modo di raccontare che l’aveva messa subito a proprio agio. La sua spontaneità, la semplicità. Non sapeva spiegarsi ma era come se lo avesse conosciuto molto prima di quel pomeriggio.

Per troppo tempo si era sentita sola e rispose:

“Dico che un’ottima idea.”

Fine.

 Stefania Pellegrini © 

Storia inedita  - anno 2024

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