domenica 22 dicembre 2024

Racconto di Natale: Un regalo inaspettato

 


Con questo racconto vi faccio i miei auguri. 
Che possiate trascorrere delle Serene Feste in allegria e in compagnia dei vostri cari.
Buon Natale e buona lettura.


    Guarda, Adelina, lo spettacolo oltre la finestra, le poche ombre passare frettolose e rabbrividisce avvolta nello scialle, seduta sulla poltrona a fiori rosa.
    Strana sera per una notte come questa: la luna, le stelle paiono essersi persi per strada e il cielo è fasciato da un manto bigio. La pioggia insistente del mattino si è ormai dileguata lontano, una brezza leggera ora, spira gelo pungente sugli alberi intirizziti della via, sull'aria rarefatta avvolta da un velo di leggera nebbiolina.
    Chi non ha casa, si dice, in una notte così la cerca. Adelina rimpiange sere lontane in cui il calore del caminetto invadeva prepotente la stanza, l'odore speziato, dolciastro di tabacco, della pipa del marito. Vede gli anelli di fumo salire leggeri, andare a unirsi a quelli dei ciocchi del fuoco, fra misto a un odore intenso, gradevole di cedro e pino. Sente le voci del loro cicaleccio, rapito da confidenze, futili parole, vede il sorriso allegro di quel volto tanto caro.
    La stanza rischiarata dalla debole luce del fuoco e da un abat jour è avvolta nel silenzio. Un silenzio stantio, duttile, che avvolge ogni oggetto, ogni spigolo dei mobili nella stanza, possiede le forme, i deboli chiarori, le ombre. Adelina stessa, è parte di quel silenzio sonnolento, molesto, che logora lento come tarlo nascosto nel legno, accompagna le sue passeggiate al parco e non l'abbandona mai.
    Raramente, pensa Adelina, incontro qualcuno che accenni a un saluto, a una parola gentile, a un sorriso. Anche al supermercato tutti sono sempre presi dalle proprie spese. Provi ad accennare qualche parola, e che cosa ricevi in risposta? Solo attenzioni distratte, pure alle cassiere non piace chiacchierare; le persone pare abbiano dimenticato l'importanza di questi gesti, che tanto scalderebbero il cuore.
    Un tempo invece... Un tempo era diverso, quando al posto del supermercato c'era la macelleria di Francesco, lui sì, che era gentile. Entravi ed eccolo pronto ad accoglierti, sempre disponibile alla battuta, il suo bel sorriso e mai una parola, un gesto di stizza verso le persone più esigenti. Di lui ti potevi fidare, se avevi qualche problema ti ascoltava, ti consigliava.
    E adesso? Adesso più nulla.
    Passeggi da sola per la casa e pesano le ore. Lavi le tende, che hai già lavato la settimana scorsa, o prepari una torta che regalerai a una vicina di casa, cerchi di tenerti occupata per non farti intristire dalla solitudine.
    Sempre da sola, esci e vai a passeggiare in lungo e in largo, ascoltando i rintocchi del campanile battere duri come rumore di pietre. Da qualche anno ti giri per queste stanze, tra le ombre di un passato ormai perso per sempre: rimpiangi, cerchi, vivi di ricordi. Ti pesano gli anni, e ne conti ormai molti, il cuore è stanco e provato dalle tante avversità, il passo s'è fatto più lento, e la faccia è segnata da profonde rughe.
    
    E' una sera speciale, questa: la vigilia di Natale, ma per Adelina è una sera come un'altra, non aspetta nessuno, nessuno busserà alla sua porta per un augurio, una stretta di mano. Torna a sedersi sulla poltrona e riprende a leggere qualche pagina del libro; ormai da tempo soffre di insonnia, inutile quindi andare a letto, meglio aspettare che il sonno abbia pietà di lei e la raggiunga lì, su quella poltrona.
    Ai primi rintocchi del campanile ad annunciare la mezzanotte Adelina si riscuote, realizza che s'è appisolata. In quel mentre, un lamento lontano attira la sua attenzione.
    Accende i sensi, si fa più attenta. E' come un gemito portato dal vento, a tratti più acuto, va ad onde lontane, vicine, a momenti si perde. S'avvicina alla porta d'ingresso, poggia l'orecchio in ascolto: un miagolio è, ora più insistente, e pare arrivare da dentro casa, però in cucina, nella cameretta non trova nessuno.
    Guarda fuori, oltre la finestra e lo vede: un piccolo batuffolo nero, rannicchiato ai piedi della catasta di legna da ardere, si distingue a mala pena nel buio della notte. S'affretta alla porta e lo lascia entrare.
    Il piccoletto, non più di tre mesi, smette di miagolare, senza alcun timore s'avvicina ad   Adelina e prende a strusciarsi alle sue gambe. Ha un pelo folto, morbido, di un colore nero screziato bianco e una macchiolina marrone sull'occhio destro.
    “Che tenero, avrai freddo. Che ci fai fuori a quest'ora, in una sera come questa, da dove sbuchi? “ Gli chiede commossa Adelina, prendendolo tra la braccia.
    Va in bagno a prendere un asciugamano per avvolgerlo, e con delicatezza comincia a massaggiarlo. Il gattino docile la lascia fare, gode di quel piacevole contatto, e beato s'abbandona sopra le ginocchia ossute, ma accoglienti di Adelina. Lecca le sue mani rugose con la punta della linguetta ispida: avanti, indietro, avanti leggera.
    La donna, un largo sorriso sulle labbra sottili, guarda il piccolo batuffolo sbucato da una notte così tenebrosa, se lo coccola dolcemente, lo accarezza. Poi nel dubbio che possa aver fame lo lascia sulla poltrona e va in cucina a preparargli qualcosa. In casa non ha cibo per gatti così mischia del riso, avanzo della cena, con un po' di latte e glielo mette in un piattino. E' cibo improvvisato ma il gattino sembra gradire.
    D'improvviso la stanza pare attraversata da un chiarore, per incanto anche gli oggetti riacquistano vita, colore, il volto di Adelina è come trasformato, pervaso da una luce particolare.
    La mezzanotte è passata, ma è la notte di Natale, in cuor suo la donna ora realizza e pensa al Bambinello che, da poco, ha rinnovato la sua venuta. Grata lo ringrazia per quel regalo inaspettato. Guarda teneramente il suo ospite che sta cercando di salirle di nuovo in grembo e pensa che sarà bello prendersi cura di lui, avere qualcuno con cui condividere le sue giornate.
    Spegne la lampada e con il gattino in braccio va in camera da letto, adesso potrà dormire serena. Il suo letto non sarà più vuoto, ha trovato qualcuno con cui sognare. 

Stefania Pellegrini ©


A U G U R I

giovedì 28 novembre 2024

Racconto: Quel giorno in aeroporto

 


BUONA LETTURA


I passeggeri del volo Ryanair delle 16:45 per Dublino sono invitati a presentarsi al Gate n. 5 per l'imbarco.”

Aeroporto di Milano, Elisa è in attesa del volo per Roma, e quell'annuncio non la riguarda, ma sentir pronunciare Dublino la turba. La colpa è di  certe immagini che si era illusa di aver accantonato nella memoria e risvegliano inaspettatamente una storia.

Una piccola storia che si fa via via sempre più grande e apre con un raggio di luce alle emozioni che rapide si presentano a procurarle una fitta al cuore.

Certe esperienze non si dimenticano, si possono mettere da parte, si può trovare il modo di superarle, ma il segno resta.

Il mese di Febbraio, mezza Europa sotto la morsa del gelo, ricorda, e l'aereo per Dublino, su cui dovrebbe salire, fermo sulla pista in attesa di un miglioramento del tempo.

Ripensa ai due mesi volati in un lampo, a quel ricordo che ora sente vivo come all'ora, alla telefonata che aveva cambiato in qualche modo il corso della sua permanenza e un po' anche lei...

Dublino ora le appare come avvolta in una nuvola, parte di un sogno a occhi aperti. E' passato del tempo, più di un anno.

Nell'aria tra le ali del vento c'è quel soffio di rinascita, di risveglio, di una natura che freme, sotto la coltre ancora gelata della terra.

La sente Elisa, la sente quella natura che come il suo cuore cerca l'energia vitale per rifiorire. Ha tanta voglia di lasciarsi quel passato alle spalle, ma, Dublino inaspettatamente, è lì come un post-it fissato nella mente, è una voce dolce che sussurra tenere parole.

Dublino le ha dato molto, non può che ricordarla con amore e tra il pulsare via via più forte del cuore si accorge di rivivere quegli istanti nei volti, le voci, le parole di allora... i pub pieni di gente allegra, le vie affollate, i dublinesi gentili e disponibili. Giorni riprendono forma e filano via veloci tra impegni da organizzare, da fare, da sognare... lo stage da seguire... le visite turistiche alla scoperta della città e dei suoi dintorni.

Ma soprattutto non può far a meno di ricordare il rossore sulle guance, la timidezza, il suo iniziale imbarazzo che anche quel giorno all'aeroporto si era presentato immancabile davanti allo sguardo accattivante e il sorriso dolce di una faccia giovane... i cui occhi azzurri come acque marine la fissavano penetranti.

***

Il traffico aereo internazionale restò paralizzato tutto un giorno, e l'aereo per Dublino delle ore 11:35 rimase fermo sulla pista di decollo tra rinvii che si sommavano gli uni agli altri.

Riuscì a decollare solo alle 8:35 del giorno seguente, ed era domenica.

Elisa che il lunedì a Dublino doveva iniziare lo stage di formazione in inglese restò in apprensione fino all'imbarco, augurandosi che non annullassero anche quel volo. A Dublino l'aspettava Teresa, un'amica che si era stabilita là da qualche mese e l'avrebbe ospitata nel suo piccolo alloggio sottotetto.

Nella sala al Gate n. 4, vicino al display degli annunci, cercava di impegnare il suo tempo con un libro che si era portata da casa.

La sala era super affollata, tra gente che andava, gente che veniva, bambini che piangevano, la concentrazione non era facile da trovare, e veniva continuamente distratta.

La storia interessante, per sua fortuna, volava via veloce tra le pagine e pian piano riuscì a trovare un modo per isolarsi. A un certo punto però, fu interrotta dalla voce di un tizio seduto vicino che le stava chiedendo cosa stesse leggendo.

Sembrava interessato e la giovane, per cortesia, alzò gli occhi dal libro. Lo fece lentamente, un po' controvoglia, cercando di mostrare disponibilità e gentilezza, anche se in realtà non aveva alcuna voglia di iniziare una conversazione.

Con gli auricolari nelle orecchie, che fece il gesto di togliere, il tizio le stava sorridendo. Era un giovane sui trent'anni, dall'aspetto carino, e pensò che, tutto sommato, poteva capitarle di peggio. Ma la risposta le morì in bocca, e per prendere tempo osservò in silenzio il suo interlocutore.

Non era proprio il tipo da far breccia nel suo cuore, ma tutto sommato non era male. Era spesso attratta da uomini alti, con carnagione chiara e capelli biondi, questo invece pareva sotto i suoi standard per l'altezza e aveva capelli scuri ricci, bocca pronunciata e carnagione olivastra.

In quell'istante sul display del cartellone alla sua sinistra apparve la scritta che indicava la posticipazione del volo per Dublino alle 19:45.

Guardò l'orologio, erano appena le 17.00.

“Non è possibile, un altro rinvio!” Esordì ad alta voce non riuscendo a nascondere il suo disappunto. “Sono in aeroporto dalle 9 di questa mattina.”

“ Sto aspettando il volo per Dublino, ma oggi vedo che non è giornata. E lei?”

“ Anch'io. - Aggiunse l'uomo - Vado per lavoro. Mi sa che ha ragione, non abbiamo proprio scelto la giornata giusta per volare. E' colpa del maltempo. Stanno bloccando molti voli, non solo il nostro, alcuni li hanno pure cancellati e c'è caos e agitazione in chi aspetta di partire.”

Non pareva turbato dal contrattempo: “Dobbiamo portare pazienza, anch'io sono in aeroporto dalla 9,30 di stamattina. Non credo che abbiamo altra scelta. ”

Viaggiando spesso, Guido era abituato ai contrattempi e non se la prendeva mai più di tanto ma cercava di trovare un modo per rendersi l'attesa piacevole.

Una bella donna era sempre l'occasione giusta, una buona conversazione e tutto filava via liscio fino al volo.

“ Capisco la sua preoccupazione, la situazione sta diventando davvero pesante, speriamo solo non annullino il volo ” Aggiunse.

“ Già, anch'io, devo assolutamente essere a Dublino per domani, lunedì inizio un corso di formazione e non vorrei cominciare con il piede sbagliato.” Precisò Elisa con un'inflessione di timore nella voce, mentre aggiungeva:

“Mi scusi devo scrivere subito un messaggio alla mia amica per avvisarla prima che vada all'aeroporto.”

Prese il cellulare dalla borsa e digitò rapidamente qualcosa su WhatsApp “Ok, fatto.” Disse a voce alta mentre cercava di rilassare i muscoli del collo che sentiva tesi. Accennò un lungo respiro e sorrise al suo compagno di viaggio.

In fin dei conti il problema non dipendeva da lei, e stare in ansia non avrebbe risolto la situazione, dialogare un po' con il suo vicino invece avrebbe migliorato l'attesa.

Era simpatico Guido, una persona veramente interessante via via che i convenevoli lasciarono spazio a una vera conversazione.

La voce dolce, pacata, quello sguardo inteso, l'attraversarono come un fluido magico trasmettendole tranquillità e l'aiutarono a far scomparire la tensione emotiva accumulata.

Si rilassò sulla poltroncina, tra le parole che fluivano libere e la sua timidezza che pian piano lasciava spazio alla disinvoltura.

Da quel momento in poi fu un'intesa piacevole e andarono avanti quasi tutta la notte a scambiarsi opinioni su romanzi e film. Alle prime luce dell'alba Elisa risvegliandosi da un breve torpore, probabilmente si era appisolata, si accorse di aver la testa poggiata sulla spalla di Guido e sorrise. La situazione all'apparenza poteva apparire troppo confidenziale, trattandosi di una persona che aveva appena conosciuto, ma sentì che non le stava creando disagio, era una sensazione piacevole quella che provava.

***

Una volta giunti a Dublino immersi nella frenesia e la magia della città, la loro conoscenza si fece qualcosa di più profondo. Fu un periodo strano e caotico per Elisa impegnata nello stage, a dividersi tra le visite alla città con l'amica e altre compagne di corso appena conosciute, lo studio, e trovare tempo per le gite a Howth con Guido il fine settimana: un delizioso villaggio di pescatori, a due passi da Dublino.

Spesso si fermavano a qualche piccola trattoria per consumare un pasto veloce a base di pesce e camminavano abbracciati sul lungomare cercando di avvistare le foche che, qualcuno aveva detto loro, facciano capolino tra le barche ormeggiate.

Alla sera si davano appuntamento al pub nel quartiere di Temple Bar situato in centro di Dublino per ascoltare musica irlandese e consumare un boccale spumeggiante di birra Guinness. Spesso Guido la riaccompagnava a casa ma poco dopo la richiamava sul cellulare con la scusa della buona notte e la telefonata poteva andare avanti anche un'ora.

Era bello stare con lui, la loro intesa era perfetta, Elisa non vedeva ombre all'orizzonte, le pareva di conoscerlo da anni, ed erano passati appena venti giorni dal loro primo incontro all'aeroporto.

Un sera Guido, dopo circa un mese trascorso sempre insieme, non si presentò all'appuntamento al Pub, Elisa lo aspettò inutilmente. Pensando avesse avuto un contrattempo non si preoccupò più di tanto. Verso mezzanotte ricevette una sua telefonata. L'avvertiva di essere appena rientrato in Italia.

Avrebbe voluto avere più tempo, le disse, e forse non era proprio quello il modo per darle la notizia, ma il suo intervento, si occupava di informatica, si era concluso prima del previsto e non aveva potuto avvisarla per non disturbarla a lezione. Cosa fosse veramente successo però, a Elisa non lo disse.

“Adesso ti sembrerà tutto difficile, ma in definitiva si tratta di attendere poco meno di un mese. Vedrai passerà in fretta con tutte le cose che avrai da fare e non te ne accorgerai nemmeno, invece a me mancherai tanto. Ti chiamerò ogni volta che mi sarà possibile e per il messaggio della buona notte.”

La prima settimana, Guido non mancò di chiamarla, di ripeterle che le mancava, poi lentamente allentò limitandosi a qualche messaggio o telefonata in pieno giorno spesso quando era a lezione e lei non poteva rispondere.

Allora, subito dopo, si scusava con un messaggio dicendo che non aveva visto l'ora, assorbito dal lavoro, e l'avrebbe richiamata alla sera. Così Elisa non usciva con le amiche per aspettare la chiamata, ma le più volte non arrivava. Il tira e molla andò avanti una ventina di giorni, poi Guido non si fece più vivo e quando Elisa prese l'iniziativa di cercarlo trovò sempre la segreteria inserita, come un muro a dividerli. Provò a mandargli dei messaggi, ma l'uomo non rispondeva mai, e arrivò a pensare che magari per qualche motivo avesse cambiato numero telefonico.

Tra loro c'erano stati abbracci, baci, effusioni amorose e promesse per un futuro felice insieme ed Elisa passò serate a cercare di spiegarsi questa assenza. Inizialmente rinunciò alle uscite con l'amica, sempre nella speranza di una telefonata, mentre lei provava a farle capire che quell'uomo non la meritava e che era stupido gettare al vento gli ultimi giorni di permanenza a Dublino. Quando le sarebbe capitata un'altra occasione di fare ulteriori incontri? Così, pian piano riprese a frequentare il pub cercando di dimenticarlo. Ne soffrì molto come era logico che fosse, era innamorata e si era illusa di essere corrisposta.

Rientrò in Italia. Guido le aveva accennato di abitare a Torino, come lei, e le venne una mezza idea di cercarlo, ma non aveva il suo indirizzo. Ci pensò su ma non ne fece niente perché nel frattempo si era resa conto che era stato bello stare insieme, ma finché era durato. Era arrivato il momento di dirgli addio. Doveva andare avanti, ne aveva bisogno, aveva sofferto abbastanza.

***

Un giorno, era ormai estate, un'estate calda e afosa, in giro con alcune amiche si fermò a un bar per un gelato sotto i portici di P.zza San Carlo e lo vide.

Era seduto a un tavolino all'aperto con una donna bionda e una bambina di pochi mesi sul passeggino. Si senti gelare e avvampare allo stesso tempo. Imbarazzata, girò subito lo sguardo da un'altra parte. Non ebbe il tempo di capire se Guido l'avesse riconosciuta, sentì solo che parlava alla compagna con il suo tono pacato e non mostrava alcun turbamento.

Verso l'ora di cena, salutato le amiche e rientrata a casa, sentì squillare il telefono. Quando lesse sul display il numero di Guido lo lasciò suonare finché non smise. Non aveva nessuna intenzione di risentire la sua voce, ora più che mai. Se l'aveva chiamata per darle spiegazioni, era troppo tardi. Con che faccia poi?

Si buttò sul divano e prese a piangere. Pensava di averlo dimenticato, invece la loro storia le rodeva ancora dentro. Era arrabbiata, arrabbiata con se stessa, perché nonostante tutto, sentiva di amarlo ancora.

Si era illusa che anche lui l'amasse e fosse sincero quando lo diceva. Che ingenua era stata! Aveva ricamato sogni su quell'amore, programmi che erano bruciati come su un tizzone ardente e si sentiva svuotata, ferita, amareggiata. Amareggiata nell'ammettere a se stessa di essersi innamorata dell'uomo sbagliato, un uomo sposato, un vigliacco. L'aveva usata e poi buttata in disparte come un vestito vecchio. Neanche il coraggio di dirle in faccia la verità aveva avuto, non meritava le sue lacrime. 

Si alzò da divano, in casa era sola, ma da un momento all'altro i suoi genitori sarebbero rientrati e non voleva farsi trovare in quello stato. Andò in bagno e si lavò la faccia, era pronta a girare pagina. Prese il telefono per mandare un messaggio alle sue amiche, e propose loro un'uscita serale in discoteca.  

Stefania Pellegrini©

Anno 2024 - 

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