sabato 1 settembre 2018

Il piacere di leggere

Siamo già a Settembre e quasi non mi sembra vero. Guardo fuori. Attraverso i vetri:  il cielo è grigio, e le nuvole hanno messo il cappuccio al sole. Mentre scrivo, provo un pizzico di nostalgia per le piacevoli ore di luce, le lunghe giornate che stiamo salutando. Ma non sarei onesta con me stessa, se non riconoscessi che mi resta un bellissimo ricordo dei mesi estivi passati, soprattutto grazie alla lettura e alla scrittura.  Sono letteralmente volati e mi hanno regalato momenti di relax intensi. 
Ogni tanto sento il bisogno di fermarmi, di allentare la pressione, per recuperare le energie perse.
Nell'una e nell'altra ho trovato quell'opportunità, che cercavo, per evadere dalla quotidianità, non sempre leggera e piacevole. 

"Leggere, ha detto Mason Cooley, ci dà un posto dove andare quando dobbiamo rimanere dove siamo".

Niente esiste di più bello, per me, che varcare la soglia di una libreria, aspirare quell'odore di carta, e godere del pizzico di magia che si leva tra i vari scafali, mentre cerco un titolo, un autore che mi faccia trovare, appunto, “un posto dove andare”. Portarsi il libro a casa, anche solo per poterlo custodire nella libreria, come un piccolo tesoro, da scoprire, magari, più avanti.
Leggere, per me, è aprirsi a nuovi orizzonti, entrare in mondi sconosciuti, gustare intensamente il profumo delle parole, delle storie incontrate.
Viaggiare! 
A volte volare... percorrere migliaia di miglia, comodamente seduta su una poltrona.
Se poi, il tutto, è vissuto in un proprio angolo segreto, lontano da ciò che circonda, l'illusione è fatta. Inizia il viaggio. Bello, brutto non si sa. Sta  lì  l'attrazione che mette in moto la curiosità.
E arrivata alla parola fine, mi scopro diversa, arricchita, con la sensazione di aver visitato veramente i luoghi incontrati, perchè l'immaginazione ci ha messo del suo.
Può capitare che alcune storie non mi appassionino allo stesso modo, sospendere la lettura e passare a qualcos'altro, ma non cambia molto, resta sempre un fatto stimolante.
Mi piace ritirarmi in angoli appartati della casa, lontana dal chiasso, magari della televisone o della radio e immergermi in un mondo tutto mio, perchè ciò mi permette di entrare in contatto con me stessa. Ascoltarmi! 
Mentre leggo, la mente viaggia, anche, aldilà della storia. Una frase, un accadimento, può accendere collegamenti con ricordi, situazioni vissute. Così mentre scopro una storia, ne rivivo per tratti un'altra.

Come si sarà capito, preferisco il libro cartaceo, proprio per il contatto con le pagine, per il suo odore che pare trasmettermi qualcosa di vivo. Però, non rifuggo l'e-book che trovo più pratico quando sono in viaggio, o per la lettura a letto.

Alcuni titoli delle mie recenti letture:

Vanessa Montfort - Donne che comprano fiori
Vito Mancuso - Il bisogno di pensare
Rumiz Paolo - Il ciclope
Stephanie Butland - La libreria dove tutto è possibile
Moncilo Jankovic - Ne vale sempre la pena
Nina George - Una piccola libreria a Parigi
Concita De Gregorio - Mi sa che fuori è primavera
Catherine Dunne - La metà di niente
Catherine Dunne - Il viaggio verso casa
Oriana Fallaci - Un cappello pieno di ciliege
Annie Ernaux - Una donna
Farian Sabahi - Non legare il cuore
Alessando D'Avenia - Ciò che inferno non è

Ve li consiglio tutti, senza alcun dubbio. Alcuni di recente pubblicazione, altri meno, sono libri molto diversi tra loro, per i luoghi geografici in cui sono ambientati, ma anche per le epoche, e per gli stili di scrittura e sentimenti suscitati.
Vedrò nel tempo di ripercorrere alcune delle loro storie, per intanto vi propongo un'autobiografia
che ho scoperto in libreria, in evidenza, tra altri libri consigliati.
Mi aveva colpito la sua copertina celeste pallido, l'argomento: un Oriente che aveva il fascino delle “mille e una notte”, e tentata dalla voglia di scoprire e conoscere, l'ho acquistato.
 “ Non legare il cuore” di Farian Sabahi
la mia storia persiana
tra due Paesi e tre religioni
                                                                        Anno 2018

Non legare il cuore a nessuna dimora, perchè soffrirai quando te la strapperanno via” RUMI

“Non legare il cuore” è la storia di Farian, nata dal matrimonio tra Taher, iraniano, giunto in Italia negli anni '60 per laurearsi in medicina, e Enrica, piemontese appartenente alla borghesia di Alessandria, con tutte le problematiche che accompagnarono quell'unione mista, tra le prime, nell'Italia di quegli anni.

Mia madre ha avuto un gran coraggio, (….). Fece il diavolo a quattro pur di sposare mio padre anche se con il matrimonio perse la cittadinanza italiana: fino al 1975 la legge italiana prevedeva che il capo famiglia fosse il marito e la sua cittadinanza condizionasse quella di tutto il nucleo familiare. Diventanta iraniana, mia madre ha continuato a vivere in Piemonte, con il permesso di soggiorno.”

Con continui flash back l'autrice ci racconta tutte le emozioni e le difficoltà che possono nascere dall’incontro tra due culture tra loro diverse e insieme vicine. Passo passo ripercorre il suo cammino di crescita interiore alla ricerca di un'appartenenza, di una mediazione tra il mondo cattolico e quello islamico sciita.
(…) E' tutta la vita che cerco di appartenere a un luogo e non ci riesco” (…) Ho capito che resterò straniera (…) vivo un senso di provvisorietà, proprio dei nomadi...”

Farian, il cui nome significa “sogno che viene di notte” , nasce e cresce sempre un po' "fuori luogo", a cavallo tra paesi dalle storie e culture apparentemente inconciliabili, tra due famiglie: quella italiana e il suo mondo cattolico, e quella iraniana con la sua fede mussulmana.
Il romanzo racconta, appunto, le vicende religiose dell'autrice, ci parla di cos'era il Piemonte negli anni di piombo, e degli anni della rivoluzione iraniana del 1979.
Racconta cos'era Baku nell'Azerbaigian negli anni venti del '900, dove era nata e cresciuta la nonna paterna Mariam, figlia di un mussulmano sciita e una nonna ebrea russa.
Ci parla di convivenze tra popoli e religioni diverse.

Figlia di un musulmano sciita di Teheran con genitori originari dell’Azerbaigian e di una cattolica alessandrina, Farian, all’insaputa di tutti, viene fatta battezzare dalla nonna materna nella cappella della clinica dove è nata. Questo gesto segnerà per sempre la sua vita. La giovane dovrà fare i conti con una religione “imposta” anche se dal canto loro i genitori la lasceranno sempre libera di trovare la sua strada.
Non avevo fatto catechismo, la prima comunione, la cresima e tutto il resto, e quindi non mi identificavo come cattolica. (…) i miei mi avevano esonerato dall'ora di religione ma mi incoraggiavano a restare qualche volta in classe ad ascoltare (...)”
Quella mattina il professore prese posto in cattedra e ci squadrò perbene. (….)Scelsi il primo banco. Lui mi riconobbe e disse ad alta voce: Farian, che oggi siede tra noi, è una bastarda."
"(….) Mi venne il magone ma ebbi comunque la forza di chiedergliene i motivi.
Rispose: sei mezzosangue, figlia di un immigrato e quindi bastarda.”

Sarà con l’arrivo del figlio Atesh che cercherà di vedere le cose più chiaramente.

Sì, sono stata battezzata e quindi cattolica (…) al tempo stesso, sono mussulmana”.

Ho letto questo romanzo di Farian Sabah con trasporto e interesse, una lettura scorrevolissima e piacevole. Arricchito da fatti e annotazioni sugli usi dei suoi due mondi, intercalato anche da parole dal lessico persiano e dal dialetto piemontese, è un viaggio nella memoria, capace di stimolare domande in ognuno di noi e particolarmente interessante per scoprire e comprendere culture e realtà distanti e diverse.

FARIAN SABAHI  
nasce ad Alessandria nel 1967. E' autrice di saggi come Storia dell'Iran e Storia dello Yemen, insegna Relazioni internazionali del Medio Oriente presso l'Università della Valle d'Aosta e scrive per il "Corriere della Sera" , "Io Donna" e "Il manifesto".