Visualizzazione post con etichetta A proposito di: “Le città invisibili”. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta A proposito di: “Le città invisibili”. Mostra tutti i post

lunedì 4 aprile 2016

A proposito di: “Le città invisibili”

INTERVISTANDO ITALO CALVINO
Il viaggio nel viaggio: inizia oggi e andrà avanti alcune settimane.

Full immersion nell'affascinante mondo di questo libro dove l'invenzione e l'immaginazione catturano la mente trascinandola in un ambiente leggero e intenso, ricco di suggestioni.

La prima edizione delle Città invisibili fu pubblicata nel novembre del 1972 dall'Editore Einaudi. Al momento dell'uscita del libro, Calvino ne parlò in articoli e interviste su vari periodici tra la fine del '72 e l'inizio del '73. 




Gli interventi di Italo Calvino, (che riporto dalla nuova edizione delle Città negli Oscar), in un' intervista da me immaginata, sono tratti appunto da queste dichiarazioni e altre rilasciate in una conferenza tenuta da Calvino in inglese, il 29 marzo 1983, agli studenti della Graduate Writing Division della Columbia University di New York, buona parte inedita in Italia.




Io:

Sig. Calvino ci parli un po' di questo sua opera di non facile interpretazione per il lettore che si avvicina la prima volta alla sua lettura.

Italo Calvino:
Nelle città invisibili non si trovano città riconoscibili. Sono tutte città inventate; le ho chiamate ognuna con un nome di donna; il libro è fatto di brevi capitoli, ognuno dei quali dovrebbe offrire uno spunto di riflessione che vale per ogni città o per la città in generale.
Il libro si presenta come una serie di relazioni di viaggio che Marco Polo fa a Kublai Kan, imperatore dei Tartari (nella realtà storica Kublai, discendente di Gensis Kan, era imperatore dei Mongoli, ma Marco Polo nel suo libro lo chiama Gran Kan dei Tartari e tale è rimasto nella tradizione letteraria).
A questo imperatore melanconico, che ha capito che il suo sterminato potere conta ben poco perchè tanto il mondo sta andando in rovina, un viaggiatore visionario racconta di città impossibili, per esempio una città microscopica che s'allarga s'allarga e risulta costruita di tante città concentriche in espansione, una città: ragnatela sospesa su un abisso, o una città bidimensionale come Moriana.
Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni di linguaggio; le città sono luogo di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell'economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi.

Io:

Vuole spiegarmi com'è nata l'idea?

Italo Calvino:

Il libro è nato un pezzetto per volta, a intervalli anche lunghi, come poesie che mettevo su carta, seguendo le più varie ispirazioni.
Per qualche tempo mi veniva da immaginare solo città tristi e per qualche tempo solo città contente; c'è stato un periodo in cui paragonavo le città al cielo stellato, e in un altro periodo invece mi veniva sempre da parlare della spazzatura che dilaga fuori dalle città ogni giorno. Era diventato un po' un diario che seguiva i miei umori e le mie riflessioni; tutto finiva per trasformarsi in immagini di città: i libri che leggevo, le esposizioni d'arte che visitavo, le discussioni con gli amici.

Io:

Posso dire nel complesso che,  la prima lettura del libro mi ha affascinato, anche se devo ammettere di essermi trovata un po' spiazzata. La comunicazione, trasmessa dal linguaggio attraverso immagini molto suggestive, mi ha impedito di arrivare pienamente alle mie interpretazioni. Devo riconoscerne, però,  il merito, per avermi catturata nelle maglie della sua rete e piacevolmente conquistata. In seguito,  mi è capitato di girare per le città con uno sguardo diverso, più consapevole delle loro complessità e alla ricerca di ricchezze nascoste, cercando di assaporarne gli odori, i suoni segreti, lasciando correre la fantasia.
A questo punto credo che sia giunto il momento di lasciare spazio al racconto, buona lettura e alla prossima settimana per la seconda puntata.

William Turner
Le città e gli occhi. 5.
(Moriana)

Guadato il fiume, valicato il passo, l'uomo si trova di fronte tutt'a un tratto la città di Moriana, con le porte d'alabastro trasparenti alla luce del sole, le colonne di corallo che sostengono i frontoni incrostati di serpentina, le ville tutte di vetro come acquari dove nuotano le ombre delle danzatrici dalle squame argentate sotto i lampadari a forma di medusa. Se non è al suo primo viaggio l'uomo sa già che le città come questa hanno un rovescio: basta percorrere un semicerchio e si avrà in vista la faccia nascosta di Moriana, una distesa di lamiera arrugginita, tela di sacco, assi irte di chiodi, tubi neri di fuliggine, mucchi di barattoli, muri ciechi con scritte stinte, telai di sedie spagliate, corde buone solo per impiccarsi a un trave marcio.
Da una parte all'altra la città sembra continui in prospettiva moltiplicando il suo repertorio d'immagini: invece non ha spessore, consiste solo in un dritto e in un rovescio, come un foglio di carta, con una figura di qua e una di là, che non possono staccarsi né guardarsi. 

 (Fonte: nuova edizione delle Città negli Oscar, presentazione.)